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Questa è una donna gentile, bella, giovane e savia, ed apparita forse per volontà d' Amore, acciocchè la mia vita si riposi. E molte volte pensava più amorosamente, tanto che 'l cuore consentiva in lui, cioè nel suo ragionare: e quand' io avea consentito ciò, io mi ripensava, siccome dalla ragione mosso, e dicea fra me medesimo: Deh, che pensiero è questo, che in così vil modo vuol consolarmi, e non mi lascia altro pensare? Poi si rilevava un altro pensiero, e diceami: Or tu se' stato in tanta tribolazione, perche non vuo' tu ritrarti da tanta amaritudine? Tu vedi che questo è uno spiramento, che ne reca li disiri d'Amore dinanzi, ed è mosso da così gentil parte, come è quella degli occhi della donna che tanto pietosa ci s'è mostrata. Onde io avendo così più volte combattuto in me medesimo, ancora ne volli dire alquante parole; e perocchè la battaglia de' pensieri vinceano coloro che per lei parlavano, mi parve che si convenisse parlare a lei; e dissi questo Sonetto, il qual comincia: Gentil pensiero. E dico gentile, in quanto ragionava di gentil donna ; che per altro era vilissimo. E fo in questo Sonetto due parti di me, secondochè li miei pensieri erano in due divisi. L' una parte chiamo cuore, cioè l'appetito : l'altra chiamo anima, cioè la ragione; e dico come l' uno dice all' altro. E che degno sia di chiamare l'appetito cuore, e la ragione anima, assai è manifesto a coloro, a cui mi piace che ciò sia aperto. Vero è che nel precedente Sonetto io fo la parte del cuore contro a quella degli occhi; e par contrario di quel che io dico nel presente; e però dico che ivi il cuore anche intendo per appeti-,

ciò

to; perocchè maggior desiderio era il mio ancora di ricordarmi della gentilissima donna mia, che di veder costei; avvegnachè alcuno appetito n' avessi già, ma leggier parea; onde appare che l'uno detto non è

contrario all' altro.

Questo Sonetto ha tre parti. Nella prima comincio a dire a questa donna come 'l mio desiderio si volge tutto verso lei. Nella seconda dico come l'anima, cioè la ragione, dice al cuore, cioè all'appetito. Nella terza dico com' ella risponde. La seconda parte comincia : L'anima dice. La terza : Ei le risponde.

Gentil pensiero, che parla di vui,
Sen viene a dimorar meco sovente:
E ragiona d'Amor sì dolcemente,
Che face consentir lo core in lui.
L'anima dice al cor: chi è costui,

Che viene a consolar la nostra mente?
Ed è la sua virtù tanto possente,

Ch' altro pensier non lascia star con nui?
Ei le risponde: O anima pensosa,

Questi è uno spiritel nuovo d' Amore,
Che reca innanzi me li suoi desiri:

E la sua vita, e tutto il suo valore,
Mosse dagli occhi di quella pietosa,
Che si turbava de' nostri martiri.

Contro a questo avversario della ragione si levò un dì, quasi nell'ora della nona, una forte immaginazione in me; chè mi parea veder questa gloriosa Beatrice con quelle vestimenta sanguigne, colle quali

