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sente questa differenza radicalmente profonda è causa di tanti falsi giudizi, di tante erronee teorie. Se la realtà storica fosse la base della realtà artistica: la sua condizione essenziale, noi potremmo domandare da un canto perchè un dolore, un sentimento qualunque storicamente vero non trovi sempre, almeno negli uomini di talento, una efficace estrinsecazione artistica, e dall'altro canto, da quale sorgente storica, da quale realtà esteriore nacque il potentissimo mondo Dantesco o Shakespeariano.

Qual'è la realtà storica dell' Ugolino, del Farinata, della Giulietta, dell' Amleto, del Re Lear, del Macbeth? È sul serio che si vorrebbe sostenere che Dante Shakespeare abbiano tratto le loro immortali creazioni dall'esperienza diretta? Ma, nonchè nella vita di un uomo, un solo dei personaggi del gran tragico inglese non si avrebbe occasione d'incontrarlo e di studiarlo in un secolo, figuriamoci poi tutti! una sola delle passioni dipinte da lui non potrebbe analizzarsi in sè o in altrui in mille anni: che ne sapeva direttamente Shakespeare della gelosia, dell'ambizione, di tutte insomma le passioni elevate alla loro più sublime espressione?

La realtà artistica, senza pretendere menomamente di darne l'essenza, consiste sopratutto nella facoltà di investirsi di un dato sentimento e di disporsi a un dato modo: è, in altri termini, una facoltà d'imitazione, non di riproduzione diretta: il canone dantesco sopra citato deve intendersi appunto in questo senso. Non si tratta, per l'efficacia artistica, di sentire storicamente un dato affetto, ma d'investirsene: onde è che taluno vi piange in versi lacrime vere mentre i suoi occhi non hanno avuto mai occasione di versarne, e vi lascia freddi alcuno che vi narri i suoi veri dolori; un re autentico diverrà goffo sulle scene, mentre un povero attore vi farà sentire tutta la maestà della regia grandezza.

Abbiamo, è vero, qualche caso in cui pare che la realtà artistica sia determinata essenzialmente dalla realtà storica, come in Leopardi: ma anche quando fosse provato che il suo dolore poetico è la stessa cosa che il suo dolore storico, si potrebbe sempre opporre che il Leopardi avrebbe potuto ugualmente creare la sua sconsolata poesia anche senza la cospirazione della triste realtà storica. In generale adunque, se può essere utile alla psicologia e alla storia l'esaminare quanto la realtà storica abbia potuto influire sulla produzione letteraria, si può però conchiudere almeno questo, che nè dalla efficacia dell'estrinsecazione artistica di un sentimento si può dedurre la sua intensità storicamente reale, nè, viceversa, l'assenza di un dato sentimento nella vita reale di uno scrittore è spiegazione sufficiente della. scarsa evidenza poetica di esso sentimento.

IV.

Passiamo ora ad esaminare ed analizzare i vari sentimenti che sviluppa il Rota nelle sue poesie latine, e cominciamo dal considerarlo come poeta patriottico.

I latini e i greci furono, in generale, eccellenti modelli di poesia patriottica, della quale fa parte integrante la poesia guerresca e la poesia politica: sicchè sotto questo aspetto, i classicisti del XVI secolo attingevano a fonti eccellenti: se non che, il pensiero politico, quasi nullo negli umanisti, rimane ancor molto debole nei loro nepoti, o piuttosto non si estrinseca poeticamente, sebbene abbia cominciato di già ad assumere forma e consistenza scientifica.

La ragione di questo fenomeno, strano in apparenza, per cui gl' imitatori e gli studiosi dell'antichità classica non seppero immedesimarsi ciò che precisamente era una delle qualità interiori più spiccate di essa classica

antichità, cioè il pensiero politico, il solo contenuto veramente grandioso delle letterature greca e latina, la ragione, dico, di questo curioso fenomeno sta appunto nella stessa idolatria degli umanisti per tutto ciò che era classico. Nella loro cieca ammirazione, essi si trasportarono talmente in condizioni di vita che più non esistevano, si crearono un ambiente così artificiale, che rimasero per lo più estranei alla realtà storica dei loro tempi; come non sentivano venerazione che per gli Dei dell' Olimpo, così il loro cuore non palpitava veramente che per i fasti e i nefasti della classica antichità, e mentre l'Europa suonava d'armi e d'armati, in preda a tali furori guerreschi quali forse giammai furon visti per la loro frequenza ed universalità, i letterati avevano tutt'altro da pensare, i poeti cercavano ispirazione a ben altre e più remote sorgenti: molto probabilmente quei buoni cinquecentisti si interessavano più delle Termopili o di Filippi anzichè delle guerre di Carlo V e di Francesco I.

