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v. 3. al. Faceva lacrimar l'altre persone.
v. 13. al. La vostra donna,

P. 75. Son. Questo Sonetto ha tre parti. Nella prima comincio a dire a questa donna, come 'l mio desiderio si volge tutto verso lei. Nella seconda dico, come l' anima, cioè la ragione, dice al cuore, cioè all' appetito. Nella terza dico, com' ella risponde. La seconda parte comincia: L'anima dice. La terza: Ei le risponde.

V. 11. al. innanzi a me

v. 13. al. Mosso è dagli occhj.

v. 14. al. de' nostri martiri.

P. 77. partio, maniera antica per partì.

Son. Questo Sonetto non si divide, perocchè assai il manifesta la sua ragione.

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v. 12. al. Però che gli hanno in lor, li dolorosi.

P. 80. Son. Questo Sonetto non si di vide, perocchè assai il manifesta la sua ragione.

v. 9. al. per volerlo udire,

P. 81. Son. Questo Sonetto ha in se cinque parti. Nella prima dico, là ove va il mio pensiero, nominandol per nome d' alcuno suo effetto. Nelia seconda dico, perchè va lassù, chi 'l fa cosi andare. Nella terza dico quello che vide, cioè, una donna onorata lassù; e chiamolo allora spirito peregrino, acciocchè spiritualmente va lassù;

e siccome peregrino è fuori della sua patria vista. Nella quarta dico, com' egli la vede, cioè in tale qualità, che io non la posso intendere: cioè a dire, che 'l mio pensiero sale nella qualità di costei in grádo, che mio intelletto no 'l'può comprendere; con. ciossiacosachè nostro intelletto s' abbia a quelle benedette anime, come l'occhio nostro debole al sole: e ciò dice, il Filosofo nel secondo della Metafisica. Nella quinta dico, che avvegnach' io non possa vedere, là ove pensiero mi trae, cioè alla sua mirabile qualità, almeno intendo questo, cioè, che tutto è il cotal pensare della mia donna, perchè io sento spesso il suo nome nel mio pensiero. E nel fine di questa quinta parte dico: donne mie care, a dare ad intendere, che son donne quelle, a cui io parlo. La seconda parte comincia: Intelligenza nova. La terza: Quand' egli è giunto. La quarta: Vedela tal. La quinta: So io, ch' el parla. Potrebbesi più sottilmente ancora dividere, e più sottilmente fare intendere; ma puossi passare con questa divisione; e però non mi trametto di più dividerlo.

v. 12 e 13. al. Se non che parla di quella gentile, Per cui sovente ricorda Beatrice,

P. 81. una mirabil visione, la visione, che racconta nella sua Divina Commedia, nella quale dice della sua Beatrice quello, che mai non fù detto d' al

cuna.

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LE RIM E.

Le Rime, che compose Dante oltre quelle, che sono comprese nella Vita Nuova e nel Convivio, furono stampate la prima volta in Firenze per gli eredi di Filippo di Giunta 1527. in 8. fra i Sonetti ele Canzoni di diversi antichi autori Toscani, raccolti da Bernardo di Giunta. Questa raccolta è scompartita in X libri (veramente sono XI), dei primi quattro sono formati con le Rime di Dante. Fu ristampata questa 1ara edizione prima in Venezia per Gio. Antonio e Fratelli Niccolini di Sabbio nel 1532 in 8.; poi distinta in XII libri, con aggiunte notabili, pure in Venezia appresso Cristoforo Zane, nel 1731 in 8., e di nuovo per il medesimo Zane 1740. Esiste ancora un' impressione delle Canzoni • dei Madrigali di Dante, che è più volte citata dal Pasquali; ma è rarissima. La migliore raccolta delle dette Kime si trova nelle Opere di Dante, pubblicate dal Pasquali, Venezia 1741 e 1772. in 8. e nella edizione di Zatta, pure in Venezia, 1757 e 1760. in 4.

Dalle Canzoni ho trovato ancora un' impressione più antica in fine della Divina Commedia, stampata col Comento del Landino in Venezia, per Pietro Cremonese, detto Veronese, nel 1491. addì 18 di Novembre, in foglio. Ma questa rara edizione mi è capitata troppo tardi nelle mani, per poter riscon trare il suo testo.

Pag. 85. Son. I. v. 4. Questo verso è il principio d'una Canzone del Convivio, la quale si truova a pag. 176 di questa edizione.

v. 6. altri leggono: i vostri guai;

P. 86. Son. II. v. 13. al.

È per raccomandarvi un, che si mare,

P. 86. Son. III. Il Pilli attribuisce questo Sonetto a M. Cino.

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v. 14. al. per voler dal cor partire.

P. 87. Son. IV. v. 4. al. ch'è men dura?

v. 14. Gli antichi credevano, che le perle prendessero la loro origine dal cielo, ovvero dalla rugiada, la quale cade di notte dalle stelle. Così Plinio, Histor. natur. Lib. IX. LIV.

Origo atque genitura conchae est haud multum ostrearum conchis differens. Has ubi genitalis anni stimulaverit hora, pandentes sese quadam oscitatione, impleri roscido conceptu tradunt, gravidas postea niti, partumque concharum esse margaritas, pro qualitate roris accepti: si purus influxerit, candorem conspici: si vero turbidus, et fetum sordescere: eundem pallere, caelo minante conceptum: ex eo quippe constare, caelique eis majorem societatem esse, quam maris: inde nubilum trahi colorem, aut pro claritate matutina serenum. etc.

E nel Pervigilium Veneris, v. 20.

Humor ille, quem serenis astra rorant noctibus, etc. Vedi anche Solini Polyhist. 53. Salmas. exercit. Plin. p. 798. Ed. II.

-Altri leggon: di pietra margherita.

P. 87. Son. V. v. 5.

versi:

· 8. Altri leggon questi

E gli suoi raggi sovra 'l mio cor piove
Tanta paura, che mi fa tremare,
E dicer, ch' io non voglio mai tornare,

Da poi ch' io perdo tutte le mie prove.

P. 88. Son, VI. Il Pilli fece imprimere questa Sonetto fra le rime di M. Cino.

P. 88. Son. VII. v. 5. al.

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Or dunque, s'ella ha in core uom, che l' adocchi, 8. al. pur s' impannochi.

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P. 89. Son. IX. Il Pilli fa M. Cino autore di, questo Sonetto.

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v. 6. l'uno e l' altro viso, il viso degli occhi, e quello dell' intelletto. Altri leggon:

G

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M abbaglia tanto l'uno e l'altro il viso,

v. 8. al. come mio duce:

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P. go. Son. XI. v. 10. al. ch' io no v'ho servita.

P. 91. Son. XIII. Priega il poeta l' Amore di liberare la sua donna dal pericolo di morte, nel quale si trovava.

v. 3. Per lei, per questa pietà, che da te non fugge.

v. 3. 4. segq, l' ordine ed il senso è: io ti prie go, Signor (Amore), che tu quel, che la giustizia uccide (la Morte), isvaghi con la tua dritta (poderosa) mun di tal piacer (di tor la vita a Madonna) che paghi, che ne faccia la penitenza.

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