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Allora cresce 'l sfrenato desiro,

E tuttor sempre, nè si chiama stanco
Fin che a porto m' ha scorto,

Che si converta in amaro sospiro:
E pria che spiri, io rimango bianco,
A simile d' uom morto:

E s'egli avvien ch' io colga alcun conforto,
Immaginando l' angelica vista,

Ancor di certo ciò non m' assicura,

Anzi sto in paura;

Perchè di rado nel vincer s' acquista,
Quando che della preda si contrista.

Luce ella nobil nell' ornato seggio,
E signoreggia con un atto degno,
Qual ad essa convene:

Poi sulla mente dritto lì per meggio
Amor si gloria nel beato regno,
Ched ella onora e tene;

Sì che li pensier c' hanno vaga spene,
Considerando sì alta conserba,

Fra lor medesmi si coviglia e strigne:
E d' indi si dipigne

La fantasia, la qual mi spolpa e snerba,
Fingendo cosa onesta esser acerba.

Così m' incontra insieme ben e male:

Che la ragion, che 'l netto vero vuole,
Di tal fin è contenta:

Ed è conversa in senso naturale,
Perchè ciascun affan, chi 'l prova, duole,
E sempre non alienta:

E di qualunque prima mi rammenta,
Mi frange lo giudizio mio molto :
Nè diverrà mi credo mai costante;
Ma pur sì come amante

Appellomi soggetto al dolce volto,
Ne mai lieto sarò, s' ei mi fia tolto.

Vattene, mia Canzon, ch' io te ne prego, Fra le person che volentier t' intenda :

E se t'arresta di ragionar sego,

E di' lor, ch' io non vego,

Nè temo, che lo palegiar m' offenda:

Io porto nera vesta, e sottil benda.

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Da che ti piace, Amore, ch' io ritorni
Nell' usurpato oltraggio

Dell' orgogliosa e bella, quanto sai,
Allumale lo cor, sì che s' adorni
Coll' amoroso raggio

A non gradir, che sempre traggia 'guai;
E se prima intendrai

La nova pace, e la mia fiamma forte,

E lo sdegno che mi crucciava a torto,

E la ragion per cui chiedeva morte;
Sarai ivi in tutto accortò;

Poscia, se tu m' uccidi, ed haine voglia,
Morrò sfogato, e fiemene men doglia.

Tu conosci, Signore, assai di certo,
Che m' creasti sempre atto

A servirti; ma non era io ancor morso
Quando di sotto il ciel vidi scoperta
Lo volto, ond' io son catto;

Di che gli spiritelli ferno corso
Ver Madonna a destroyso.

Quella leggiadra, che sopra vertute

È di beltate di se stessa,
vaga

Mostra ponerli subito a salute.
Allor fidansi ad essa,

E poi che furon stretti nel suo manto,
La dolce pace li converse in pianto

Io che pur sentia costor dolersi,

Come l'affetto mena,

Molte fiate corsi avanti a lei.

L'anima, che per ver dovea tenersi,
Mi porse alquanto lena,

Ch' io mirai fiso gli occhi di costei.
Tu ricordar ten dei,

Che mi chiamasti col viso soave:

Ond' io sperai allento al maggior carco,

E tosto che ver me strinse la chiave,

Con benigno rammarco

Mi compiagnevi, e 'n atto sì pietoso,

Che al tormento me 'nfiammo più giojoso.

Per la vista gentil, chiara e vezzosa,

Venni fedel soggetto,

Ed aggradiami ciascun suo contegno,
Gloriandomi servir sì gentil cosa.
Ogni sommo diletto

Posposi, per guardar nel chiaro segno::
Sì m' ha quel crudo sdegno,

Per consumarmi ciò che ne fu manco,
Coperse lumiltà del nobil viso,

Onde discese lo quadrel nel fianco,
Che vivo m' ave ucciso:

Ed ella si godea vedermi in pene,
Sol per provar, se da te valor vene.

I così lasso, innamorato e stracco,

Desiderava norte,

Quasi per campo diverso martiro,

Che 'l pianto m' avea già sì rotto e fiacco,
Oltra l'umana sorte,

Ch' io mi credea ultimo ogni sospiro.

Pur l'ardente desiro

Tanto poi mi costrinse a sofferire,

Che per l'angoscia tramortitti in terra:
E nella fantasia odiami dire,

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Ben converrà ch' io ne perisse ancora;
Sì ch'io dottava amar per gran paura.

Signor, tu m' hai intesa

La vita ch' io sostenni, teco stando:
Non ch' io ti conti questa per difesa,
Anzi ti obbedirò nel tuo comando;
Ma se di tal impresa

Rimarrò morto, e che tu mi abbandoni,
Per Dio ti prego almen, che a lei perdoni.

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L'uom che conosce è degno ch' aggia ardire, E che s' arrischi quando s'assicura

Ver quello, onde paura

Può per natura, o per altro avvenire:
Così ritorno i ora, e voglio dire,

Che non fu per ardir, s' io puosi cura
A questa criatura,

Ch' io vidi quel che mi venne a ferire;
Perchè mai non avea veduto Amore,

Cui non conosce il core, se nol sente,
Che par propiamente una salute,
Per la vertute della qual si cria;

Poi a ferire va via con un dardo

Ratto, che si congiunge al dolce sguardo.

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