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SONET TO NI..

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Lo fin piacer di quello, adorno viso Compose il dardo che gli occhj lanciaro Dentro dallo mio cor, quando giraro Ver me, che sua beltà guardava fiso: Allor sentì lo spirito diviso

Da quelle membra che se ne turbaro: E quei sospiri che di fore andaro. Dicean piangendo, che 'l core era anciso; Là u' dipoi mi pianse ogni pensiero

Nella mente dogliosa, che mi mostra Sempre davanti lo suo gran valore: Ivi un di loro in questo modo al core Dice: pietà non è la vertù nostra, Che tu la trovi; e però mi dispero.

SONE T TO VII.

E' non è legno di sì forti nocchj,
Nè anco tanto dura alcuna pietra,

Ch esta crudel, che mia morte perpetra, Non vi mettesse amor co' suoi begli occhi; Or dunque s' ella incontra uom che l' adocchi, Ben gli del cor passar, se non s'arretra: Onde 1 convien morir: che mai no impetra Mercè, ch' il suo dever pur si spannocchi. Deh perchè tanta vertù data fue

Agli occhi d' una donna così acerba,
Che sub fedel nessuno in vita serba?

Ed è contr' a pietà tanto superba,

Che s'altri mor per lei, nol mira piue;
Auzi gli asconde le bellezze sue?

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Che ritenesse de' suoi occhj il colpo:

E questo gran valore io non incolpo';.
Ma'l duro core d' ogni mercè avaro,
Che mi nasconde il suo bel viso chiaro, !
Onde la piaga del mio cor rimpolpo :
Lo qual niente lagrimando scolpo,
Ne movo punto col lamento amaro.
Così è tuttavia bella e crudele,

D' Amor selvaggia, e di pietà nemica;
Ma più m'incresce, che convien ch'io 'l dica,
Per forza del dolor che m' affatica;

Non perch' io contra lei porti alcun fele:
Che vie più che me l'amo, e son fedele.

:

SONET TO 1X.

Io son sì vago della bella luce

Degli occhj traditor che m' hanno occiso,
Che là dov' io son morto e son deriso,
La gran vaghezza pur mi riconduce:
E quel che pare, e quel che mi traluce,
M'abbaglia tanto l' uno e l' altro viso,
Che da ragione e da vertù diviso,
Seguo solo il disio, com' ei m'è duce:
Lo qual mi mena pien tutto di fedeTM [
A dolce morte sotto dolce inganno,

Che conosciuto solo è dopo il danno.
E' mi duol forte del gabbato affanno;
Ma più m' incresce, lasso! che si vede
Meco pietà, tradita da mercede.

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Io maladico il dì ch' io vidi imprima
La luce de' vostri occhj traditori,
El punto che veniste in sulla cima
Del core a trarne l'anima di fori:
E maladico l' amorosa lima,

Ch' ha pulito i miei motti e bei colori,
Ch' io ho per voi trovati e messi in rima,
Per far che 'l mondo mai sempre v' onori:
E maladico la mia mente dura,

Che ferma è di tener quel che m' uccide, Cioè la bella e rea vostra figura, Per cui Amor sovente si spergiura; Sì che ciascun di lui e di me ride, Che credo tor la ruota alla ventura.

SONET TO XI.

Nelle man vostre, o dolce donna mia,
Raccomando lo spirito che more,
E se ne và sì dolente, che Amore
Lo mira con pietà, che 'l manda via:

Voi lo legaste alla sua signoria,

Sì che non ebbe poi alcun valore Di poterlo chiamar, se non: Signore, Qualunque vuoi di me, quel vo' che sia. Io so, che a voi ogni torto dispiace; Però la morte, che non ho servita, Molto più m' entra nello core amara: Gentil Madonna, mentre ho della vita, Per tal ch' io mora consolato in pace, Vi piaccia agli occhj miei non ésser cara.

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Non v'accorgete voi d' un che si smore,
E va piangendo, sì si disconforta?

I' priego voi (se non ven sete accorta),
Che voi 'l miriate per lo vostro onore.
Ei sen va shigottito in un colore,

Che 'l fa parere, una persona morta,
Con una doglia che negli occhi porta,
Che di levargli già non han valore:
E quando alcun pietosamente il mira,
Il cor di pianger tutto si distrugge,
E l'anima ne duol sì, che ne stride.
E se non fosse ch' egli allor si fugge,
Sì alto chiama a voi, poi che sospira,
Ch' altri direbbe: or sappiam chi l' uccide.

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Se vedi gli occhj miei di pianger vaghi
Per novella pietà ch' il cor mi strugge,
Per lei ti priego che da te non fugge,
Signor, che tu di tal piacer isvaghi
Con la tua dritta man, cioè che paghi

Chi la giustizia uccide; e poi rifugge
Al gran tiranno, del cui tosco sugge,
Ch' egli ha già sparto, e vuol che 'l mondo allaghi :
E messo ha di paura tanto gelo

Nel cor de tuoi fedei, che ciascun tace; Ma tu, fuoco d' Amor, lume del cielo, Questa vertù, che nuda e fredda giace, Levala su vestita del tuo velo:

Che senza lei non è in terra pace.

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Molti volendo dir, che fosse Amore,
Disser parole assai; ma non potero
Dir di lui in parte ch' assembrasse il
Nè diffinir qual fosse il suo valore:
Ed alcun fu, che disse ch' era ardore
Di mente immaginato per pensiero:
Ed altri disser ch' era desidero

Di voler, nato per piacer del core;
Ma io dico, ch' Amor non ha sustanza,
Nè è cosa corporal ch' abbia figura:
Anzi è una passione in disianza,
Piacer di forma, dato per natura;

vero,

Si che 'l voler del core ogni altro avanza:
E questo basta fin che 'l piacer dura.

Ꭶ o NETTO XV.

Per quella via che la bellezza corre,
Quando a destare Amor va nella mente,
Passa una donna baldanzosamente,
Come colei che mi si crede torre.
Quando ella è giunta appiè di quella torre,
Che tace quando l' animo acconsente,
Ode una boce dir subitamente:
Levati, bella donna, e non ti porre:
Che quella donna che di sopra siede,
Quando di signoria chiese la verga,
Come ella volse, Amor tosto le diede:
E quando quella accomiatar si vede
Di quella parte, dove Amore alberga,
Tutta dipinta di vergogna riede.

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