Sayfadaki görseller
PDF
ePub

do italiani (mi si perdonerà questa frase?) Pindaro e Anacreonte. Tu il vedi cercatore studioso d'eletti modi, dominato da piacevoli fantasie, piacevole fautore, senz' abbiettezza, delle dignità e del potere; umano ancora, e schietto, e gentile, e soprattutto innamorato dell' arte, e tutto dedito ad essa. Le distinzioni meritate, anzichè comperate a prezzo della propria dignità, mostra di valutarle oltremodo; delle illustri amicizie si applaude ed esalta, qualunque sia la specie del lustro; e tuttavia, con volo veramente pindarico, dal fascino delle anticamere eccelse si riduce alla sua riviera, a' suoi poggi, all'aere temperato che circonda la sua casetta, al modesto suo censo, a' suoi libri, a' suoi versi, alla sua indipendenza. Ma che vo io preoccupando l'animo altrui, e indugiando il sicuro diletto della lettura?

Nel riprodurre la Lettera del Galileo alla granduchessa di Toscana, meglio che compensare il difetto delle più riputate edizioni del sommo matematico, che ne vanno senza, intendiamo porre sottocchio al lettore un esempio di modestia rara, non disgiunta da nobiltà d'animo e di forme di ragionare e di scrivere. Parrà a taluni la difesa troppo minuta, e cercato troppo valido appoggio a proposizioni cui bastava accennare; ma ciò fa pensare agli uomini e a' tempi. Per questo ancora non abbiamo tolte via alcune lunghe citazioni latine, tuttochè fosse questo a principio il

nostro divisamento. Chi se ne trovasse noiato non ha che a passar oltre. Non mancheranno all' incontro lettori, cui piaccia trovare nella sua interezza ogni cosa, tanto più, il ripetiamo, trattandosi di scrittura non facile a rinvenire. Avremmo potuto ricorrere ad una scelta di passi tratti dall' opere dell'autore stesso, che più facilmente ci dessero l' immagine del suo animo e de' suoi infortunii; ma que' passi, quell' animo, e quegl' infortunii sono nella cognizione d'ognuno. E per altra parte ci è sembrato che meglio tornasse all'intento del nostro volume, e alla varietà, questa lettera così distesamente dichiarativa il modo onde procedeva l'intelletto d'un Galilei, e come pesava le accuse che se gli davano anche ingiuste, e come stimava doverle ribattere, e a cui ricorrere, e con quali scritture. Tutto da notare, e tutto fecondo di ammaestramenti.

Una vecchiezza stanca delle dignità, delle magistrature, delle lettere, della gloria e del mondo, detta il Soliloquio che tien dietro alla scientifica discussione del Galilei: Che fo io? Che penso? Che aspetto? con quel che segue, dopo un' intonazione che sembrerebbe ricopiare il petrarchesco:

Che fai? Che pensi? Che pur dietro guardi
Al tempo che tornar non puote omai,

Anima sconsolata?

Ma al Paruta non era morta l'amante, ben le

speranze, quante avevano fatto gagliarda ed operante la sua gioventù. E di queste malinconie si troverebbero riscontri assai spessi ed evidenti negli uomini insigni di tutti i tempi, compresi gli antichi, a cui la religione tutto materiale e godereccia non toglieva dall' animo l'amaro sentimento che sorge tra il dolce d' ogni umana allegrezza, ed angoscia tra i fiori. Allo storico principale de' Veneziani, senatore riveritissimo, non male guardato dalla fortuna, unico rifugio è la confidenza nella misericordia di Dio, e il mirare alla sedia beata del Paradiso; mentre il timore de' falli commessi, e lo spavento della pena seguace terribilmente lo affanna. Così con occhi fastiditi riguarda egli nel mondo, e con penna tremante patteggia colla propria coscienza. Teofrasto, in quanto è narrato delle sconsolate parole proferite negli ultimi termini della sua vita, fa riscontro allo storico veneziano; solo che in questo la fede nella beatitudine eterna rende meno amara la tristezza, e lo salva dalla disperazione.

Dubitai se conchiudere colla Notizia di Didimo Chierico. Scrittore de'nostri giorni, e dopo tanti esempi forse soverchio. Ma pensai che potesse giovare anche quest'esempio recente. Troveranno in esso i leggitori molti richiami all' antico, e più d'una volta, per poco non direi, ricopiato il Chiabrera. Come in tanta imitazione fosse possibile tanta originalità non è facile

definire: bene si vede apertamente in più d' uno dei famosi, e continuamente in coloro che avvisandosi far tutto del proprio riescono i più grami degl' imitatori. Molto dello spirito che annacquato ci viene da scrittorelli di articolucci e di novellette onde avranno assai che ridere i posteri, se loro vengono inutili gli stimoli al sonno, è in questa notizia racchiuso come in essenza. Così va per vicenda. Il Foscolo traeva da molti lo stillato de' suoi libri; ora questo stillato stesso è diventato buona concia a bevande allungate senza proporzione veruna. Così va per lo appunto, quando negli studii è, più che bisogno, impudenza.

Brevemente delle edizioni. Per la Vita nuova abbiamo tenuto sottocchi la milanese del Pogliani 1827, contenti di rendere più divulgato un testo, che non fu pubblicato se non in sole sessanta copie. Della lettera del Tasso al Gonzaga, non avendo una particolare edizione che riempisse le lacune, abbiamo dovuto starcene alle consuete; solo studiandoci di non aggiugnere nulla del nostro agli errori antecedenti. L'apologia di Lorenzino è stampata sull' esempio dell' edizione pisana 1818. Nella vita del Chiabrera prendemmo a norma le venete stampe del Geremia. Quanto alla lettera del Galilei, non essendoci dato consultare la rarissima edizione elzeviriana 1636, ci attennemmo scrupolosamente alla napoletana, senza nome di stampatore, 1710. Il Soliloquio del Paruta secondo la

stampa, preferibile a ogni altra, del Nicolini, Venezia 1599: sta dopo a' discorsi politici, con antiporta separata. La Notizia di Didimo ripete nella nostra edizione la pisana 1813, dataci dai torchi di Gio. Rosini, co' caratteri del Didot, in calce alla traduzione del Viaggio sentimentale.

« ÖncekiDevam »