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Deh peregrini, che pensosi andate
Forse di cosa che non v'è presente;
Venite voi di sì lontana gente,
Come alla vista voi ne dimostrate?
Chè non piangete, quando voi passate
Per lo suo mezzo la città dolente,
Come quelle persone, che niente
Par che'ntendesser la sua gravitate?
Se voi restate, per volere udire,
Certo lo core de' sospir mi dice,
Che lacrimando n' uscireste poi.
Ella ha perduta la sua Beatrice:

E le parole, ch'uom di lei può dire,
Hanno virtù di fur piangere altrui.

Poi mandaron due donne gentili a me, pregandomi, che io mandassi loro di queste mie parole rimate; onde io pensando la loro nobiltà, proposi di mandar loro, e di fare una cosa nuova, la quale io mandassi loro con esse; acciocchè più onorevolmente adempissi li loro prieghi. E dissi allora un Sonetto, il quale narra del mio stato: e mandailo loro col precedente Sonetto accompagnato, e con un altro che comincia: Venite a intender li sospiri miei. Il Sonetto, il quale io feci allora, comincia: Oltre la spera.

Questo Sonetto ha in sè cinque parti. Nella prima dico là ove va il mio pensiero, nominandol per nome d'alcuno suo effetto. Nella seconda dico perchè va lassù, cioè chi 'l fa così andare. Nella terza dico quello che vide: cioè una donna onorata lassù: e chiamolo allora spirito peregrino, acciocchè spiritualmente va las

sù; e siccome peregrino, è fuori della sua patria vista. Nella quarta dico com' egli la vede, cioè in tale qualità, che io non la posso intendere; cioè a dire che 'l mio pensiero sale nella qualità di costei in grado, che 'l mio intelletto no 'l può comprendere ; conciossiacosachè nostro intelletto s' abbia a quelle benedette anime, come l'occhio nostro debole al Sole: e ciòdice il Filosofo nel secondo della Metafisica. Nella quinta dico che avvegnach' io non possa vedere là ove 'l pensiero mi trae, cioè alla sua mirabile qualità, almeno intendo questo, cioè che tutto è il cotal pensare della mia donna, perchè io sento spesso il suo none nel mio pensiero. E nel fine di questa quinta parte dico: Donne mie care: a dare ad intendere che son donne quelle a cui io parlo. La seconda parte comincia: Intelligenza nuova. La terza: Quand' egli è giunto, La quarta: Vedela tal. La quinta: So io ch' el parla. Potrebbesi più sottilmente ancora dividere, e più sottilmente fare intendere; ma puossi passare con questa divisione: e però non mi trametto di più dividerlo.

Oltre la spera, che più larga gira,
Passa il sospiro ch' esce del mio core:
Intelligenza nuova, che l'amore
Piangendo mette in lui, pur su lo tira.
Quand' egli è giunto là, ove 'l desira,
Vede una donna, che riceve onore ;
E luce sì, che, per lo suo splendore,
Lo peregrino spirito la mira.

Vedela tal, che quando il mi ridice,
Io non lo intendo, sì parla sottile
Al cor dolente, che lo fa parlare.
So io, ch' e parla di quella gentile ;
Perocchè spesso ricorda Beatrice,
Sicch' io lo intendo ben, donne mie care.

Appresso a questo Sonetto apparve a me una mirabil visione, nella quale io vidi cose che mi fecero proporre di non dir più di questa benedetta, insino a tanto che io non potessi più degnamente trattar di lei; e di venire a ciò io studio quant' io posso, siccom' ella sa veracemente. Sicchè, se piacere sarà di Colui, a cui tutte le cose vivono, che la mia vita per alquanti anni perseveri; spero di dire di lei quello che mai non fu detto d'alcuna: e poi piaccia a Colui, ch'è sire della cortesia, che la mia anima se ne possa gire a vedere la gloria della sua donna, cioè di quella benedetta Beatrice, la quale gloriosamente mira nella faccia di Colui, qui est per omnia saecula benedictus.

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Io no

Lo non so, illustrissimo signore, se per indurre V. S. illustrissima a prendere in alcun modo la mia protezione, debba volgere verso lei o la forza delle ragioni o l'affetto de' preghi; perciocchè dall' un lato la mia calamità grida così altamente, che il suono delle sue voci mirabili arriva per l' universo, onde sordo è chi non l' ode, e, chi non l' esaudisce, severo: dall' altro gli occhi del vostro intelletto sono così acuti, che possono per sè stessi vedere non sol tutti quegli argomenti che in quei luoghi risiedono da' quali comunemente le difese de' rei sono tratte, ma, penetrando anche a dentro nella natura degli errori e de' peccati, e nella convenevolezza de' premi e delle pene, e nel decoro della giustizia e della clemenza, sono atti a conoscere ciò che, dopo tante mie afflizioni, verso me dovrebbono usar coloro i quali, essendo in questo mondo ministri di Dio, della sua divina giustizia e della clemenza debbono essere imitatori. Se dunque la mia

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