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DISCORSO DEL PRINCIPATO,

A NICOCLE, RE DI SALAMINA.

Quelli, o Nicocle, che sogliono a voi altri principi recare in dono o vesti, o lavorii di bronzo o pur d'oro, o altra di così fatte masserizie delle quali eglino sono poveri e voi copiosi, paiono a me, non donare, ma trafficare assai manifestamente, e vendere quei loro arnesi con molta più scaltrezza di quelli che fanno professione di mercatantare. Io per me mi reputerei porgerti un donativo bellissimo sopra ogni altro ed utilissimo, e degno altresì sommamente a me di porgere e a te di ricevere, se io ti sapessi mostrare con quali instituti, e da quali azioni astenendoti, tu possa governare nel miglior modo cotesta città e cotesto regno. Imperocchè gli uomini privati hanno non poche cose che gli ammaestrano. Prima e principalmente questa, che essi non vivono tra gli agi e le morbidezze, anzi sono costretti quasi a combattere quotidianamente per le necessità della vita. Poi le leggi alle quali sono sottoposti ciascuno secondo i luoghi. Anco la libertà del dire, e la facoltà che hanno gli amici di riprendergli apertamente, e gl'inimici di valersi dei loro falli per danneggiarli. Oltre di questo alcuni poeti antichi hanno lasciato diversi documenti del modo che si vuol tenere nella vita ordinaria. Onde per tutti questi rispetti è ragione che essi vengano più costumati. Ma i principi non hanno veruna

di così fatte cose, e dove si converrebbe a loro più che a qualunque altro di essere bene ammaestrati, essi per lo contrario, da poi che sono ascesi all'impero, non ricevono ammaestramento nè ammonizione alcuna; perchè gli uomini la più parte vivono lontano da esso loro, e quelli che usano seco, attendono a lusingarli. Onde è seguíto che avendo avute in mano infinite ricchezze ed altre facoltà grandissime, per non le aver bene usate hanno fatto che da molti si dubiti quale sia più da desideo la vita di quelli che essendo in grado privato, si portano dirittamente e bene, o pure la vita dei principi. Imperocchè qualora riguardano agli onori, alle ricchezze ed alla potenza, per poco giudicano che i re sieno uguali agli Dei. Ma quando da altra parte pongono mente ai timori e ai pericoli, e recandosi alla memoria, trovano, questi essere stati uccisi da chi meno dovevano, quelli necessitati a offendere i loro parenti più stretti, e a tale essere avvenuta l'una e l'altra cosa, conchiudono per lo contrario, ogni modo di vita essere da volere, piuttosto che con sì fatte calamità regnare in su tutta l'Asia.

La quale diversità di giudizi e confusione di animi nasce dal credere che fanno questi tali che il regno, come fosse un sacerdozio, sia cosa da tutti; quando ella è la maggiore di tutte le cose umane e quella che ricerca maggior provvidenza e senno. Quanto si è adunque ai negozi particolari, egli è ufficio di chi si trova presente nelle occasioni, il dar consiglio come quelli siano da condurre, e come da preservare i beni e da schifare i sinistri. Ma generalmente i fini a cui si vuol tendere e gl' instituti che sono da tenere, m'ingegnerò io di mostrargli in questo discorso. Il quale se debba o no riuscire degno della materia, malagevolmente si può conoscere dal principio. Imperocchè non pochi componimenti sì di verso come di prosa, insino a tanto che sono pur contenuti nell'ani

mo degli autori, cagionano grandissima espettazione; ma poi, scritti e compiuti e mandati in luce, ottengono fama inferiore di gran lunga a quella speranza. A ogni modo il proposito, per lo manco, di questa fatica è lodevole, cioè di cercare le cose state pretermesse dagli altri, e di dar quasi legge ai principi. E in vero quelli che ammaestrano le persone private, fanno cosa utile a queste sole: ma chi volgesse allo studio della virtù i signori della moltitudine, gioverebbe a questi e ai loro sudditi parimente, facendo agli uni la signoria più sicura, agli altri la vita civile più tranquilla e più dolce.

