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SU LE ORME DI DANTE

PROLUSIONE

La figura di Dante nel suo tempo e nel nostro.

Volge ora l'ottavo anno, dal tempo in cui salii la prima volta all'onore di questa cattedra; e, fino ad ora, non mi era bastato il coraggio di affrontare la sublime altezza del genio di Dante.

Quello sgomento che hanno provato a parlarne, prima di me, tutti quegli scrittori, che ne hanno sentito la smisurata grandezza, mi costringerebbe forse anche oggi ad un silenzio riverente e pauroso.

Ma, poichè, dopo tanti anni di studio amoroso dell'opera dantesca, qualche scintilla della sua gran fiamma può essere penetrata anche in me, ed ogni ingegno ha un modo suo particolare ricettivo di accogliere e propagare la materia infiammabile de' genii sovrani e, ne' colloqui più solenni per i quali un'anima accesa d'amor patrio e di poesia, nelle ore di meditazione più profonda e di rapimento più soave, s'avvicina al genio di Dante, può darsi che le abbia rivelato alcun segreto della sua divinità, sentendone pure qualche fremito più ascoso, prima che il dolce calore, versato in me da quel sole vibrante, si dissipi tutto, in quest'anno, che è pure il seicentesimo dal Priorato di Dante in questo Ateneo Romano, onde vorrebbe pure uscire, come da vivaio di potenti e perenni idealità per il pensiero italiano, qualche germoglio di vita nuova, mi

sono proposto di seguire, passo passo, nell'opera sua maravigliosa, la vita del nostro maggior poeta, che, senza essere un santo, fu certamente l'uomo più grande di nostra stirpe, il formarsi della sua grande coscienza, la sua trasformazione progressiva di semplice mortale in creatura quasi divina.

L'uomo italiano, che seppe tutto quello che nel tempo suo si sapeva, l'enciclopedico mirabile che raccolse nella sua vasta mente tutta la dottrina del medio evo, per animarla in alta poesia; l'uomo di parte, dell'età sua, che seppe alfine incalzarsi sopra le parti, per individuare in sè la patria tutta, non già ad essere venerato come un idolo o a procacciarsi alcuna fortuna od alcuna gloria mondana, ma per sete spirituale di armonie sovrane dell'intelletto; che, nel dissidio profondo tra la Chiesa e l'Impero, avrebbe trovato il modo di riunirlo, temperarlo e conciliarlo in Dio; l'amatore profondo, il sognatore immenso, il castigatore tremendo; la natura italiana più varia, più ricca, più complessa, e pure la più individuata in una originalità grandiosa ed affascinante; la figura più alta della nostra storia nazionale, che sembra quasi mitica e leggendaria, tanto ci pare incredibile, che in una sola mente potessero pullulare tante idee sublimi, in un solo cuore germogliare tanti sentimenti nuovi di una virtù quasi sovrannaturale; l'uomo straordinario, insomma, non vuole da noi essere studiato coi criterii ordinarii, misurato coi soliti compassi, adattato allo stampo comune. Quando avremo dunque bene dimostrato dove Dante attinse questa o quella sua particolare conoscenza, e additato la fonte di tutte le sue dottrine teologiche, giuridiche, astronomiche, ed anche, nella stessa ragione estetica, diligentemente confrontata l'opera poetica di Dante con quella di tutti i suoi precursori classici, noi non avremo ancora fatto un passo per arrivare a concepire la grandezza del suo genio creatore. Bisogna dunque entrare proprio nell'anima di Dante, e sorpren

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