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Quando gli occhj riguardan la biltate,
E trovan lo piacer destar la mente,
L'anima e il cor si sente,

E miran dentro la propietate,
Stando a veder sena' altra volontate,
Se lo sguardo si giunge immantenente,
Passa nel cor ardente

Amor, che par uscir di claritate :
Così fui io ferito risguardando;
Poi mi volsi tremando nei sospiri.
Nè sia chi più mi risvegli giammai,
Ancor che mai io non possa campare:
Che sel vo' pur pensare, tremo tutto;'
Di tal guisa conosco il cor distrutto.

Poi mostro che la mia non fu arditanza: Non ch' io rischiassi il cor nella veduta · Posso dir ch'è venuta

Negli occhi miei drittamente pietanza;
E sparta è per la viso una sembianza,
Che vien dal cor, ov'è sì combattuta
La vita, ch'è perduta:

Perchè soccorso suo non ha possanza.
Questa pietà vien, come vuol natura;
Poi dimostra in figura lo cor tristo,
Per farmi acquisto solo di mercede:
La qual si chiede como si conviene,
Là 've forza non viene di Signore,
Che ragion tegna di colui che more.

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Canzon, odir si può la tua ragione;
Ma non intender sì, che sia approvata,
Se non da innamorata

E gentil alma, dove Amor si pone;
E però tu sai ben con quai persone
Dei gir a star, per esser onorata:
E quando sei guardata,

No sbigottir nella tua openione:
Che ragion t'assicura, e cortesia ;
Dunque ti metti in via chiara e palese
D'ogni cortese ed umile servente,
Liberamente, come vuoi ti appella,
E di, che sei novella d' un che vide
Quello Signor, che chi lo sguarda occide.

CANZ O NE XXI.

Io non pensava che lo cor giammai
Avesse di sospir tormento tanto,
Che dall' anima mia nascesse pianto,
Mostrando per lo viso gli occhj morte.
Non sentì pace mai, nè riso alquanto,
Poscia che Amor e Madonna trovai:
Lo qual mi disse: tu non camperai,
Che troppo è lo valor di costei forte.
La mia vertù si part! sconsolata,
Poi che lasciò lo core

Alla battaglia, ove Madonna è stata,

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La qual dagli occhj suoi venne a ferire
In tal guisa, ch' Amore

Ruppe tutti i miei spiriti a fuggire.

Di questa donna non si può contare,
Che di tante bellezze adorna viene,
Che mente di quaggiù non la sostene;
Si che la veggia lo 'ntelletto nostro,
Tanto è gentil, che, quando penso bene,
L'anima sento per lo cor tremare;

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Si come quella che non può durare
Davante al gran dolor, che a lei dimostro.
Per gli occhi fiere la sua claritate,

Sì che qual uom mi vede,

Dice: non guardi me questa pietate,
Che post' è 'n vece di persona morta,
Per dimandar mercede;

E non se n'è Madonna ancora accorta.

Quando mi ven pensier, ch' io voglia dire
A gentil core della sua vertute,

Io trovo me di sì poca salute,

Ch' io non ardisco di star nel pensero:
Ch' Amor alle bellezze sue vedute,
Mi sbigottisce sì, che sofferire
Non puote 'l cor, sentendola venire:
Che sospirando dice: io ti dispero.
Però ch' io trassi del suo dolce riso
Una saetta acuta,

Cha passato il tuo, e 'l mio diviso:
Amor, tu sai allora, ch' io ti dissi,
Poi che l'avei veduta,

Per forza converrà, che tu morissi.

Canzon, tu sai che dei labbri d'Amore
Io ti sembrai, quando Madonna vidi;
Però ti piaccia che di te mi fidi:
Che vadi in guisa a lei, ch' ella t'ascolti,
E prego umilemente a lei tu guidi!
Gli spiriti fuggiti del mio core,
Che per soverchio dello suo valore
Eran destrutti, se non fosser volti:
E vanno soli senza compagnia
Per via troppo aspra e dura;
Però gli mena per fidata via.

Poi le di', quando le sarai presente:
Questi sono in figura

D'un che si more sbigottitamente.

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L'alta speranza che mi reca Amore

D' una donna gentile, ch' ho veduta,
L' anima mia dolcemente saluta,

E falla rallegrar entro lo core;

Perchè si face, a quel ch' ell' era, strana,
E conta novitate,

Come venisse di parte lontana :
Che quella donna piena d' umiltate,
Giugne cortese e umana,

E posa nelle braccia di pietate.

Escon tali e sospir d' esta novella,

Ch' io mi sto solo, perch' altri non gli oda,
E 'ntendo Amor, come Madonna loda,
Che mi fa viver sotto la sua stella.

Dice il dolce Signor: questa salute
Voglio chiamar laudando

Per ogni nome di gentil veṛtute,

Che propiamente tutte ella adornando
Sono in essa cresciute,

Ch' a bona invidia si vanno adastando.

Non può dir, nè saver quel ch' assimiglia,

Se non chi sta nel ciel, ch'è di lassuso,
Perch' esser non ne può già cor astioso:
Che non dà invidia quel ch' è meraviglia,
Lo quale vizio regna ov'è paraggio;

Ma questa è senza pare,

E non so esempio dar, quanto ella è maggio.
La grazia sua, a chi la può mirare,

Diseende nel coraggio,

E non vi lascia alcun difetto stare.

Tant'è la sua vertute e la valenza,

Ched ella fa meravigliar lo sole:

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