Il sentimento patriottico può poeticamente estrinsecarsi in due guise: o sotto, cioè, una forma storica e concreta, ovvero sotto un aspetto filosofico ed astratto. L'estrinsecazione ha forma storica, quando essa consiste nel cantar le glorie patrie, nell'evocare i grandiosi ricordi, nel celebrarne le illustrazioni antiche e recenti : tale fu sostanzialmente la poesia patriottica dei Greci e def Latini, presso i quali furono poeti altamente nazionali Omero che celebrò le gesta remote dei suoi antenati, Virgilio che consacrò in un poema immortale le divine origini di Roma: e poeti patriottici e altamente nazionali furono Pindaro che votò la sua lira ai vincitori dei giuochi istmici e olimpiaci, Orazio che canta le glorie, pur non senza un tantino di adulazione, e non sempre autentiche, di Roma, regina delle città.

La forma che ho detto astratta e che potrebbe anche dirsi oratoria, giacchè molto si avvicina allo stile oratorio, può rinvenirsi anche presso i Greci, per esempio in Tirteo, ed è frequente tra i moderni: ne sono bellissimi saggi alcuni frammenti della Commedia Dantesca, la canzone all'Italia del Petrarca, e, in tempi recentissimi, le poesie del Berchet nonchè la prima parte-della canzone all'Italia del Leopardi. Delle due forme, malgrado vantino entrambe eccellenti modelli, la prima può agevolmente riconoscersi come più atta a diventar popolare, parlando potentemente alle orecchie più rozze il linguaggio della realtà concreta, lusingando l' amor proprio di tutti col ricordo delle passate grandezze, commovendo irresistibilmente con la dipintura della presente miseria. Il patriottismo viene, è vero, alimentato, a questo modo, indirettamente ma immancabilmente, mentre là forma oratoria, oltrechè può facilmente cadere nella esagerazione retorica (e il Leopardi stesso ne è, mi pare, un esempio), richiede nel popolo certe condizioni psichiche che sovente mancano.

Il Rota seguì il sistema dei classici, sia perchè questi erano,-in linea generale, i suoi modelli, sia perchè quel sistema si presta molto a quel bisogno di adulazione comune ai letterati del cinquecento e forse di tutti i tempi, bisogno più facilmente deplorato che giustificato. E a questo proposito giova ricordare, a giustificazione del nostro Autore, come di tutti gli scrittori del suo secolo, che nei Principati e negli Stati assoluti, il Principe non è soltanto un potente che può far del bene e del male e non lo si accarezza soltanto in considerazione del bene che se ne spera o del male che se ne teme, ma è anzitutto l'incarnazione stessa della Patria commessa ai suoi destini. Il soffio delle ultime rivoluzioni europee condusse a molte esagerazioni, tra cui a questa di attri

buire a basso e spregevole spirito di adulazione ogni elogio di Re e di potenti: non considerando queste due cose semplicissime ed evidenti, che l'elemento essenziale dell'adulazione non consiste nella persona lodata ma nella persona che loda e che l'esser re o principi, se non è un merito assoluto (nel che si è da tutti perfettamente d'accordo), non è neppure un titolo assoluto di biasimo, in nome almeno degli stessi principî di uguaglianza. Non si capisce abbastanza perchè se un pitocco vale quanto un re, un re non debba valere almeno quanto un pitocco, e l'assioma che se A è uguale a B, viceversa anche B deve essere uguale ad A, diventò una opinione dopo le esagerazioni rivoluzionarie. Il merito personale deve potersi riconoscere ovunque e sempre: l'essere deboli non è una buona ragione per essere biasimati, ma l'esser potenti non è neppure una ragione sufficiente per venir vituperati. Questa riflessione deve valere in tutti i casi : nei Principati poi c'è una circostanza di più che rende, non che pienamente legittimo, altamente doveroso l'omaggio ai principi, e questa circostanza è, come ho detto, il fatto che il Principe è, a torto o a ragione, l'incarnazione suprema della patria e dei comuni interessi, il fulcro in cui si appoggia e si imperna tutta una società civile: in tali condizioni sociali, che noi possiamo benissimo deplorare ma non cambiare, molto meno farne responsabili gl'individui, in tali condizioni, dico, l'omaggio, lungi dal costituire atto di bassa e spregevole adulazione, è anzi un dovere, un atto di nobile civismo, press' a poco come non è adulazione il culto che prestiamo agli Dei.

Il Rota scrisse molti epigrammi che possono costituir poesia patriottica appunto perchè sono rivolti a personaggi politici: i suoi eroi favoriti sono i principi regnanti, specialmente di casa Colonna, e Carlo V, su cui conver

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