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modo, per sè stessi tenebrosi, vengono illuminati; non credo, che sarà lontano dal ben filosofare il dire, che egli, come ministro massimo della natura, ed in certo modo anima e cuor del mondo, infonde agli altri corpi che lo circondano, non solɔ la luce, ma il moto ancora, co 'l rigirarsi in sè medesimo, sicchè nell' istesso modo, che cessando il moto del cuore dell' animale, cesserebbono tutti gli altri movimenti delle sue membra, così cessando la conversion del Sole, si fermerebbono tutti gli altri movimenti e le conversioni di tutti i pianeti. E come che della mirabil forza ed energia del Sole io potessi produrre gli assensi di molti gravi scrittori, voglio che mi basti un luogo solo del B. Dionisio Areopagita nel libro de Divinis nominibus ; il quale del Sole scrive così: Lux ejus colligit, convertitque ad se omnia, quae videntur, quae moventur, quae illustrantur, quae calescunt, et uno nomine, ea, quae ab ejus splendore continentur. Itaque Sol Hos dicitur, quod omnia congreget, colligatque dispersa. Et paulo inferius, de Sole rursus haec addit. Si enim Sol hic, quem videmus, eorum, quae sub sensum cadunt essentias, et qualitates, quaeque multae sint, ac dissimiles; tamen ipse, qui unus est, aequaliterque lumen fundit, renovat, alit, tueturque, perficit, dividit, conjungit, fovet, foecunda reddit, auget, mutat, firmat, edit, movet, vitaliaque facit omnia; et unaquaeque res hujus universitatis, pro captu suo, unius, atque ejusdem Solis est particeps, causasque multorum, quae participant, in se aequabiliter anticipatas habet, certe majori ratione, etc.

Essendo dunque il Sole, e fonte di luce, e principio

di movimento, volendo Iddio che al comandamento di Giosuè restasse per molte ore nel medesimo stato immobilmente tutto il sistema mondano, bastò fermare il Sole, alla cui quiete fermatesi tutte le altre conversioni, restarono e la Terra, e la Luna, e'l Sole nella medesima constituzione, e tutti gli altri pianeti insieme: nè per tutto quel tempo declinò il giorno verso la notte; ma miracolosamente si prolungò. Ed in questa maniera col fermare il Sole, senza alterar punto, o confondere gli altri aspetti, e scambievoli constituzioni delle stelle, si potette allungare il giorno in terra, conforme esquisitamente al senso litterale del sacro testo.

Ma quello di che, s' io non m' inganno, si deve far non piccola stima, è, che con questa constituzione copernicana si ha il senso litterale apertissimo e facilissimo d' un altro particolare, che si legge nel medesimo miracolo: il quale è, che il Sole si fermò nel mezzo del cielo; sopra il qual passo gravi teologi muovono difficoltà; poichè par molto probabile, che quando Giosuè domandò l'allungamento del giorno, il Sole fosse vicino al tramontare, e non nel meridiano: perchè quando fusse stato nel meridiano, essendo allora intorno al solstizio estivo, e però i giorni lunghissimi, non par verisimile, che fusse necessario pregar l' allungamento del giorno, per conseguir vittoria in un conflitto; potendo benissimo bastare per ciò lo spazio di sette ore e più, che rimanevano ancora. Dal che mossi gravissimi teologi, hanno veramente tenuto, che il Sole fosse vicino all'occaso; e così par che suonino anco le parole, dicendosi: Fermati, Sole, fermati. Che se fusse stato nel meridiano, o non occorreva ri

