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macchina dell' universo; nondimeno, per umiltà, di questa cognizion m' appagava, in guisa d'uomo che non potendo affissar gli occhi nel Sole, rimira nell' acqua l'immagine della sua luce, E mi sovveniva che Aristotile, che fu gentile, disse che all' uomo cupido di sapere era più caro l'intendere una particella delle cose divine, che l'aver di tutte le umane perfetta cognizione: siccome giovane amante (sia lecito di mescolare il suo esempio) più s'appaga in rimirar la mano della sua donna, che in riguardare il corpo tutto di qualsivoglia attempata femmina. Divenuto io dunque omai giusto misuratore delle deboli forze del mio intelletto, così fra me stesso ragionava. Chi mi dimandasse che fosse la materia prima, che altro saprei rispondere se non ch'ella non è nè il che, nè il quanto, nè il quale, nè altra cosa è che si possa o col dito mostrare o colle parole diffinire. E se pur questa risposta non mi piacesse, ricorrerei forse a qualche somiglianza, e direi che tale ella è in rispetto delle forme naturali, qual è l'oro e l'argento in rispetto delle artificiali; perciocchè siccome di questi metalli si posson fare e monile e medaglia e coppa da bere e vasi da operar nella tavola o da por nella credenza per ornamento, così ella è atta a ricevere la forma della vite, della palma, del leone, del destriero e dell' uomo, o di che altro si sia. Dunque se della materia prima, vilissima e ignobilissima cosa, io non ho altra cognizione, nè posso darla altrui, se non quella che o negando o paragonando s'appresenta all' intelletto, ardirò io d'aspirare all' altissima cognizione d'Iddio nobilissimo e perfettissimo? o presumerò di significare altrui quel

lo che io non intendo? o mi parrà strano o maraviglioso, se io non sono alto a conoscerlo, o a parlarne in modo, o con paragone che alla sua maestà sia convenevole? Perciocchè la luce del Sole è oscura, e la grandezza dell'oceano è una brevissima stilla d'acqua s'a Dio s'assomiglia. Negherò dunque di sapere quel che sia Dio, ma non già di saper ch' egli sia: essendo questo si chiaro, che può esser certissimo principio a provar l'altre cose delle quali si dubita: e non solo gli angeli nel Cielo e gli uomini nella terra, ma il confessano i demoni nell' inferno; e gli augelli nell' aria rendono grazie, cantando a lui che gli ha creati ; e gli armenti ne' pascoli, e le fiere ne' boschi, come possono, co' lor muggiti e colle loro voci ferine mostrano di avere alcuna conoscenza di questa divinità; i pesci ancora nelle caverne e nelle profondità de' fiumi e degli stagni e del mare pare che in un certo modo della gloria di Dio facciano armonia; e le piante e le erbe e i fiori rinnovellandosi mostrano di conoscere e di ringraziare la divina Provvidenza di lui ch'è creatore e conservatore e perpetuatore di tutte le cose. Crederò dunque che sia Dio: e crederò di lui quel di più che per rivelazione se ne sa: ch' egli sia trino e uno: e che il suo Verbo nel ventre verginale di Maria si vestisse d'umanità: e che egli ascendesse in Cielo, e che lasciasse Piero vicario in terra: e crederò che la vera e certa determinazione così di questi, come di tutti gli altri articoli della fede, si debba prender da' Pontefici romani, che sono di Piero legittimi successori e se il mio intelletto non capisce come sia l'eterna generazion del figliuolo non creato, nè fatto

