Lì era gente più piacente in vista Che nullo albergator nel proprio albergo : O mala putta di lusinghe artista ! Minerva dice al seguace, illuso da que' piacevoli aspetti : Se tu per mezzo del mio scudo guardi, Quindi apparsero le tre furie che figura avean di femine ("Che membra feminili avean.” Dante). Esse sommamente irate minacciavan col dito il seguace di Pallade, che tutto si strinse alla sua guida per paura; e gridando chiamavano il Gorgone, per farlo divenir di pietra. Tutta questa scena è copiata visibilmente dal canto nono dell' Inferno dantesco, che nel capitolo seguente esamineremo.—Minerva e l' alunno, lasciatesi le furie a tergo, passan oltre. Cap. XVIII. "Come l'autore vede il Tempio di Plutone." Continuando per la gran foresta a Io vidi il Tempio di Pluton da cesso (da parte) E quando giunto fui infino ad esso, Vidi ch' era fondato in su la rena Di quel gran fiume che gli corre appresso. Io forte ammireria che non sel mena Quel gran torrente, tanto forte corre, Quando trae vento, e quando egli è in gran piena, Non fosse che quel Tempio ha una torre Che sulla pietra viva sta fondata ©; Però quell'acqua non la può via torre. Quando Minerva fu in su l'entrata Mi diè la mano, e quando dentro fummo Quel giuramento è tratto da Dante, e questa immagine dal Gerione di lui, e trovansi uniti, come qui.-Vedi Inf. fine del xvi, e princ. del seg. b Gentes aquæ sunt. il tempio di Plutone fondata su quella pietra ! O voi ch' entrate, qui adorate il Nummo". Chè, fuor di lui, ogni altra cosa è fummo. Perchè mi ricordai della risposta Che fè San Paolo dentro al Colossio b. Seder Plutone; e poscia Radamanto, Quello è maggior che più aver possiede, Fondar quell' altro, e sangue e dura morte, Che Satan nol rimuove, e tutt' i suoi, Porta Inferi non prævalebunt adversus eam : e intende sicuramente della chiesa perseguitata, che avea sacerdoti, vescovi, e supremo capo, tutto in segreto, come altrove vedremo. L' autore segue così: a " Io vidi l'idol Nummo del talento Che stava appresso alle tempestose acque. Ubi Deus spernitur, adoratur Nummus:" così Petrarca della corte papale, nell' epist. 9, sine tit. e nell' 8: "Una salutis spes in Auro est : Auro placatur rex ferus, Auro immane monstrum vincitur, Auro tristis janitor mollitur, Auro cœlum panditur, Auro Christus venditur.” Onde quel distico: Venditur hic Christus, venduntur dogmata Petri, E il monaco Battista Mantuano : с Sanctus ager scurris, venerabilis ara cynædis Templa, sacerdotes, altaria sacra, coronæ, Ignis, thura, preces, cœlum est venale, Deusque. E lì presso è immaginata questa scena. Tempio contrario a quel che fece Cristo, cioè, tempio dell' Anti-Cristo. Dante ai papi (Inf. xix.) : Fatto v'avete Dio d'oro e d'argento, E che altro è da voi all' idolatre Se non ch' egli Uno, e voi n' orate Cento? Poi tutti gli altri, gli offersono un core In don, ch'al sommo Dio saria più grato a. Così tra quelli cori io vidi scritto Denar, denar, denar, dentro e di fuore.- Questa Proserpina è descritta seder sulle acque, a cavallo ad un drago mostruoso. E' vestita di porpora, ed in una tazza nitida si abbevera di sangue e se ne inebbria. Non bisogna mettersi gli occhiali per ravvisare in essa, mutato nomine, la meretrice apocaliptica, della quale Dante fè tanto capitale, come a lungo vedemmo. Ma il nostro poeta, aderendo all' Apocalisse, diè alla bestia su cui quella siede sette teste e dieci corna, e costui le dà dieci teste e sette corna. Il concetto però torna allo stesso: sui dieci comandamenti mosaici s' innestarono i sette sacramenti cattolici ; ma gli uni e gli altri divennero, per corruzione, mostruose membra della gran bestia, detta AntiCristo, di cui siede regolatrice quella che più volte considerammo. La potestà papale, dapprima illibata, divenne poi, secondo i suoi oppositori, depravatissima; onde l'autore sclama: Quando sarà, o putta, che tu torni Al primo stato, alla tua madre antica? (Heu! repetet glandes veteres oleasque Lupisca.