Sayfadaki görseller
PDF
ePub

vigorosi per l'intelletto e per la ragione, e dotati di una certa divina libertà, da nessuna consuetudine sono tiranneggiati. Nè è ciò da maravigliare, essendochè non essi dalle leggi, ma le leggi da essi prendano direzione. Appare dunque quello che di sopra dissi: esser io, cioè, devotissimo ed amico, ma non pertanto prosuntuoso. "

[ocr errors]

Dopo essersi cosi superbamente presentato ed annunciato, al suo signore e protettore, per fargli sentire tutto il pregio dell'amicizia d'un sapiente, Dante incalza: Adunque, anteponendo a tutto l'amicizia vostra sì come un tesoro carissimo, questa desidero, con diligente provvidenza ed accurata sollecitudine, conservare. Però, come ne' dommi della morale filosofia s'insegna che, a pareggiare e conservar l'amicizia fa d'uopo alcun che d'analogo, così a retribuzione de' fattimi benefizii è per me sacro di seguire l'analogia; per questo, io riguardai attentamente e più volte quelle cosarelle che avessi potuto donarvi, e le segregate posi a disamina, cercando per voi la più grata. Nè alla stessa preminenza vostra ritrovasi cosa più confacevole che quella sublime cantica della Commedia, la quale è decorata del titolo di Paradiso (quam Comoediae sublimem canticam, quae decoratur titulo Paradisi; nello scriverla, Dante senti sè stesso più volte sublimarsi a Dio); e questa, con la presente epistola, come con propria epigrafe dedicata, a voi intitolo, a voi offero, a voi finalmente raccomando. „

[ocr errors]

Assai probabilmente, Dante scrisse questo proemio dopo avere, nel decimosettimo canto del Paradiso, magnificato Cangrande con le parole del suo grande trisavolo Cacciaguida; in ogni modo, dalle parole che seguono, appare certo che Dante fece la sua dedicazione nel primo anno della sua dimora presso Cangrande.

"L'ardente affetto non pur mi lascia passar questo semplicemente sotto silenzio; chè da tal donazione può sembrare si conferisca più fama ed onore al donato

che al donante; chè anzi, con quel titolo parea a coloro che vi avevan posto attenzione, aver io espresso il presagio della crescente gloria del vostro nome; lo che è del proposito. Ma, novello nella grazia vostra, che tanto apprezzo, poco di mia vita curando, mi affretterò più avanti inverso la mèta. Però, compiuta la formula dell'epistola, imprenderò succintamente, come a modo d'espositore, a trattare alcune cose, per introduzione dell'opera offerta.

[ocr errors]

I fatti d'arme gloriosi per i quali Cangrande della Scala apparve, tra gli anni 1313 e 1329, agli Italiani un insigne guerriero, e gli atti del suo reggimento in Verona, sono ora, del tutto, dimenticati, e il nome di Cangrande, come quello di Bartolomeo, si perderebbero con altri molti di quasi oscuri signorotti di quell'età; ma il genio di Dante ebbe virtù di sacrare all'immortalità ogni terra, ogni uomo ch'ei ricordò; e a Cangrande, per la splendida riconoscenza del poeta beneficato, rimane e rimarrà sempre massima gloria, quella d'avere sollevato le pene del vecchio Dante ramingo, d'averlo degnamente accolto, onorato e confortato. Può dunque alcuna volta più la gloria d'esser buono che quella d'esser forte, quando il beneficio si estende ad ingegni sovrani, ed a cuori magnanimi; ora, se Cangrande ha beneficato Dante, il premio immortale che ne ricevette fu tale, che nessun gran principe benefattore può vantarsi d'aver ricevuto mai dono più alto e più sublime. Se Dante dunque, come abbiamo veduto, si è, talvolta, vendicato così bene, da parere che si vendicasse troppo, in compenso poi, quando egli si mostrò grato, centuplicò il beneficio ottenuto, quasi dispensatore di grazie divine.