cercare il miracolo, o sarebbe bastato pregar solo qualche ritardamento. Di questa opinione è il Caietano, alla quale sottoscrive il Magaglianes, confermandola con dire, che Giosuè aveva quell' istesso giorno fatte tante altre cose avanti il comandamento del Sole, che impossibile era che fussero spedite in un mezzo giorno. Onde si riducono a interpretar le parole in medio coeli, veramente con qualche durezza, dicendo, che le importano l'istesso che il dire, che il Sole si fermò essendo nel nostro emisferio, cioè sopra l'orizzonte. Ma tal durezza, ed ogn' altra (s' io non erro) sfuggiremo noi, collocando, conforme al sistema copernicano, il Sole nel mezzo, cioè nel centro degli orbi celesti, e delle conversioni de' pianeti, siccome è necessariissimo di por velo. Perchè ponendo qualsivoglia ora del giorno, o la meridiana, o altra quanto ne piace vicino alla sera, il giorno fu allungato e fermate tutte le conversioni celesti, col fermarsi il Sole nel mezzo del cielo, cioè nel centro di esso cielo, dove egli risiede : senso tanto più accomodato alla lettera ( oltre a quel che si è detto) quanto che, quando anco si volesse affermare, la quiete del Sole essersi fatta nell' ora del mezzo giorno, il parlar proprio sarebbe stato il dire stetit in meridie, vel in meridiano circulo, e non in medio coeli: poichè d'un corpo sferico, quale è il cielo, il mezzo è veramente e solamente il centro.

Quanto poi ad altri luoghi della Scrittura, che paiono contrariare a questa posizione, io non ho dubbio, che quando ella fusse conosciuta per vera e dimostrata, que' medesimi teologi, che mentre la reputan falsa, stimano tali luoghi incapaci di esposizioni concordanti

194 con quella, ne troverebbono interpretazioni molto ben congiunte: e massime quando all' intelligenza delle sacre Lettere aggiugnessero qualche cognizione delle scienze astronomiche. E come di presente, mentre la stiman falsa, gli par d'incontrare nel legger le Scritture solamente luoghi ad esse repugnanti, quando si avessero formato altro concetto, ne incontrerebbero per avventura altrettanti di concordi, e forse giudicherebbero, che santa Chiesa molto acconciamente narrasse, che Iddio collocò il Sole nel centro del cielo, e che quindi, col rigirarlo in sè stesso, a guisa d'una ruota, contribuisse gli ordinati corsi alla Luna ed all'altre stelle erranti, mentre ella canta:

LETTERA DI GALILEO GALILEI.

Coeli Deus sanctissime,

Qui lucidum centrum poli,
Candore pingis igneo,
Augens decoro lumine,
Quarto die qui flammeam,
Solis rotam constituens,
Lunae ministras ordinem,
Vagosque cursus siderum.

E potrebbon dire il nome di firmamento convenirsi molto bene ad literam alla sfera stellata, ed a tutto quello che è sopra le conversioni de' pianeti, poichè, secondo questa disposizione, è totalmente fermo ed immobile. Finalmente ad literam (movendosi la Terra circolarmente), s'intenderebbono i suoi poli, dove si legge: Nec dum terram fecerat, et flumina, et cardines orbis Terrae: i quali cardini, paion indarno attribuiti al globo terrestre, se egli sopra non se gli deve raggirare.

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Gabriello

Tabriello Chiabrera nacque in Savona, l'anno della nostra salute 1552, agli 8 di giugno, e nacque quindici giorni dopo la morte del padre. Il padre fu Gabriello Chiabrera, nato di Corrado Chiabrera e di Mariola Fea: la madre fu Gironima Murasana, figlia di Piero Agostino Murasana, e di Despina Nattona, famiglie in Savona ben conosciute. La madre, rimasa vedova in fresca età, passò ad altre nozze, e Gabriello rimase alla cura di Margherita Chiabrera, sorella del padre, e di Giovanni Chiabrera, fratello pure del padre di lui, ambodue senza figliuoli. Giunto Gabriello all'età di nove anni, fu condotto in Roma, ove Giovanni suo zio faceva dimora, ed ivi fu nudrito con maestro in casa, da cui apparò la lingua latina. In quegli anni lo prese una febbre, e dopo due anni un'altra, la qual sette mesi lo tenne senza sanità, e lo inviava a morire, onde Giovanni suo zio, per farlo giocondo con la compagnia d'altri giovanetti, lo mandava al collegio de' Padri Gesuiti, ed ivi prese vigore e fecesi robusto, ed udì le lezioni di filosofia, anzi più per trattenimen

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