Ond' io pover dimoro, In guisa, che di dir mi vien dottanza; Che per vergogna celan lor mancanza, E dentro dallo cor mi struggo e ploro. Appresso" partire di questa gentil don na fu piacere del Signore degli Angeli, di chiamare alla sua gloria una donna giovane di gentile aspetto molto, la qual fu assai graziosa in questa sopraddetta città, lo cui corpo io vidi giacere sanza anima, in mezzo di molte donne, le quali piangeano assai pictosamente. Allora, ricordandomi, che già l' avea veduta far compagnia a quella gentilissima, non potei sostenere alquante lacrime; anzi piangendo, mi propuosi di dire alquante parole nella sua morte, in guidardone di ciò che alcuna fiata l' avea veduta colla mia donna; e di ciò toccai alcuna cosa nell' ultima parte delle parole che io ne dissi, siccome appare manifestamente a chi le 'ntende: e dissi allora questi due Sonetti, de' quali comincia il pri mo: Piangete, amanti; e 'l secondo: Morte villana Piangete, amanti, poi che piange Amore, 1 Ch'i' 'l vidi lamentare in forma vera Morte villana, e di pietà nimica, Giudicio incontrastabile, gravoso, Di te biasmar la lingua s' affatica: Conviensi, che io dica Lo tuo fallir, d' ogni torto tortoso; Chi d' Amor per innanzi si nutrica. E ciò che 'n donna è da pregiar virtute: In gaja gioventute Distrutta hai l'amorosa leggiadria. Non speri mai aver sua compagnia. Appresso la morte di questa donna alquanti di avvenne cosa, per la quale mi convenne partire della sopraddetta città, e andare verso quelle parti, dov' era la gentil donna, la quale era stata mia difesa; avvegnachè non tanto fosse lontano il termine del mio andare, quant' ell' era, e tuttochè io fossi alla compagnia di molti, quanto alla vista, l'andare mi dispiacea; sicchè quasi li sospiri non potevano disfogar l l' angoscia, che 'l cuor sentiva, perocchè io mi dilungava dalla mia beatitudine. E però il dolcissimo Signore, il quale mi signoreg gia per virtù della gentilissima donna, nella mia immaginazione apparve come pellegrino, leggiermente véstito, e di vili drap pi. Egli mi pareva sbigottito, e guardava la terra, salvo che tal' otta gli suoi occhj mi parea, che si volgessero ad un fiume bello, e corrente, e chiarissimo, il qual sen gia lungo questo cammino, là ove io era. A me parve, che Amor mi chiamasse, e di cessemi queste parole: io vegno da quella donna, la quale è stata lunga tua difesa, e so, che 'l suo rivenire non sarà; e però quel cuore, che io ti faceva aver da lei, io l'ho meco, e portolo a donna, la qual sarà tua difensione, come costei (e nominollami, sicchè io la conobbi bene); ma tuttavia di queste parole, ch' io t'ho ragio nate, se alcuna cosa ne dicessi, dille per modo, che per loro non si discernesse il simulato amore, che tu hai mostrato a questa, e che ti converrà mostrare ad altri. E dette queste parole, disparve questa mia immaginazione tutta subitamente, per la grandissima parte, che mi parve, che Amore mi desse di se; e quasi cambiato nella vista mia, cavalcai quel giorno pensoso molto, e accompagnato da molti sospiri. Appresso 'l giorno cominciai di ciò questo Sonetto: Cavalcando l' altr' ier per un cammino, E sospirando pensoso venia, Per non veder la gente, a capo chino. Quande Quando mi vide, mi chiamò per nome, Allora presi di lui sì gran parte, Ch' egli disparse, e non m' accorsi come, Appresso la mia ritornata mi misi a cer care di questa donna, che 'l mio Signore m' avea nominata nel cammino de' sospiri. Ed acciocchè 'l mio parlare sia più brieve, dico, che in poco tempo la feci mia difesa, tanto, che troppa gente ne ragionava oltre a' termini della cortesia: onde molte fiate mi pesava duramente. E per questa cagione, cioè di questa soperchievole boce, che pareva che m' infamasse viziosamente, quella gentilissima, la quale fu distruggitrice di tutti li vizj, e reina del le virtù, passando per alcuna parte, mi nego il suo dolcissimo salutare, nel quale stava tutta la mia beatitudine. Ed uscendo alquanto del proposito presente, voglio dare ad intendere quello, che 'l suo salu tare in me virtuosamente operava. 1 Dico che, quand' ella appariva da parte alcuna, per la speranza dell' ammirabile salute, nullo nimico mi rimaneva; anzi mi Dante, B |