vigorosi per l'intelletto e per la ragione, e dotati di una certa divina libertà, da nessuna consuetudine sono tiranneggiati. Nè è ciò da maravigliare, essendochè non essi dalle leggi, ma le leggi da essi prendano direzione. Appare dunque quello che di sopra dissi: esser io, cioè, devotissimo ed amico, ma non pertanto prosuntuoso. "

Dopo essersi cosi superbamente presentato ed annunciato, al suo signore e protettore, per fargli sentire tutto il pregio dell'amicizia d'un sapiente, Dante incalza:

"Adunque, anteponendo a tutto l'amicizia vostra si come un tesoro carissimo, questa desidero, con diligente provvidenza ed accurata sollecitudine, conservare. Però, come ne' dommi della morale filosofia s'insegna che, a pareggiare e conservar l'amicizia fa d'uopo alcun che d'analogo, così a retribuzione de' fattimi benefizii è per me sacro di seguire l'analogia; per questo, io riguardai attentamente e più volte quelle cosarelle che avessi potuto donarvi, e le segregate posi a disamina, cercando per voi la più grata. Nè alla stessa preminenza vostra ritrovasi cosa più confacevole che quella sublime cantica della Commedia, la quale è decorata del titolo di Paradiso (quam Comoediae sublimem canticam, quae decoratur titulo Paradisi; nello scriverla, Dante senti sè stesso più volte sublimarsi a Dio); e questa, con la presente epistola, come con propria epigrafe dedicata, a, voi intitolo, a voi offero, a voi finalmente raccomando. 77

Assai probabilmente, Dante scrisse questo proemio dopo avere, nel decimosettimo canto del Paradiso, magnificato Cangrande con le parole del suo grande trisavolo Cacciaguida; in ogni modo, dalle parole che seguono, appare certo che Dante fece la sua dedicazione nel primo anno della sua dimora presso Cangrande.

"L'ardente affetto non pur mi lascia passar questo semplicemente sotto silenzio; chè da tal donazione può sembrare si conferisca più fama ed onore al donato

che al donante; chè anzi, con quel titolo parea a coloro che vi avevan posto attenzione, aver io espresso il presagio della crescente gloria del vostro nome; lo che è del proposito. Ma, novello nella grazia vostra, che tanto apprezzo, poco di mia vita curando, mi affretterò più avanti inverso la mèta. Però, compiuta la formula dell'epistola, imprenderò succintamente, come a modo d'espositore, a trattare alcune cose, per introduzione dell'opera offerta.

[ocr errors]

I fatti d'arme gloriosi per i quali Cangrande della Scala apparve, tra gli anni 1313 e 1329, agli Italianit un insigne guerriero, e gli atti del suo reggimento in Verona, sono ora, del tutto, dimenticati, e il nome di Cangrande, come quello di Bartolomeo, si perderebbero con altri molti di quasi oscuri signorotti di quell'età; ma il genio di Dante ebbe virtù di sacrare all'immortalità ogni terra, ogni uomo ch'ei ricordò; e a Cangrande, per la splendida riconoscenza del poeta beneficato, rimane e rimarrà sempre massima gloria, quella d'avere sollevato le pene del vecchio Dante ramingo, d'averlo degnamente accolto, onorato e confortato. Può dunque alcuna volta più la gloria d'esser buono che quella d'esser forte, quando il beneficio si estende ad ingegni sovrani, ed a cuori magnanimi; ora, se Cangrande ha beneficato Dante, il premio immortale che ne ricevette fu tale, che nessun gran principe benefattore può vantarsi d'aver ricevuto mai dono più alto e più sublime. Se Dante dunque, come abbiamo veduto, si è, talvolta, vendicato così bene, da parere che si vendicasse troppo, in compenso poi, quando egli si mostrò grato, centuplicò il beneficio ottenuto, quasi dispensatore di grazie divine.

« ÖncekiDevam »