Prima dunque di tutto, si vuol chiarire qual sia l'ufficio del principe. Imperocchè se avremo compreso bene il valore e la somma della cosa universale, avendo poi l'occhio colà, potremo meglio discorrere delle parti. Io credo che tutti sieno per consentire in questo, che il principe dee, se la città è misera, liberarla dalla miseria; se in istato prospero, mantenervela; e di una città piccola fare una grande. Tutti gli altri negozi che accaggiono alla giornata, si debbono fare in rispetto di questi fini. Ora egli è manifesto alla bella prima che a quelli che deggiono poter fare le dette cose e di esse pensare e deliberare, non si conviene attendere all'ozio e alle agiatezze, ma studiare ogni via di dovere essere più savi che altri Perciocchè non è dubbio alcuno che eglino tal regno avranno, quale si formeranno la propria mente. Onde a nessuno atleta è così richiesto esercitare il suo corpo, come ai principi l'animo, atteso che tutti i premi proposti in tutte le solennità dei giuochi, a pigliarli insieme, non sono da quanto è una menoma parte di quelli per li quali a voi bisogna contendere ogni giorno. La quali considerazioni ti deggiono muovere a por mente, e a sforzarti di avanzare gli altri in virtù quanto tu gli superi negli onori. E non ti pensassi che lo studio e l'industria, benchè fac

ciano frutto nelle altre cose, non vagliano perciò nulla a farci migliori e più savi. Nè volere attribuire alla condizione umana tanta infelicità, che laddove essi uomini hanno trovato arti colle quali si dimesticano e si migliorano gli animi delle bestie, eglino tuttavia non possano fare alcun giovamento a se stessi in quel che appartiene alla virtù; ma renditi certo che l'addottrinamento e la diligenza possono profittare agli animi nostri; e perciò fa' di usare coi più assennati e più savi di quelli che tu hai dintorno, e degli altri rècati in corte quelli che tu potrai; non voler trascurare nessun poeta famoso e nessun altro saggio, ma piglia ad ascoltare gli uni, degli altri renditi scolare, e procaccia di riuscir buon giudice delle minori cose, e delle maggiori emulo. Mediante i quali esercizi, in brevissimo tempo tu potrai divenire tale, quale abbiamo definito essere il principe buono ed atto a bene amministrare le cose pubbliche. E a questo intento per certo ti spronerai da te stesso gagliardamente, se tu stimerai cosa indegna che chi è da meno o peggiore comandi a chi è migliore o da più, e che gli sciocchi reggano i giudiziosi. Imperciocchè quanto la scempiaggine altrui parratti più vile e più spregevole, con tanto maggiore studio eserciterai l'intelletto proprio. Da queste cose per tanto incomincino quelli che vogliono poter fare qualche buono effetto.

Oltre di questo, bisogna amare gli uomini e la città. Nè cavalli, nè cani, nè uomini, nè altra cosa veruna si può governare per acconcio modo, chi non ha inclinazione a quello a che egli dee soprastare. Tien conto della moltitudine, e studia quanto cosa alcuna del mondo che il tuo reggimento riesca loro a grado, considerando che sì delle signorie di pochi, sì degli altri stati, quelli durano più, i quali nel miglior modo si affaticano di piacere alla moltitudine. Tu governerai bene il popolo se

non lo lascerai trascorrere a sfrenatezza e insolenza contro agli altri, nè gli altri contro a lui, provvedendo che i più meritevoli abbiano gli onori e le dignità, e gli altri non sieno ingiuriati in cosa alcuna; fondamenti primi e principalissimi di buona repubblica.

Dei bandi, degli statuti, delle costumanze togli o riforma quello che non istà bene; e se tu puoi, trova per te medesimo gli ordinamenti più acconci, se no, imita quello che di buono e di convenevole hanno gli altri luoghi. Cerca di così fatte leggi che oltre ad essere giuste, utili e tra se concordi, facciano le liti e le controversie dei cittadini pochissime e le decisioni prestissime quanto più si può; di tutti questi pregi dovendo essere fornite le leggi buone. Fa' che i lavori ed ogn'industria lodevole riesca a'tuoi sudditi di guadagno, e per lo contrario le brighe e i litigi sieno loro di scapito, acciocchè da queste cose abborriscano, ed a quelle attendano volentieri. Giudica le loro contese senza favore, e per guisa che i giudizi non sieno contrari gli uni agli altri, ma delle cose medesime sentenzia in un medesimo modo sempre; perchè egli è decoroso e utile insieme, che il sentimento del principe nelle cose che toccano alla giustizia, sia fermo ed immobile al pari delle buone leggi.

Governa la città nel modo che tu dèi governare la casa paterna, cioè con isplendidezza regia negli apparati, e con molta esattezza in ogni faccenda, a fine di potere a un medesimo tempo tenerti in riputazione e bastare alle spese. Magnifico non ti dimostrare in quelle cose che vogliono il dispendio grande e passano subito, ma sì bene in quelle dette di sopra, e nella bellezza delle robe, e nell' usare liberalità cogli amici Imperocchè il frutto di cotali spese ti resterà sempre mentre che tu vivrai, ed ai posteri, oltre a ciò, lascerai cosa di più valore che non saranno state le somme che tu avrai spese.

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