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del Surio e dei Bollandisti, e in greco e latino fu pubblicata dal Poussines a Parigi del milleseicentotrentanove. Il nostro Volgarizzamento debb'esser fatto da qualche versione latina antica del testo greco divulgato dal Combefis, che sarà ita attorno a quei tempi; della quale io non ho altra notizia, e non so anche dire se ella oggi si trovi, o in istampa o pure scritta a mano. Mi è paruto degno questo Volgarizzamento della luce pubblica, non solo per la purità e la candidezza della lingua, ma eziandio per la qualità delle cose narrate, i costumi dei Solitari di Arabia del quarto secolo rappresentati al vivo, e medesimamente quelli dei Blemmi (popolo poco noto, del quale in questi anni addietro ha scritto con molta dottrina il signor Niebuhr negli Atti dell' Accademia romana di Archeologia), gli effetti del timore e dell' estremo pericolo in animi da altra parte infervorati dalle credenze religiose, descritti con sincerità ed efficacia grande; in fine lo stile schietto, sano, insigne per naturalezza e semplicità; il quale considerando io nel greco del Combefis, mi maravigliava di trovare in una età quasi barbara una forma di dire che, salvo quanto appartiene alla lingua molto diversa da quella dei buoni tempi, tiene assai della foggia di Senofonte. Nel manoscritto non è distinzione alcuna di capitoli: io n'ho voluto fare una per più comodità.

INCOMINCIASI

IL MARTIRIO DE' SANTI PADRI

DEL MONTE SINAI E DELL'EREMO DI RAITU,

COMPOSTO

DA AMMONIO MONACO,

CAPITOLO PRIMO.

Stando io un dì nella mia celluzza presso ad Alessandria in un luogo che ha per nome Canopo, vennemi in pensiero d'andarmene in peregrinaggio nelle parti di Palestina, con ciò sia cosa che non mi sofferisse l'animo di vedere le persecuzioni e tirannie che erano fatte ai fedeli di Cristo, e quello nostro santissimo vescovo Piero il quale era costretto di rifuggire e nascondersi ora qua e ora là, e impedito che e' non potesse pascere la sua santa greggia. Appresso a questo egli m'era nato in cuore uno disiderio grande di vedere quelli onorati luoghi, e la Sepoltura e la Resurrezione di Cristo signore nostro, e gli altri luoghi santi per li quali andava esso Cristo al tempo che e'recava a fine i suoi misteri. E così venuto a quelli santi luoghi, e adorato che io gli ebbi, é preso molto diletto delle opere di Dio, e goduto di quelli santi luoghi secondo che era stato il mio disiderio, anche mi dispuosi a dover vedere il Monte santo, acciocchè

ancora io fussi fatto degno di fargli onore: sicchè messomi per lo diserto, e abbattutomi a una brigata di religiosi uomini che teneano quello medesimo viaggio, con esso loro insieme, sì come piacque a Dio, andai quanto è a dire diciotto giornate, e venni al santo luogo. E fatto orazione, stetti pochi dì, e mi pigliava piacere di quelli santi Padri spirituali, imperciocchè io per lo profitto dello spirito gli andava a trovare spesso alle loro celline. Ed era la virtù d'essi Padri come séguita qui appresso. Tutta la settimana passavano in silenzio continuo, e la notte del sabato in sul barlume della domenica, si raunavano alla chiesa, e recitato le ore notturne, come egli aggiornava, participavano i salutiferi misteri di Cristo, infino tanto che e' si ritornavano ciascheduno a suo luogo. Egli erano a vedere angioli, con ciò sia cosa che e' fussono smorti e disfatti, e quasi che incorporali dalla grande astinenza, come quelli che nè vino nè olio nè pane usavano nè altro che facesse a lussuria, ma pure alcuni pochi datteri, che sono a dire certe frutte, in tanto solamente che e' sostentassono la necessità del corpo salvo che e' serbavano alquanti pani appo il Proposto del luogo per servigio de' peregrini i quali colà capitavano per alcuno loro voto.

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CAPITOLO SECONDO.

