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ella fu la prima ora delle nove ultime ore della notte. Pensand' io a ciò che m' era apparito, propuosi di farlo sentire a molti, li quali erano famosi trovatori in quel tempo; e conciofossecosachè io avessi già veduto per me medesimo l' arte del dire parole per rima, propuosi di fare un Sonetto, nel quale io salutassi tutti gli fedeli d' Amore: e pregandogli, che giudicassono la mia visione, scrissi loro ciò che io aveva nel mio sonno veduto: e cominciai allora questo Sonetto:

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A ciascun' alma presa, e gentil core,
Nel cui cospetto viene il dir presente,
In ciò che mi riscrivan suo parvente,
Salute in lor Signore, cioè Amore..
Già eran quasi, ch' atterzate l' ore

Del tempo, ch' ogni stella è nel lucente,
Quando m', apparve Amor subitamente,
Cui essenzia membrar mi dà orrore.
Allegro mi sembrava Amor, tenendo

Mio core in mano, e nelle braccia avea
Madonna, involta in un drappo dormendo.
Poi la svegliava, e d' esto core ardendo
Lei paventosa umilmente pascea,

Appresso gir lo ne vedea piangendo.

questo Sonetto fu risposto da molti,

e di diverse sentenzie, tra' quali fu rispon

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ditore quelli, cui io chiamo primo degli amici miei: e disse allora un Sonetto, il qual comincia:

Vedesti, al mio parere, ogni valore, ec.

E questo fu quasi il principio dell' amistà tra me e lui, quand' egli seppe, che io era quegli, che gli aveva ciò mandato. Il verace giudicio del detto Sonetto non fu veduto allora per alcuno, ma ora è manifesto alli più semplici.

Da questa visione innanzi cominciò il mio spirito naturale ad essere impedito nella sua operazione, perocchè l' anima era tutta data nel pensare di questa gentilissimą: ond' io divenni in picciol tempo poi di si frale e debole condizione, che a molti amici pesava della mia vista: e molti, pieni d' invidia, già si procacciavano di saper di me quello, ch' io voleva del tutto celare ad altri. Ed io accorgendomi del malvagio addomandare, che mi facevano per la volontà d'Amore, il quale mi comandava, secondo 'I consiglio della ragione, rispondeva loro, che Amore era quegli, che m' avea cosi governato: diceva d' Amore, perchè io

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portava nel viso tante delle sue insegne, che questo non si potea ricoprire. E quando mi domandavano: per cui t' ha così disfatto questo Amore? ed io sorridendo gli guardava, e nulla dicea loro.

Un giorno avvenne, che questa gentilissima sedeva in parte, ove s'udivano parole della Reina della gloria, ed io era in luogo, dal qual vedea la mia beatitudine: e nel mezzo di lei e di me, per la retta linea, sedea una gentil donna di molto piacevole aspetto, la quale mi mirava spesse volte, maravigliandosi del mio sguardare, che pareva, che sopra lei terminasse; onde molti s' accorsero del suo mirare; ed intanto vi fu posto mente, che partendomi di questo luogo, mi sentii dire appresso: vedi, come cotal donna distrugge la persona di costui? e nominandola intesi, che diceano di colei, che mezza era stata nella linea retta, che moveva dalla gentilissima Beatrice, e terminava negli occhj miei. Allora mi confortai molto, assicurandomi, che 'l mio segreto non era comunicato il giorno altrui per mia vista, ed immantanente pensai di far di questa gentil donna schermo della verità: `e tanto ne mostrai in poco di tempo, che '1 mio segreto fu creduto sapere dalle più per

sone, che di me ragionavano. Con questa donna mi celai alquanti anni e mesi, e per più far credente altrui, feci per lei certe cosette per rima, le quali non è mio intendimento di scriver qui, se non inquanto facesse a trattar di quella gentilissima ·Beatrice; e però le lascerò tutte, se non che alcuna ne scriverò, che pare che sia lode di lei.

Dico, che in questo tempo, che questa donna era schermo di tanto amore, quanto dalla mia parte mi venne una volontà, di volere ricordar lo nome di quella gentilissima, ed accompagnarlo di molti nomi di donne, e specialmente di questa gentil donna: e presi li nomi di sessanta, le più belle donne della città, ove la mia donna fu posta dallo altissime Sire, e composi una pistola sotto forma di serventese, la quale io non iscriverò, e non n' avrei fatta menzione, se non per quello, che ponendola, maravigliosamente addivenne, cioè che in alcuno altro numero non sofferse il nome della mia donna stare, se non in sul nono, tra' nomi di queste donne.

La donna, colla quale io aveva tanto tempo celata la mia volontà, convenne che

si partisse della sopraddetta città, e andasse in paese lontano. Perchè io quasi sbigottito della bella difesa, che m' era venuta meno,` ássai me ne sconfortai, più che io medesi mo non avrei creduto dinanzi: e pensando, che, se della sua partita io non parlassi alquanto dolorosamente, le persone sarebbero accorte piuttosto del mio nascondere, propuosi adunque di fare alcuna lamentanza in un Sonetto, lo quale io scriverò, perciocchè la mia donna fu immediata cagione di certe parole che nel Sonetto sono, siccome appare a chi lo 'ntende; ed allora dissi questo Sonetto:

O voi, che per la via d' Amor passate,
Attendete, e guardate,

S' egli è dolore alcun, quanto 'I mio, grave:
E priego sol, ch' a udir mi soffriate;

E poi immaginate,

S' io son d'ogni dolore ostello e chiave. Amor, non già per mia poca bontate,

Ma per sua nobiltate,

Mi pose in vita sì dolce e soave,
Ch'i' mi sentia dir dietro spesse fiate:
Dio! per qual dignitate

Così leggiadro questi lo cor have?
Ora ho perduta tutta mia baldanza,

Che si movea d' amoroso tesoro:

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