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`mai gli fece dare alloggiamento, nè mai, parlandogli, il fece coprire. Vincenzo Gonzaga Duca di Mantova pure si valse di lui, e nelle nozze di Francesco suo figliuolo il chiamò, e lasciò a lui i pensieri di ordinar macchine e versi per intermedii sulla scena. Da questo Signore fu in tal guisa onorato, sempre alloggiato e spesato in suo palazzo, e sempre udillo colla testa coperta; ed andando a pescare sul lago, ve lo condusse sulla propria carrozza sua, e pescando, fece entrarlo nel suo proprio navicello, e desinando, tennelo seco a tavola; poi, spedite quelle allegrezze, rimandollo a Savona, e volle che senza obbligo di niuna servitù pigliasse un onorevole stipendio sulla tesoreria di Monferrato; e così fu, ed ogni volta che Gabriello fu a quella corte, sempre accarezzollo. Corsero anni, e fu creato Papa il cardinal Barberino. Gabriello ebbe con lui amicizia fin dagli anni giovanili, e sempre durò, ma non con molta familiarità, per la lontananza delle loro dimore; andò dopo a baciargli i santissimi piedi, fu raccolto con cortesissima maestà, e diede Sua Beatitudine segni di amore, sempre che Gabriello capitò in Roma, perchè egli non volle farvi continuamente stanza. La prima volta che se ne dipartì, mandógli un bacile pieno di agnusdei, e due medaglie, ov'era il suo volto scolpito, ed un quadretto dentrovi l'immagine di nostro Signore miniata: poi sotto l'anno santo gli scrisse un Breve, come suole agli uomini grandi, e con esso invitavalo a Roma; ed il Breve fu di que

slo tenore:

URBANUS PP. VIII.

Dilecte Fili, salutem et apostolicam benedictionem. Pontificii amoris monumentum, et celeberrimae virtutis praemium extare volumus apostolicam hanc epistolam tibi inscriptam ; quamvis enim ejusmodi honoribus non nisi principes viros dignari solet Majeslas Romani Pontificatus, attamem Gabrielem Chiabreram ex aliorum litteratorum vulgo secernimus, cujus arma sapientiae paraverunt regnum in tam multis Italiae ingeniis. Arcibus et legionibus potentiam suam muniant dominantes, Tu carminum vi studiosam juventutem sub ingenii tui devotionem redigis, dum sibi imitatione tuorum poematum aditum patefieri arbitramur ad immortalitatem nominis consequendam. Interest autem Reipublicae quamplurimos reperiri imitatores studiorum tuorum; lyricam enim poesis, quae, ante vino, lustrisque confecta in triviis, et tenebris sordido Cupidini famulatur, per te nunc graecis divitiis aucta, deducta est modo in Capitolium ad ornandos virtutum triumphos, modo in Ecclesiam ad Sanctorum laudes concinnendas. Nec minus feliciter sibi consulent, qui mores tuos non imitabuntur negligentius, quam carmina; prudentiam enim cum sapientia conjungens, et severitatem facilitate leniens, demeruisti Italicos Principes, et docuisti populos, posse poetica ingenia, sine dementiae mixtura, et vitiorum faece fervere. Quare Nos, non obliti veteris amicitiae, et faventes laudibus nominis tui, singulare hoc tibi damus pa

ternae nostrae pignus caritatis, cupientes quam nobis, decedens, fidem sponsione obligasti, eam, adventu tuo, quam primum liberari; tibique apostolicam benedictionem peramanter impertimur. Datum Romae apud Sanctam Mariam Majorem, sub annulo Piscatoris die 29 novembris 1623. Pontificatus nostri anno secundo.

JOANNES CIAMPULUS.

