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buon cittadino, ma che io averei mancato ed alla patria ed a me medesimo se io non l'avessi fatto.

E per cominciarmi dalle cose più note, io dico che non è alcuno che dubiti, che il duca Alessandro (che si chiamava de' Medici), non fusse tiranno della nostra patria, se già non son quelli, che per favorirlo, e per tener la parte sua ne divenivan ricchi, i quali non potevan però essere tanto ignoranti, nè tanto accecati dall' utilità, che non conoscessero ch'egli era tiranno. Ma perchè ne tornava a lor bene particolare, curandosi poco del pubblico, seguitavano quella fortuna; i quali in vero erano uomini di poca qualità, ed in poco numero, tal che non possono in alcun modo contrappesare al resto del mondo, che lo reputava tiranno, nè alla verità: perch' essendo la città di Firenze per antica possessione del suo popolo, ne seguita, che tutti quelli che la comandano, che non sono eletti dal popolo per comandarla, sien tiranni, come ha fatto la casa de' Medici, la quale ha ottenuto la superiorità della nostra città per molti anni con consenso e participazione della minima parte del popolo: nè con tutto questo ebbe ella mai autorità, se non limitata, insino a tanto che dopo molte alterazioni e mutazioni di governi venne papa Clemente VII con quella violenza, che sa tutto il mondo, per privare di libertà la patria sua, e farne questo Alessandro padrone; il quale, giunto che fu in Firenze, perchè non si avesse a dubitare s'egli era tiranno, levata via ogni civiltà, e ogni reliquia e nome di repubblica, e come se fusse necessario per esser tiranno non esser men empio di Nerone, nè meno odiatore degli uomini e lussurioso

di Caligola, nè meno crudele di Falari, cercò di superare la scelleratezza di tutti; perchè oltre alle crudeltà usate ne' cittadini, che non furono punto inferiori alle loro, e' superò (nel far morire la madre) l'empietà di Nerone, perchè Nerone lo fece per timore dello stato e della vita sua, e pér prevenire quello che dubitava che fusse fatto a lui; ma Alessandro commesse tale scelleratezza solo per mera crudeltà e inumanità, come io dirò appresso. Nè fu punto inferiore a Caligola col vilipendere, beffare e straziare i cittadini con gli adulterii e con le violenze, con parole villane e con minacce (che sono agli uomini, che stiman l'onore, più dure a sopportare che la morte, con la quale al fine li perseguitava). Superò la crudeltà di Falari di gran lunga, perchè dove Falari punì con giusta pena Perillo della crudele invenzione per tormentare e far morire gli uomini miseramente nel Toro di bronzo, si può pensare, che Alessandro l'avrebbe premiato, se fosse stato al suo tempo, poichè egli medesimo escogitava nuove sorti di tormenti e di morti, come murare gli uomini vivi in luoghi così angusti, che non si potessero nè voltare nè mutare, ma si potevan dire murati insieme con le pietre e co'mattoni, e in tale stato gli faceva nutrire miseramente e allungare l'infelicità loro più ch'era possibile, non si saziando quel mostro con la morte semplice de' suoi cittadini; tal che i sett'anni, ch'egli visse nel principato, e per libidine, e per avarizia e crudeltà, e per empietà si posson comparare con sett' altri di Nerone, di Caligola e di Falari, scegliendoli per tutta la vita loro i più scellerati, a proporzione però della città e dell'imperio, perchè si troverà in sì poco

tempo essere stati cacciati dalla patria loro tanti cittadini, e perseguitati e morti poi moltissimi in esilio, tanti essere stati decapitati senza processo e senza causa, e solamente per vani sospetti e per parole di nessuna importanza, altri essere stati avvelenati e morti di sua mano propria, o de' suoi satelliti, solamente per non avere a vergognarsi di certi, che l'avevano veduto nella fortuna in ch'egli era nato e allevato; e si troveranno in oltre essere state fatte tante estorsioni e prede, essere stati commessi tanti adulterii, e usate tante violenze, non solo nelle cose profane, ma nelle sacre ancora, ch'egli apparirà difficile a giudicare chi sia stato più o scellerato ed empio il tiranno, o paziente e vile il popolo Fiorentino, avendo portato tanti anni così gravi calamità, essendo all'ora massime più certo il pericolo nello starsi, che nel mettersi con qualche speranza a liberar la patria e assicurar la vita loro per l'avvenire. Però quelli che si pensassero, che Alessandro non si dovesse chiamar tiranno, per essere stato messo in Firenze dall' imperatore, qual è opinione che abbia autorità di investire negli stati chi gli pare, s'ingannano, perchè quando l'Imperatore abbia cotesta autorità, egli non l'ha da fare senza giusta causa, e nel particolare di Firenze egli non lo poteva fare in nessun modo, essendosi ne' capitoli che ei fece col popolo Fiorentino alla fine dell'assedio del 1530 espressamente dichiarato ch'ei non potesse mettere quella città sotto la servitù de' Medici; oltre che quando ben l'imperatore avesse avuto autorità di farlo e l'avesse fatto con tutte le ragioni e giustificazioni del mondo, tal ch'ei fusse stato più