-Boccaccio.) Tu già vivesti nel mondo pudica, E Luna in cielo, e ne' boschi Diana, Allora quando in ogni cosa vana Minerva e'l discepolo passan oltre, e trovano un'ampia porta su cui sono scritte "Queste parole in una pietra smorta: Qui suso sta, in una gran pianura, Il gran Satanno, altero e trionfante. Il cuore di Plutone, e de' suoi diavoli, grato a Dio! Costui non è certo Plutone. Proserpina, Ecate, Luna, sinonimi. Vedi innanzi quel ch'è detto della Luna; e vedi, alla fine del Lib. VIII del Zodiaco della Vita del Palingenio, i diavoli scendere a Roma dalla Luna. Nel primo libro di quest' opera si parla moltissimo di Diana e delle sue cacce; qui può capirsi qual sia quella Diana. E qui l'autore narra quale Satanno gli apparve. E con lo scettro in man di gran podesta ".- Che facean festa, e questi tutti quanti E vedea 'l gran Satan nell'alto seggio, Tante egli è bello, e grand' è il suo colleggio. Tu vederai il vero aspetto e nudo, E non ti curerai dell' apparenza, Alla qual mira l'ignorante e'l rudo.- Orribile pittura, e sopra tutto quella delle tre corone, che pria parvero sì abbaglianti e belle. Le braccia grandi e l'unghie con l'artiglio.... E le man fure, e preste a dar di piglio. Di scorpion la coda e la ventraja.... E dieci draghi, maggior che balena, Faceano a lui il seggio e'l tristo banco d. L'autore gli dà tre miglia di altezza, corrispondenti alle tre corone, e forse alla sua triplice composizione ch' esaminammo, espressa dalla triplice faccia nel Lucifero dantesco. Gli dà anche le sei ali che l' Alighieri diè al suo Lucifero, e vaste come quelle: "Vele di mar non vidi mai cotali." Allusivi a quelli che circondano l' Abisso dantesco, de' quali il primo è Nembrotto. I Cardinali eran figurati come Giganti, ed eran detti Principi della Terra, per la parabola d' Isaia, cap. XIV. v. 9, 10, che vuolsi leggere. C Pari a quella che diè Dante a Gerione, "Che a guisa di scorpion la punta armava." d I dieci draghi su cui siede Satanno corrispondono alle dieci teste del drago su cui fu offerta sedente la dea infernale. E questa e quello figurano lo stesso oggetto, benchè diversi di sesso: solito vezzo, e ne avremo pruove Io 'l vidi in piè levar con faccia pronta Allude a ciò che Isaia narra aver detto Lucifero, cioè il Re di Babilonia. "Qui dicebas in corde tuo: In cœlum conscendam, supra astra Dei exaltabo solium meum; sedebo in monte Testamenti, in lateribus Aquilonis; ascendam super altitudinem nubium, similis ero Altissimo: veruntamen ad Infernum detraheris, in profundum laci.-Infernus subter te conturbatus est, in occursum adventus tui suscitavit tibi Gigantes, omnes Principes Terra" ecc. (cap. xiv.) E non basterebbe ciò solo a far riconoscere il Lucifero di Dante, cinto da Giganti, nel profondo del lago dell' Inferno? Non basterebbe ciò a farci capire, perchè la grande statua, sognata dal Re di Babilonia, figurante il suo regno, che Roma guarda sì come suo specchio, manda le genti ch'ella produce intorno a quella Roma figurata, ch' è meta alle sue genti o acque? Quest' autore dice chiaramente che cosa figura quella statua, e la pone nel piano ov'è il Tempio di Satanasso. La statua grande vidi, in quel gran piano, regno Principis hujus mundi. Il voler seguire a mostrare il chiuso concetto di quest' autore non sarebbe diverso dal ricopiare buona parte de' 72 canti del suo poema, relativi forse alle 72 settimane di Daniello; poichè tutto è significativo e mistico in siffatti componimenti. E in questo è più volte dichiarato al lettore di non arrestari alla scorza esterna. Siccome Ezechiel vide la ruota, E vide Geremia un' olla accesa, Agli occhi tuoi, ed altra dalla mente innumerevoli, e fin chiare teorie. Lo stesso vedemmo del Satanno di Dante "Imperator del doloroso regno" e Regina dell' eterno pianto." Così costui chiama Proserpina la dea dell' Inferno che descrive, e Dante, con un sinonimo, chiama Luna il suo Lucifero; appunto perchè un solo essere è offerto ne' due sessi. |