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che, pacificatosi colla parte contraria, gli tornasse l'esercito, comandò a Senia d' Arcadia capitano dei forestieri allogati nelle guarnigioni, che venisse e glieli menasse, eccetto quella quantità che si richiedeva a poter custodire le cittadelle. Richiamò eziandio quelli che stavano all' assedio di Mileto, e volle che gli esuli parimente l'accompagnassero in arme, promettendo loro che se quella guerra gli succedeva secondo il suo disegno, era deliberato di non cessare che prima non gli avesse ridotti a casa. I quali gli compiacquero di buona voglia per la fede che gli avevano, e pigliate le armi, vennero a Sardi. Venne anche Senia con forse quattromila fanti di armatura grave, tolti dalle guarnigioni. Venne Pròsseno con circa millecinquecento dalla detta armatura, e cinquecento altri armati leggermente. Venne Sofèneto stinfálio con mille uomini di armatura grave. E Socrate acheo venne dall' assedio di Mileto con quasi cinquecento dalla stessa armatura, e Pasióne megarese altresì dal predetto assedio con circa settecento uomini.

Tutti questi vennero a Sardi. Ma Tissaferne, ponendo mente, e giudicando che questo così fatto apparecchio fosse cosa maggiore che non bisognava contro ai Pisidi, corse al Re in tutta fretta con presso a cinquecento cavalli. E il Re, udito che ebbe da costui l'armamento di Ciro, si stava preparando.

In questo mezzo esso Ciro, colla gente detta di sopra, si mosse da Sardi; e fatto per mezzo alla Lidia in tre giorni ventidue parasanghe, arrivò al Meandro: fiume largo due peltri, che aveva un ponte sostenuto da sette barche. Passato questo fiume, andò per la Frigia otto parasanghe in un dì, tanto che giunse a Colossa, città popolata, grande e ricca, dove si fermò sette giorni. E venne Menóne tessalo con mille fanti armati alla greve e cinquecento peltati fra dòlopi, eniani e olinti. Quivi

allo spazio di venti parasanghe, dopo tre giorni, arrivò a Celène di Frigia, città ricca, grande e popolata, dove era la reggia di Ciro, e un orto grande, pieno di salvaggiume, il quale esso Ciro andava cacciando a cavallo quando si voleva esercitare e tenere i cavalli in opera. Per mezzo all' orto ci corre il Meandro, le cui scaturiggini si veggono dentro alla reggia. E corre somigliantemente esso Meandro per mezzo a Celène, dove anche il re di Persia ha una reggia munita che è posta sotto alla Fortezza in sulle fonti del Marsia, il quale eziandio corre per lo traverso della città, e sbocca nel Meandro, ed è largo venticinque piedi. In questo luogo si racconta che Apollo scorticasse Marsia, vinto che egli l' ebbe, quando essi vennero a concorrenza qual fosse il più dotto dei due, e che appiccasse la pelle dentro alla caverna dove sono le sorgenti. Per la qual cosa il fiume ebbe questo nome del Marsia. È fama che il re Serse, vinto dai Greci in battaglia, e fuggendo, fabbricasse la fortezza di Celène e la detta reggia. Ciro soprastette in questo luogo trenta dì; e venne Clearco lacedemonio con mille fanti armati alla greve, ottocento Traci peltati e dugento saettatori cretesi. Quivi si trovarono eziandio Sosia da Siracusa e Sofèneto di Arcadia con mille armature grevi l'uno. E Ciro fece la rassegna e il novero dei soldati greci nell'orto, che furono in tutto undicimila armature grevi a piedi e circa duemila peltati.

Dopo questo, levato il campo, e fatto in due giornate venti parasanghe, venne a Pelta, città popolata, e quivi sostenne tre dì; nel qual tempo Senia celebrò le feste lupercali con sacrifizi e giuochi, dando stregghie d'oro a chi vinceva. E si trovò Ciro medesimo a vedere i giuochi. Di poi, fatte in due giornate dodici parasanghe, venne a Piazza degli stovigli, città popolata, che è l'ultima della Misia. Quindi a trenta parasanghe, in

tre alloggiamenti, arrivò a Campo di Caistro, città popolata, dove si fermò cinque giorni. E l'esercito aveva a essere pagato di tre mesi e più, tanto che spesso, andando alle porte di Ciro, gliene chiedevano. Il quale gli menava con buone speranze; ma si lasciava scoprire che stava di mala voglia: perocchè non era secondo il suo fare che avendo il danaio, non pagasse quel che doveva. In questo la moglie di Siènnesi re della Cilicia, di nome Epiassa, venne agli alloggiamenti di Ciro, e corse voce che gli desse molta moneta. E Ciro soddisfece all'esercito delle paghe di quattro mesi. Aveva la detta. Epiassa alcune guardie del corpo, che erano parte di Cilicia, parte della città di Aspendo. E si ragionava che Ciro usasse colla Reina.

Di là, fatte in due giornate dieci parasanghe, arrivò a Timbrio, città popolata. Accanto alla strada era una fontana che si chiama la fontana di Mida, il quale fu re di Frigia; e si narra che presso alla detta fonte pigliò Sileno satiro, avendola meschiata di vino. Mosso che fu da Timbrio, fece in altre due giornate altre dieci parasanghe, e venne a Trièo, città popolata, dove si fermò tre giorni. E la Donna di Cilicia, per quello che si racconta, pregò Ciro che le mostrasse l'esercito: laonde esso Ciro fece la rivista sì dei Greci e sì dei Barbari nella campagna; e comandò ai Greci che si schierassero e stessero fermi in battaglia all' usanza loro, e che ciascuno mettesse in ordinanza i suoi. Per tanto si disposero in quattro file; e Menóne colla sua gente ebbe l'ala diritta, Clearco la sinistra, e gli altri Capitani il mezzo. Ciro passando dinanzi all' esercito sopra un carro, e quella di Cilicia sopra un cocchio, andavano riguardando primieramente i Barbari e poscia i Greci. I Barbari erano distribuiti per isquadre e per battaglioni, e così si movevano. Tutto l' esercito portava celate di rame, toni

che rossette e gambiere, co' suoi scudi nettati. Visto che ebbe tutto l'esercito, fermossi di rincontro al mezzo della falange in sul carro, e mandando Pigrete interprete ai Capitani dei Greci, comandò che la falange, recatasi le armi davanti, si movesse tutta in un tempo.

FINE DEL VOLUME SECONDO.

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