Nel secol, che t'è già tanto nojoso, Come soave e dolce mio tiposo: E dico: vieni a me; con tanto amore, E' si raccoglie negli miei sospiri Che va chiamando morte tuttavia: Fu giunta dalla sua crudelitate; Luce d' Amor, che gli Angeli saluta: E lo 'ntelletto loro alto e sottile Face maravigliar, sì n'è gentile. In quel giorno, nel quale si compieva l'anno, che questa donna era fatta delle cittadine di vita eterna, io mi sedeva in parte, nella quale, ricordandomi di lei, io "disegnava uno Angelo sopra certe tavolette: e mentre io il disegnava, volsi gli occhj, e vidi lungo me uomini, alli quali si conveniva di fare onore: e riguardavano quel lo che io facea: e secondochè mi fu detto poi, essi erano stati già alquanto, anzi che io me n' accorgessi. Quando gli vidi, mi levai, e salutando loro, dişsi: altri era testè meco, e perciò pensava. Onde partiti costoro, ritornato alla mia opera, cioè del disegnare, facendo ciò, mi venne un pensiero di dire parole per rima, quasi per annovale di lei e scrivere a costoro, li quali erano venuti a me; e dissi allora questo Sonetto, il quale comincia: Era venu ta. Questo Sonetto ha due cominciamenti; l'uno è: Era venuta nella mente mia La gentil donna, che per suo valore Nel ciel dell' umiltà, dov'è Maria. Il secondo cominciamento è: Era venuta nella mente mia Quella donna gentil, cui piange Amore, S'era svegliato nel distrutto core, Piangendo uscivan fuori del mio petto, Le lagrime dogliose agli occhj tristi. Poi per alquanto tempo, conciofossecosachè io fossi in parte, nella quale mi ricordava del passato tempo, molto stava penBoso, e con dolorosi pensamenti, tantochè mi facevan parere di fuori unà vista di terribile sbigottimento. Ond' io accorgendomi del mio travagliare, levai gli occhj per vedere, se altri mi vedesse. Allora vidi, che una gentil donna da una finestra mi guardava si pietosamente, quanto alla vista, che tutta la pietà pareva in lei raccolta. Onde, conciossiacosachè, `quando i miseri veggiono di loro compassione altrui, piuttosto si muovono a lacrimare, quasi come di se stessi avendo pietà; io sentii allora gli miei occhj cominciare a volere piangere: e però temendo di non mostrare la mia vil vita, mi partii dinanzi dagli occhi di questa gentile, e dicea poi fra me medesimo: e' non può essere, che con quella piatosa donna non sia nobilissimo Amore; e però propuosi di dire un Sonetto, nel quale io parlassi a lei, e conchiudessi in esso tutto ciò, che narrato è in questa ragione; e cominciai: Videro gli occhj miei, quanta pietate Che si movean le lacrime dal core, To dicea poscia nell' anima trista:: Ben' è con quella donna quello Amore, 1 Avvenne poi, che là, dovunque questa donna mi vedea, si facea d'una vista pietosa, e d' un color pallido, quasi come d' Amore: onde molte volte mi ricordava della mia nobilissima donna, che di simile colore si mostrava tuttavia, E certo molte volte, non potendo lacrimare, nè disfogare la mia tristizia, io andava per vedere questa pietosa donna, la quale pareva che tirasse le lagrime fuori degli occhi miei, per la sua vista; e però mi venne volontà di dire anche parole, parlando a lei; dissi: Color d' Amore, e di pietà sembianti Non preser mai così mirabilmente Viso di donna, per veder sovente Vedetevi la mia labbia dolente; Sì che per voi mi vien cosa alla mente, Pel desiderio di pianger, ch' egli hanno. Che della voglia si consuman tutti; Ma lacrimar dinauzi a voi non sanno. Io venni a tanto per la vista di questa donna, che gli occhj miei si cominciarono a dilettare troppo di vederla: onde molte volte me ne crùcciava nel mio cuore, ed avevamene per vile assai: e più volte bestemmiava la vanità degli occhj miei, e diceva loro nel mio pensiero: or voi sole vate far piagnere, chi vedea la vostra dolorosa condizione, ed ora pare che vogliate dimenticarlo per questa donna, che vi mira, che non mira voi, se non in quan |