dal padre, ma generato: o com' egli, incarnandosi, accoppiasse la divinità coll' umanità, in guisa che una sola persona in due nature ne risultasse: e se il mio intelletto, dico, s' abbaglia a questo Sole di certissima verità, qual maraviglia è, poichè ancora molte fiate resta abbarbagliato ad alcuni piccoli raggi delle cose naturali? E se del nascimento di Cristo e della sua eterna generazione non so render ragione, non la so anche rendere della generazione de' tuoni, e dei lampi, e delle grandini, e delle tempeste, e de' venti, se non molto fallace e incerta: nè so, se non molto dubbiosamente, come l'aria si dipinga di tanta varietà di colori in quel suo arco, che arco del patto è nominato: nè come nella regione del fuoco o nella vicina ci appaiono le comete, e la strada di latte, e tante altre apparenze ora spaventose, ora vaghe, ma sempre maravigliose: nè so come nelle viscere della terra si generi l'oro e l'argento e gli altri metalli, e nel letto del mare le perle e i coralli si producano: nè saprei della generazion degli animali abbastanza ragionare : o come o perchè alcuni di materia putrida, altri di seme sien generati: e come quelli, ch' altra madre non hanno che la putrefatta materia, e altro padre che il Sole, siano poi atti a generar figliuoli a sè somiglianti: e come dal tergo del bue spuntino l'api, e con quale artificio il verme, che cavaliero in queste parti è nominato, pascendosi di foglia di gelso, tessa a sè medesimo ricca e vaga prigione di seta, e muoia e rinasca maravigliosamente: o come la fenice deponga la vecchiaia nel fuoco, e a lunghissima vita si rinnovelli : o come di due bruti di diverse specie ne nasca un mi

sto che nè alla madre nè al padre sia somigliante: o come i mostri sian generati oltre l'intenzione della natura, ch'è sì saggia e sì possente maestra. E se pure di sì fatte cose un non so che simile al vero dicono i filosofi, quante altre ce ne sono nelle quali confessano di non conoscere l'ambizioso artificio della natura, e a quelle loro proprietà occulte si riducono, come sotto lo scudo d' Aiace era solito Teucro di ripararsi? Questi erano i miei pensieri e i ragionamenti che fra me stesso faceva, per li quali sempre più mi andava accorgendo dell' incertitudine delle scienze mondane, e sempre meno di credenza prestando a tutto ciò che da' filosofi contro la nostra religione può essere addotto; sicchè ormai nulla o molto poco da quelle mie prime molestie era agitato. E se in ciò mento, tu, Dio, che sei spiator de' cuori, e sei giustissimo giudice, in quel tanto da me temuto giorno non aspettar di rammentarlomi; ma qui, con maravigliosa dimostrazione, simile a quella colla quale in vita m' hai conservato, la mia menzogna fa manifesta.

Ma tempo è ormai, illustrissimo signore, che io a voi mi rivolga, e che dopo sì lunga digressione (la quale non mosso da artifizio oratorio, ma rapito da un certo spirito di verità ho fatta), non contra mia voglia, ma certo oltre ogni mia intenzione il cominciato ragionamento torni a seguitare . . . .

Ma perchè a me giova di prender tutte le cose in buona parte, purghi egli la sua coscienza al cospetto d'Iddio, e giustifichi l'azione nel giudicio degli uomini : ch'io, quanto a me, di lui rimango soddisfatto.

Dico ciò, perchè può ben essere che un'azione sia giusta, e che insieme ingiustamente sia fatta, e malvagio sia chi la fa: siccome, all'incontro, un'operazion malvagia può essere operata da un che malvagio non sia; perchè così il vizio come la virtù consiste nell' abito, il quale principalmente nel modo o nelle circostanze si manifesta. E se alcuno per denari, o per interesse di roba e d'ambizione, o per invidia dirà il vero, o farà una cosa per sè buona ; e un altro, o per vergona, o per giusto timore, o per altra necessità negherà il vero o farà cosa per sè rea. . . . E questa dottrina si raccoglie così espressa e così chiara da Aristotile e da quanti filosofarono mai, che non rimane intorno a ciò che dubitare. . . . Onde, se nel tribunale della giustizia talora sedessero, non i rigidi e indotti assicuratori della legge scritta, ma i correttori della sua severità, e gl' interpretatori della mente dei legislatori, e gl'imitatori della divina giustizia, molte fiate i condannati sarebbon gli assoluti, e gli assoluti i condannati. Ma perciocchè il giudicar in tal modo, secondo la detta interpretazione, sebben non si disdice a' giudici ordinarii, nondimeno è proprio de' principi, che son legge viva e animata, concedasi aʼgiudici di seguir la comune usanza, purchè ai principi non si nieghi, o, per dir meglio, purchè essi, che tutto possono, a sè medesimi non lo neghino, nè alla lor grandezza lo stimino sconvenevole. Ma per avventura così è soverchia questa vera ragione, come è falso che il mio amico da mala intenzione fosse mosso ad operar contra me; pur, se non mi gioverà per aggravar lui, chè nè io in ciò desidero che mi giovi, almeno per disgravar alcune mie azioni d'in

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