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Ch' ognora par che trovi;

E vertù per esempio ha chi lui piglia.
O falsi cavalier malvagi e rei,

Nemici di costei,

Ch' al prenze delle stelle s' assimiglia.

Dona e riceve l' uom, cui questa vuole;
Mai non sen dole;

Nè 'l sole, per donar luce alle stelle,
Ne per prender da elle

Nel suo effetto ajuto;

Ma l' uno e l'altro in ciò diletto tragge.
Già non s' induce ad ira per parole;

Ma quelle sole

Ricole, che son bone; e sue novelle
Tutte quante son belle.

Per se è car tenuto,

E desiato da persone sagge:

Che dell' altre selvagge

Cotanto lode, quanto biasmo prezza.

Per nessuna grandezza

Monta in orgoglio; ma quando gl' incontra,

Che sua franchezza gli convien mostrare,

Quivi si fa laudare.

Color, che vivon, fanno tutti contra.

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Doglia mi reca nello core ardire

A voler, ch'è di veritate amico;
Però, donne, s' io dico

Parole, quasi contra a tutta gente,
Non vi maravigliate,

Ma conoscete il vil vostro desire:

Che la biltà, ch' Amore in voi consente,

A virtù solamente

Formata fu dal suo decreto antico,

Contra lo qual fallate.

Io dico a voi, che siete innamorate:

Che se beltate a voi

Fu data, e vertù a noi,

Ed a costui di due potere un fare,

Voi non dovreste amare,

Ma coprir quanto di biltà v'è dato;

Poi che non è vertù, ch' era suo segno.
Lasso, a che dicer vegno?

Dico, che bel disdegno

Sarebbe in douna di ragion lodato,

Partir da se biltà per suo comiato.

Uomo da se vertù fatta ha lontana:

Uomo non già, ma bestia, ch' uom somiglia;
O Dio qual meraviglia,

Voler cadere in servo di signore?

Ovver di vita in morte?

Ver

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Vertute al suo fattor sempre sottana
Lui obbedisce, a lui acquista onore,
Donne, tanto ch' Amore

La segna d'eccellente sua famiglia
Nella beata corte,

Lietamente esce dalle belle porte:

Alla sua donna torna:

Lieta va, e soggiorna :

Lietamente ovra suo gran vassallaggio,

Per lo corto viaggio

Conserva, adorna, accresce ciò che trova;

Morte repugna sì, che lei non cura.

O cara ancella e pura,

Colt' hai nel ciel misura;

Tu sola fai signore: e questo prova
Che tu se' possession che sempre giova,

Servo, non di Signor, ma di vil servo
Si fa, chi da cotal Signor si scosta.
Udite quanto costa,

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Se ragionate l'uno e l' altro danno,
A chi da lei disvia.

Questo servo, Signor, quanto è protervo?

Che gli occhi, ch' alla mente lume fanno,
Chiusi per lui si stanno,

Sì che gir ne conviene all' altrui posta:
Ch' adocchia pur follia;

E però che 'l mio dire util vi sia,
Discenderò del tutto

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In parte, ed in costrutto

Più lieve, perchè men grave s' intenda
Che rado sotto benda

Parola oscura giugne allo 'ntelletto;
Perchè parlar con voi si vuole aperto.
E questo vo' per mexto,

Per voi, non per me certo,

Ch' aggiate a vil ciascuno ed a dispetto;
Ch' assimiglianza fa nascer diletto.

Chi è servo, è come quel, ch'è seguace
Ratto a signore, e non sa, dove vada,
Per dolorosa strada,

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Come l'avaro seguitando avere,

Ch' a tutti, signoreggia:

Corre l'avaro, ma più fugge pace

(O mente cieca, che non puoi vedere
Lo tuo folle volere!)

Col numero, ch' ogn' ora passar bada:
Che 'nfinito vaneggia.

Ecco giunti a colei che ne pareggia;

Dimmi, che hai tu fatto,

Cieco, avaro, disfatto?

Rispondimi, se puoi: altro che nulla;
Maledetta tua culla,

Che lusingò cotanti sonni invano!
Maledetto lo tuo perduto pane,

Che non si perde al cane!

Che da sera e da mane

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Hai ragunato, è stretto ad ambe mano
Ciò che si tosto si farà lontano.

Come con dismisura si raguna,
Così con dismisura si distringe:
Quest'è che molti pinge

In suo servaggio; e s' alcun si difende,
Non è senza gran briga.

Morte, che fai? che fai, bona fortuna?
Che non solvete quel che non si spende?
Se 'l fate, a cui si rende?

Nol so; poscia che tal cerchio ne cinge
Chi di lassù ne riga;

Colpa della ragion, che nol gastiga:
Se vuol dire: io son presa;

Ah com' poca difesa

Mostra signore, a cui servo sormonta.

Qui si raddoppia l' onta,

Se ben si guarda là, dov' io addito:
Falsi animali a voi, e d' altrui crudi,
Che vedete gir nudi

Per colli e per paludi,

Uomini, innanzi a cui vizio è fuggito;

E voi tenete vil fango vestito.

Fassi dinanzi dallo avaro volto

Vertù, ch' e suoi nemici a pace invita,
Con matera pulita,

Per allettarlo a se; ma poco vale :

Ka

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