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LE ELEGIE E GLI EPIGRAMMI LATINI

di Berardino Rota

I.

Berardino Rota fu poeta assai celebrato ai suoi tempi, ed è senza dubbio non ispregevol gloria e segno non equivoco di reale merito, il riscuotere l'ammirazione universale di un secolo che già abbondava di grandi scrittori e godeva di tutti i lumi di una civiltà splendidamente matura e di una letteratura che è forse la più gloriosa di tutta quanta la storia europea.

Vibravano ancora infatti le corde della dolcissima lira dalla quale il Poliziano aveva tratto sì varii e si soavi concenti; l'Ariosto aveva appena testè meravigliato e scosso l'Italia e l'Europa, e attorno a questi due che sono, ciascuno nel proprio genere, gli astri maggiori del ciclo poetico; s'intrecciava la pleiade delle minori e pur tanto splendide costellazioni: e il Folengo, il Berni, il Brusentini, il Baldi, il Molza, il Caro, il Tansillo, l'Epicuro, il Della Casa, e cento altri, avevano pur testè arricchito di gemme meravigliose il tesoro della patria. letteratura.

Berardino Rota, di oriunda famiglia artigiana, nacque

a Napoli nel 1509 e vi mori il 26 dicembre del 1575. Contava tra i suoi antenati un seguace di Carlo D'Angiò nella conquista di Napoli, onde la famiglia Rota trasse con la nobiltà potenza e ricchezza: il padre stesso del nostro poeta era stato governatore di Ferdinando II di Aragona. Passò il Rota la sua gioventù tra le armi e combatte coraggiosamente nella guerra di Firenze; ritiratosi dalle belliche avventure, si diè alle lettere, ed ebbe a maestro Antonio Epicuro, non tralasciando però di prender parte ai pubblici affari, perchè noi lo vediamo in seguito cavaliere di San Giacomo e segretario della città di Napoli.

Sposo nel 1543 la bellissima Porzia della nobile famiglia dei Capece, e per indubbie e numerose testimonianze il Rota l'amò grandemente, e quando la perdette nel 1559 dopo oltre sedici anni di matrimonio, ne fu inconsolabile e la pianse sinceramente per tutto il resto della vita, essendole sopravvissuto per ben sedici anni..

Il Rota non si limitò alle lacrime, ma tentò d'innalzare all'adorata consorte un durevole monumento poetico, ed, esempio più tosto unico che raro nella storia dei mariti, compose in volgare un canzoniere in vita ed in morte della sua Porzia, a somiglianza del canzoniere che il Petrarca, suo grande modello, aveva composto per Madonna Laura. Se non che, il Petrarca aveva cantato l'amante, mentre il Rota cantava la moglie, il che è cosa molto diversa.

E se, dal riguardo sociale e morale, il buon marito merita più lode dell'appassionato amante, sembra però che il nome e la qualità di moglie debba contenere qualche cosa di ostico e ripugnante al poetico estro, dappoichè tutta la buona volontà di un uomo di talento quale era il Rota, non valse a creare un canzoniere coniugale che sia anche lontanamente paragonabile a qual

cuno dei buoni canzonieri amorosi. Comunque sia, non essendo compito nostro di occuparci del canzoniere del Rota, certo è che questi passò ai suoi tempi come perfetto modello di poeta coniugale, malgrado il confronto della dolce e casta Vittoria Colonna; nè so ancora che sia stato superato da alcuno anche nei tempi posteriori in quel difficile e, a quanto pare, non poetico campo.

Il Rota non limitò però la sua attività poetica a celebrare la sua Porzia, perchè scrisse in volgare altri sonetti e canzoni e rime su diversi argomenti: le Egloghe piscatorie, e alcune commedie, le quali furono, dice un biografo, recitate a Napoli con infinito plauso e regale. apparato.

In latino scrisse elegie ed epigrammi che lo raccomandano all'attenzione dei dotti, e della posterità forse ben più che non le sue rime in volgare.

Berardino fu diletto a quasi tutti i suoi illustri contemporanei ed ebbe fama forse ugualmente che per i suoi meriti poetici anche per le sue qualità personali: Paolo Manuzio infatti dice di lui, in una lettera ad Antonio Merula: << Rotae nostro, non minus ingenio, quam nobilitate praestanti, poëtae optimo, et cum veteribus conferendo, salutem, obsecro dic, meis verbis, si quandoad illum scribes ».