apparve prima agli occhi miei: e pareami giovane in simile età a quella in che prima la vidi. Allora incominciai a pensar di lei, e ricordandomene secondo l'ordine del tempo passato, il mio cuore cominciò dolorosamente a pentirsi del desiderio, al quale sì vilmente s'era lasciato possedere alquanti dì, contro alla costanza della ragione. E discacciato questo cotal malvagio desiderio, si rivolsero li miei pensamenti tutti alla loro gentilissima Beatrice. E dico, che d'allora innanzi cominciai a pensare di lei sì, con tutto il vergognoso cuore, che li sospiri manifestavano ciò molte volte; perocchè quasi tutti diceano nel loro uscire quello che nel cuore si ragionava, cioè lo nome di quella gentilissima, e come si partio da noi: e molte volte avvenia, che tanto dolore avea in sè alcuno pensiero, che io dimenticava lui, e là dov' io era. Per questo raccendimento di sospiri si raccese il sollevato lacrimare in guisa, che li miei occhi pareano due cose che desiderassono pur di piangere. E spesso avvenia, che per lo lungo continuare del pianto, dintorno a loro si facea un color purpureo, lo quale suole apparire per alcun martire che altri riceva. Onde appare, che della loro vanità furono degnamente guiderdonati; sicchè d'allora innanzi non poterono mirare persona, che gli guardasse, sicchè loro potesse trarre a simile intendimento. Onde io volendo che cotal desiderio malvagio, e vana tentazione paresse distrutta, sicchè alcun dubbio non potessero inducere le rimate parole che io aveva dette dinanzi, proposi di fare un Sonetto, nel qual io comprendessi la sentenzia di questa ragione, e dissi allora : Lasso! per forza, ec. Dis

si: Lasso, in quanto mi vergognava di ciò, che li miei occhi avean così vaneggiato.

Questo Sonetto non si divide, perocchè assai il manifesta la sua ragione.

Lasso! per forza di molti sospiri,

Che nascon de' pensier che son nel core,
Gli occhi son vinti, e non hanno valore
Di riguardar persona che gli miri.
E fatti son, che paion due desiri

Di lacrimare, e di mostrar dolore;
E spesse volte piangon sì, ch' Amore
Gli cerchia di corona di martiri.
Questi pensieri, e li sospir ch' io gitto
Diventan dentro al cor sì angosciosi,
Ch' Amor vi tramortisce, sì glien duole:
Perocch' egli hanno in sè, li dolorosi,
Quel dolce nome di Madonna scritto,
E della morte sua molte parole.

Dopo questa tribolazione avvenne (in quel tempo che molta gente andava per vedere quella immagine benedetta, la quale Gesù Cristo lasciò a noi, per esemplo della bellissima sua figura, la qual vede la mia donna gloriosamente) che alquanti peregrini passavano per una via, la quale è quasi in mezzo della città, dove nacque, e vivette, e morì la gentilissima donna: e andavano, secondochè mi parve, molto pensosi; onde io, pensando a loro, dissi fra me medesimo: Questi peregrini mi paiono di lontana parte, e non credo che anche udisser parlare di questa donna, e non ne

sanno niente; anzi li loro pensieri son d'altre cose, che di queste qui, chè essi forse pensano di loro amici lontani, li quali noi non conoscemo. Poi dicea fra me medesimo: io so, che se essi fossero di propinquo paese, in alcuna vista parrebber turbati, passando per lo mezzo della dolorosa città. Poi dicea fra me medesimo: se io gli potessi tenere alquanto, io pure gli farei piangere, anzi che essi uscissero di questa città; perocchè io direi parole, le quali farebber piangere chiunque le 'ntendesse. Onde passati costoro dalla mia veduta, proposi di fare un Sonetto, nel quale io manifestassi ciò ch'io aveva detto fra me medesimo. Ed acciocchè più paresse pietoso, proposi di dire come se io avessi parlato a loro; e dissi questo Sonetto, il quale comincia: Deh peregrini ec. E dissi peregrini, secondo la larga significazione del vocabolo: chè peregrini si possono intendere in due modi: in largo ed in istretto. In largo, in quanto è peregrino chiunque è fuori della sua patria: in modo stretto non s'intende peregrino, se non chi va verso la casa di San lacopo, o riede. E però è da sapere, che in tre modi si chiamano propriamente le genti che vanno al servigio dell' Altissimo. Chiamansi palmieri, in quanto vanno oltramare; laonde molte volte recano la palma. Chiamansi peregrini, in quanto vanno alla casa di Galizia; perocchè la sepultura di San Iacopo fu più lontana dalla sua patria, che d'alcuno altro apostolo. Chiamansi romei; in quanto vanno a Roma, là ove questi, che io chiamo peregrini, andavano.

Questo Sonetto non si divide, perocchè assai il manifesta la sua ragione.

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