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E veder donne andar per via disciolte,
Qual lacrimando, e qual traendo guai,
Che di tristizia saettavan foco.

Poi mi parve vedere appoco, appoco
Turbar lo sole, ed apparir la stella,
E pianger egli ed ella:

Cader gli augelli, volando per l' a're,
E la terra tremare:

E uom m' apparve scolorito e fioco,
Dicendomi: che fai? non sai novella?
Morta è la donna tua, ch' era sì bella.

Levava gli occhj miei bagnati in pianti,

E vedea, che parean pioggia di manna,
Gli Angeli, che tornavan suso in cielo:
Ed una nuvoletta avean davanti,
Dopo la qual gridavan tutti: Osanna!
E s' altro avesser detto a voi dirielo.
Allor diceva Amor: più non ti celo:
Vieni a veder nostra donna, che giace.
L'immaginar fallace

Mi condusse a veder mia donna morta;
E quando l' avea scorta,

Vedea, che donne la covrian d' un velo:

Ed avea seco una umiltà verace,

Che parea che dicesse: io sono in pace.

Io diveniva nel dolor sì umile,

Veggendo in lei tanta umiltà formata,

Ch

Ch' io dicea: Morte, assai dolce ti
Tu dei omai esser cosa gentile,

tegno:

Poi che tu se' nella mia donna stata:

E dei aver pietate, e non disdegno.
Vedi, che sì desideroso vegno

D'esser de' tuoi, ch' io ti somiglio in fede
Vieni, che 'l cor ti chiede.

Poi mi partia consumato ogni duolo:
E quando io era solo,

Dicea, guardando verso l' alto

regno:

Beato, anima bella, chi ti vede.

Voi mi chiamaste allor, vostra merzede.

Appresso questa vana immaginazione av viene un di, che sedend' io pensoso in alcuna parte, ed io mi sentii cominciare un tremito nel cuore, così come se io fossi stato presente a questa donna. Allora dico, che mi giunse una immaginazione d' Amore, che mi parve vederlo venire da quella parte, ove la mia donna stava: e pareami, che lietamente mi dicesse nel cuor mio: pensa di benedir lo di, che io ti presi, poi chè tu' dei fare; e certo e mi pareva avere il cuor si lieto, che non mi parea, che e' fosse 'l mio cuore, per la sua nuova condizione. E poco dopo queste parole, che 'l cuor mi disse colla lingua d' Amore, io vidi venire verso me una gentil donna, D Dante.

la quale era di famosa beltà: e fu già molto 'donna di questo primo amico mio: e 'l nome di questa donna era Giovanna, salvo che per la sua biltà (secondo ch' altri crede) imposto l'era nome Primavera, e così era chiamata. Ed appresso a lei guardando, vidi venire la mirabil Beatrice. Queste donne andarono presso me, così l' una appresso l'altra: e parve che Amore mi parlasse nel cuore, e dicesse: quella prima è nominata Primavera, solo per questa venuta d'oggi, che io mossi lo 'mponitore del nome, a chiamarla cosi Primavera, cioè prima verrà lo di, che Beatrice si mostrerà dopo la immaginazione del suo fedele. E se anco voglio considerare il primo nome suo, tanto è a dire, quanto Primavera; perocchè il suo nome Giovanna è da quel Giovanni, il quale precedette la verace luce, dicendo: ego vox clamantis in deserto: parate viam Domini. Ed anche mi pare, che mi dicesse dopo queste parole altre cose. E chi vo lesse considerare sottilmente quella Beatrice, chiamerebbe Amore per molta símiglianza, che ha meco. Onde io poi ripensando, proposi di scrivere in rima al mio primo amico, tacendomi certe parole, le quali pareano da tacere, credendo io, che ancora lo suo cuore mirasse le biltà di que

sta Primavera gentile; e dissi questo So

netto :

Io mi senti' svegliar dentro dal core
Un spirito amoroso, che dormia :
E poi vidi venir da lungi Amore,
Allegro sì, ch' appena il conoscia,
Dicendo:
: or pensa pur di farmi onore;
E ciascuna parola sua ridia.

E poco stando me col mio Signore,
Guardando in quella parte, onde venia,
I vidi mona Vanna e mona Bice

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Venire in ver lo loco, là ov' io era,

L' una appresso dell' altra maraviglia:
E sì come la mente mi ridice,

Amor mi disse: questa è Primavera ;

E quella ha nome Amor sì mi somiglia.

Potrebbe qui dubitar persona, degna da dichiararli ogni dubitazione, e dubitar potrebbe di ciò, che io dico d' Amore, come se fosse una cosa per se, e non solamente sustanzia intelligente, ma siccome fosse sustanzia corporale: la qual cosa, secondo la verità, è falsa, che Amore non è per se, siccome sustanzia, ma è uno accidente in sustanzia. E che io dica di lui, come se fosse corpo, ancora come se fosse uomo, appare per tre cose, che io dico di

lui. Dico, ch' io 1 vidi venire: onde, conciossiacosachè il venire dica moto loca le, e localmente mobile per se, secondo il Filosofo, sia solamente corpo: appare, che io ponga, Amore esser corpo. Dico anche di lui, ch' egli ridea, ed anche, che parlava, le quali cose pajono essere proprie dell' uomo, e spezialmente essere risibile; e però appare, che 'io ponga, lui essere uomo. A cotal cosa dichiarare, secondo che è buono al presente, prima è da intendere, che anticamente non erano dicitori d' Amore certi poeti in lingua volgare, anzi erano dicitori d' Amore certi poeti in lingua latina; tra noi, dico, avvegna forse tra altra gente avvenisse; ed avvenga ancora, siccome in Grecia, non volgari, ma litterati poeti queste cose trattavano. E non è molto numero d' anni passati, che apparirono questi poeti volgari, (che dire per rima in volgare, tanto è, quanto dire per versi in latino) secondo alcuna proporzione

segno, che sia piccol tempo; e se vole. mo guardare in lingua d' oco, e in lingua di si, noi non troviamo cose dette anzi il presente tempo centocinquanta anni. E la cagione, perchè alquanti grossi ebber fama di saper dire, è, che quasi furon gli primi in lingua di si. Ed il primo, che comin

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