Straordinarie sono le manifestazioni di ammirazione tributate al Rota dai più eletti ingegni del suo tempo: Pier Vettori gli scrive: « Accepi superioribus diebus elegans, eruditum munus tuum, quod fuit mihi perjucundum; magis enim capior fructibus ingenii doctorum, ac politorum virorum, quam telluris, aliis et etiam extra hominem positis bonis. Quare ago tibi gratias immortales, ob hanc tuam benignitatem, etc. E lo stesso Vettori gli scrive, altra volta: « Cum ego Poëmata tua diligenter legero, quod cito a me fiet, quid existimem

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de illis, epistula aliqua mea declarabo, idest laudabo ipsa, et plurimum commendabo: non enim modo mihi audita est facultas, et tua exercitatio multa in pangendo carmine, atque ingenii etiam, doctrinaeque magnitudo....» Bernardo Tasso consacra un'ottava al nostro autore nell'ultimo canto dell' Amadigi :

Veggio una compagnia di spirti eletti,
Che di Sebeto su le vaghe sponde,
Cantando, con leggiadri, alti concetti,
Accendono d'Amore il lido, e l'onde.
Il colto Rota, che par che s'affretti
Di lacrimar come di pianto abonde,
De la diletta sua cara consorte,

L' inaspettata, ed immatura morte.

Annibal Caro, mandandogli il sonetto:

Rota, s'a voi son caro, io so ben anco,

e che si trova stampato così tra le rime dello stesso Caro come tra quelle del Rota, gli scrive: « E vi ho fatto un sonetto pur assai mal garbato, come vedrete. Con tutto ciò io vel mando, solo per riconoscimento dell'osservanza ch'io vi porto che per altro, so quanto sia diseguale al vostro, e con quanta mia poca laude sarà letto a paragon di esso. Ma io sopporto volentieri che si conosca quanto io vi ceda d'ingegno pur che voi siate certo, che non mi superate d'amore. »

L'Atanagi, inserendo il suddetto sonetto del Caro nel primo libro delle rime di diversi poeti da lui raccolti, scrive nell'indice di esse rime: Risposta al Signor BeTardino Rota gentil huomo Napoletano, ed uno de' più colti, e leggiadri Poeti di questo secolo.

Lo stesso Atanagi parla del Rota con grandissimi encomii e molto lungamente nella dedicatoria al Duca d' Atri. Eccone qui un frammento:, « Di tutte le rime

Toscane che dall'età del Petrarca alla nostra si leggono, con maggior dilettazione, e meraviglia del Mondo, e con più lode, e gloria dei loro Autori, elettissime senza alcun dubbio, per universal parere, e consenso di tutti coloro c' hanno gusto di Poesia, sono riputate quelle del Signor Berardino Rota, nobile cavaliere Napoletano, -e meritamente. Conciossiacosachè chi con giudicioso occhio riguarda a quelle parti, le quali rendono ↑ Poemi eccellenti, e perfetti, tutte si veggian quivi in somma eccellenza e perfezione. Percioché primieramente pårlando della invenzione, la quale Aristotele dice essere l'anima del Poema; chi in essa è più acuto, più nuovo e più copioso del Rota? Egli non cammina per vie trite e comuni, ma per sentieri, o fatti da lui, o dove rade orme appariscono di moderni scrittori etc..... Poi rivolgendoci alla disposizione, che è la seconda necessaria,* e non meno lodata parte, che a buon Poeta si richiegga, egli in ogni sua composizione, o grande, o piccola, che ́sia, procede con sì bell'ordine, cosi distintamente e con tanta proporzione, e decoro delle parti al tutto, e del tutto alle parti, che quanto alla elocuzione egli non contento di vestire i suoi sentimenti di parole Toscane, secondo le qualità di essi, ora proprie ed ora trasportate, e di sempre si religiosamente osservate le regole della Lingua, che s'elle fossero perdute si potrebbero di nuovo perfettamente cavar da lui; non ne lascia alcuno capace di maggiore ornamento. Nei numeri egli è così vario, e così artificioso, che io per me non so qual musica, di dolcezza, e di soavità le si possa agguagliare. Qual forma di Poesia ha egli tentato, nella quale non sia riuscito felicemente. Leggansi i Sonetti, le Canzoni, e ogni altro suo componimento; in tutti si è ritrovato, arguto, ben composto e di un vago, culto, é fiorito stile ornato, pieno in tutte d'altezza, di dignità, e di maestà. Ha particolar

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