Ora non andarono molti dì che repentemente e' ci venne addosso uno stormo di Saracini, morto che egli era il capo di loro tribù; e quanti trovarono per li casamenti che erano attorno a quella parte, tutti gli uccisono: ma le genti che stavano presso alla torre, come elle ebbono udito il romore e lo scompiglio, così ricoverarono dentro dalla fortezza in compagnia del santo Padre il quale aveva nome Dula (e questi si era il Proposto), come

quello che era vero servo di Dio, e molti erano che lo chiamavano per nome Moisè, considerando la pazienza e la mansuetudine che esso dimostrava sopra tutti gli altri. Adunque ammazzarono in Getrabbi quanti vennono loro alle mani, che furono assai, e in Cabar e Codar altresì, e per tutte le circostanze del Monte santo, tutti missono a morte. E giunti là dove noi eravamo, poco mancò che non ne uccidessono, avvenga che niuna contesa fusse loro fatta; se non che il pietoso Iddio, il quale si è usato di porgere la mano a quelli che lui cordialmente invocano, fece che in sul comignolo del Monte santo comparse uno grande fuoco, in tanto che la montagna si fu piena di fumo e i tagli delle fiamme correvano infino al cielo. E noi sbigottiti di quello grande miracolo faccendo orazione a Dio che menassene a salvamento di quella fortuna, avvenne che ancora i Barbari, per la novità di quello incendio, cotale spavento presono, che e' non missono tempo in mezzo, e lasciato le armi e i cammelli, tutti a un tratto si fuggirono.

CAPITOLO TERZO.

La qual cosa veggendo noi di sopra il castello, demmo gloria a Dio, il quale non lascia perire qualunque è che lui fedelmente invoca, e scesi giù della torre, cercando quale e dove fusse stato ucciso, montaro i nomi de' Padri morti di quella sciagura infino a trentotto; i quali erano feriti tra d'una o d'altra maniera di piaghe in diverse membra; ma il modo come egli erano venuti a morte, niuno fu che ridire lo potesse, con ciò sia che niuno si fusse trovato a vedere il caso: e questi si furono in Getrabbi infino a' dodici, e gli altri infino a' trentotto in diverse parti. Anche furono il Padre Esaia e 'l Padre Saba i quali traevano ancora il fiato, pognamo che e'fus

sono feriti. E così fatto le esequie a' defunti con grande corrotto e lagrime, ponemmoci dattorno agl' infermi. Perciocchè quale è sì disumanato e sviscerato uomo che egli non fusse stato tocco di grande pietà e cordoglio a vedere uomini santi e onorati vecchi prostesi in terra, col capo spiccato dal busto per modo che e' si teneva solo alla pelle, e chi spartito per lo mezzo, e alcuni a' quali per la grande percossa sostenuta nel capo, le pallotte degli occhi fuori delle occhiaie penzolavano, e tale altro, mozzo le mani e i piedi, rivesciato in terra sì come è a vedere un fusto di legno? Ma per certo niuno è che bastasse potere spiegare quello che a noi venne veduto mentre che trattavano i corpi de' santi Padri. Ora quanto si è a' due fratelli infermi, l' uno d' essi, ciò è a dire Esaia, la sera del giorno vegnente passò di questa vita. L'altro, ciò fu il Padre Saba, come quello che non portava molto pericolo della piaga ed era in isperanza di guarigione, rendeva grazie a Dio delle cose che gli erano intervenute, e stava pure di mala voglia, come e' non fusse fatto degno della compagnia de' Santi, e però piangendo diceva: Sconsolato a me peccatore, sconsolato a me indegno del coro de' santi Padri che sono morti per amore di Cristo! Imperciocchè io sono stato rigettato in sulla undecima ora, e io ho veduto il porto del regno e io non sono entrato dentro. Ancora diceva: O Dio Padre onnipotente, il quale mandasti il tuo Figliuolo unigenito per la salute del mondo, il quale se' buono e misericordioso, non volere che io sia scompagnato dalla schiera de' santi Padri che avanti di me sono morti, ma sì bene che io compia il quarantesimo novero de' servi tuoi. O signore Giesù Cristo, esaudisci la mia orazione, il quale amai e seguitai te infino dall'ora del mio nascimento, avvenga che io mi sia peccatore e immondo. E detto questo con tanto animo, rendette lo spi

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