Andò dunque in Roma, e fu con accoglienze più cortesi ricevuto. In quel tempo era il giorno della Candelora, in che dispensandosi le candele benedette ai cardinali in cappella di Sisto, il Papa dal seggio, ov'egli solennemente sedeva, comandò che una se ne portasse all' alloggiamento di Gabriello. Ancora, incontrandolo per la via di san Giovanni, la quale mena a santa Maria Maggiore, piena di passeggieri per la giornata solenne, egli quasi scherzando mandò a Gabriello un palafreniere, il quale espose queste parole di nostro Signore : Che, poichè lo vedeva in peregrinaggio, gli mandava quella elemosina; ciò fu di medagliette di argento, entrovi impressa la Porta Santa. S'aggiunse a questi grandi un grandissimo favore. Predicavasi in sala di Costantino, ed aveva sua Santità fatto divieto ad ognuno, che non fosse prelato, l'entrarvi ad ascoltare. Gabriello per voglia di udire, fece fare preghiere al Papa, il quale già erasi posto nella stanza di legno, chiamata Bussola. N. S. rispose: Che a lui pareva marompere l'ordine fatto; e fece chiamare Gabriello, e tennelo seco in quel singolarissimo luogo con esso

le

lui, quanto fu lunga la predica. È da notarsi ancora, che andato il Chiabrera a Roma a baciare i piedi ad Urbano, dopo la ricevuta del soprascritto Breve, e ringraziato riverentemente il sommo Pontefice dell'onore ricevuto, con dire : Che si alte lodi erano effetti dell'amicizia che passava tra monsignor Ciampoli segretario de' Brevi, e lui, risposegli Urbano: Lo abbiamo dettato noi.

Ne la Signoria serenissima di Genova fu meno cortese in favorirlo, e quante volte egli favellò a’Serenissimi collegii, sempre comandò il Serenissimo duce che egli coprisse il capo; ed i sudditi sogliono in quel luogo star col cappello in mano. E l'anno 1625 per la stagione della guerra col duca di Savoia, guardandosi Savona con gran quantità di soldati, il serenissimo Senato privilegiò la sua casa ed i suoi poderi, sicchè soldato niuno vi prese alloggiamento; e per quella stagione radunandosi monete per molte vie, egli ne fu franco per decreto del Principe ; e con sì fatte grazie egli si condusse oltr'a ottanta anni. Fu di comunale statura, di pelo castagno, le membra ebbe ben formate, solamente ebbe difetto d'occhi, e vedea poco da lunge, ma altri non se ne avvedea : nella sembianza pareva pensoso, ma poi usando con gli amici, era giocondo; era pronto alla collera, ma appena ella sorgeva in lui, che ella si ammorzava; pigliava poco cibo, ne dilettavasi molto de' condimenti artificiosi ; ben bevea molto volentieri, ma non già molto, ed amava di spesso cangiar vino, ed anco bicchieri; il sonno perdere non potea senza molestia. Scherzava parlando, ma d'altri non diceva male con rio proponimento. A

significare che alcuna cosa era eccellente, diceva che ella era poesia greca; e volendo accennare ch' egli di alcuna cosa non si prenderebbe noia, diceva: non per tanto non beverò fresco? Scherzava sul poetar suo in questa forma; diceva, ch' egli seguia Cristoforo Colombo suo cittadino, ch' egli voleva trovar nuovo mondo, o affogare. Diceva ancora cianciando, la poesia essere la dolcezza degli uomini, ma che i poeti erano la noia; e ciò diceva riguardando all'eccellenza dell'arte ed all'imperfezione degli artefici, i quali infestano altrui col sempre recitare suoi componimenti; e di qui egli non mai parlava nè di versi nè di rime, se non era con molto domestici amici e molto intendenti di quello studio. Intorno agli scrittori egli stimava nei poemi narrativi Omero sopra ciascuno, ed ammiravalo in ogni parte, e chi giudicava altramente egli in suo segreto stimava s'odorasse di sciocchezza; di Virgilio prendeva infinita maraviglia nel verseggiare e nel parlar figurato; a Dante Alighieri dava gran vanto per la forza del rappresentare e particolareggiar le cose, le quali egli scrisse; ed a Lodovico Ariosto similmente. Per dimostrar che il poetare era suo studio, e che di altro egli non si prezzava, teneva dipinta, come sua impresa, una cetra, e queste parole del Petrarca: Non ho se non quesť una. Prese gran diletto nel viaggiare, e tutte le città d'Italia egli vagheggiò, ma dimora non fece solo che in due, Firenze e Genova: in Firenze ebbe perpetuamente alloggiamento da' signori Corsi marchesi di Caiaso; in Genova talora dal marchese Brignole, e talora dal signor Pier Giuseppe Giustiniani, dalli quali con ogni cortesia era famigliarmente rac

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