legittimo prencipe che non è il re di Francia, la sua vita dissoluta, la sua avarizia e la sua crudeltà lo avrebbono fatto tiranno: il che si può manifestamente conoscere per l'esempio di Ierone e di Ieronimo Siracusani: dei quali l'uno fu chiamato re, e l'altro tiranno; perchè essendo Ierone di quella santità di vita, che testificano tutti gli scrittori, fu amato, mentre visse e desiderato dopo la morte sua da'suoi cittadini; ma Ieronimo suo figliuolo, che poteva parere più confermato nello stato, e più legittimo mediante la sua successione, fu per la sua trista vita così odiato dai medesimi cittadini, ch' egli visse e morì da tiranno; e quelli che l'ammazzarono furono lodati e celebrati, dove, s' eglino avessino morto il padre, sarebbono stati biasimati e riputati parricidi; sì che i costumi son quelli, che fanno divenire i principi tiranni contro a tutte l'investiture, tutte le ragioni e successioni del mondo. Ma per non consumar più parole in provar quello ch'è più chiaro del sole, vengo a risponder a quelli, che dicono, ancorchè egli fusse tiranno, che io non lo dovevo ammazzare, essendo io suo servitore e del sangue suo, e fidandosi egli di me: i quali non vorrei, che portassero altra pena dell'invidia e malignità loro, se non che Dio gli facesse parenti, servidori e confidenti del Tiranno della loro patria, se non è cosa troppo empia desiderare tanto male ad una città per colpa di pochi; poichè cercano di oscurare la buona intenzione con queste calunnie, che quando le fussino vere, non avrebbono esse forza alcuna di farlo, e tanto più, che io sostengo, che io non fui mai servitore di Alessandro, nè lui era

del sangue mio, o mio parente, e proverò, che ei non si fidò mai di me volontariamente. In due modi si può dire, che uno sia servo o servitore di un altro: o pigliando da lui premio per servirlo e per essergli fedele, o essendo suo schiavo, perchè i sudditi ordinariamente non son compresi sottu questo nome di servo e di servitore. Che io non fussi schiavo di Alessandro è chiarissimo, sì come è chiaro ancora (a chi si cura di saperlo) che io, non solo non ricevevo premio o stipendio alcuno, ma che io pagavo a lui la mia parte delle gravezze, come gli altri cittadini, e s'egli credeva, che io fussi suo suddito o vassallo, perch' egli poteva più di me, e' dovette conoscere ch'ei s'ingannava quando noi fummo del pari; sì che io non fui mai, nè potevo essere chiamato suo servitore. Che egli non fusse della casa de' Medici e mio parente, è manifesto, perchè egli era nato di una donna d'infimo e di vilissimo stato, da Colle Vecchio, in quel di Roma, che serviva in casa il duca Lorenzo agli ultimi servizii della casa, ed era maritata a un vetturale, e infin qui è manifestissimo. Dubitasi, se il duca Lorenzo in quel tempo, ch'egli era fuoruscito, ebbe a fare con questa serva, e s'egli accadde, accadde non più d'una volta; ma chi è così imperito del consenso degli uomini e della legge, ch'ei non sappia, che quando una donna ha marito, e ch'ei sia dove lei, ancorach'ella sia trista, e ch'ella esponga il corpo suo alla libidine di ogn'uno, che tutti i figliuoli che ella fa, son sempre giudicati e sono del marito? perchè le leggi vogliono conservar l'onestà quanto si può. Se adunque questa serva da Colle Vecchio (del

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