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Prepariamoci dunque al racconto di un dramma passionale, del quale il vero protagonista continuo sarà, nel poema, come nella Vita Nuova, Dante stesso.

Possiamo ora collocarvi quanti simboli vogliamo, ma tutta l'opera di Dante vibra a noi d'alta poesia, specialmente perchè l'anima appassionata del poeta vi è passata con tutti i suoi ardori e con tutti i suoi fremiti che il freno dell'arte ha temperati, ma non compressi.

LEZIONE QUARTA

Stazio ombra di Dante. Dante e Forese.

Nella Vita Nuova, Dante volle espressi i suoi sentimenti più gentili rispetto all'amore, quali egli li provò da' suoi diciotto al ventesimo quinto anno della sua vita, cioè dal suo secondo incontro in Beatrice, già fatta donna, all'anima della quale s'era disposato fanciullo, fino alla morte di quella sua nobilissima inspiratrice. Ma, in quello stesso romanzo d'amore, che dovremo in breve esaminare più dappresso, è già palese il contrasto fra il giovane Allighieri, amatore facile e ardente, vagheggiatore di molte leggiadre sembianze di donne, e il suo pensiero amoroso dominante, che lo attrae, per gli occhi e il sorriso di Beatrice, alle più sublimi spiritualità.

Dante era certamente fatto, come noi, di carne mortale e di spirito immortale; fiacca forse la prima; potentissimo e sovrastante il secondo; e se il poema sacro, venuto fuori dal doloroso esiglio tra le veglie e gli stenti, lo rese poi macro e sparuto, il ritratto che ne serbiamo di Giotto, il quale volle rappresentarlo, qual egli era forse presso i suoi trent'anni, nel palazzo del Podestà di Firenze, ce lo mostra, invece, con volto quasi femmineo, di molta avvenenza, con una bocca sottilmente disdegnosa, ma sfiorata da una certa fine sensualità. Sopra i ritratti di Dante, ritorneremo un'altra volta; ma questo

Dispensa 13.

di Giotto, se bene ci appaia già vestito da magistrato solenne, qual egli doveva essere, come consigliere del Podestà, quando il pittore suo amico ce lo ritraeva, in quel palazzo medesimo, ove Dante dovea spesso condursi, nel 1295, per ragione d'ufficio, se ci reca l'immagine amabile del poeta del Canzoniere e della Vita Nuova, nella sua più attraente idealità, ci permette pure di ravvisare, sotto la gravità delle spoglie curiali, un elegante attillato cavaliere della società fiorentina sul fine del duecento.

Dante giovinetto, vivo ed appassionato, si gittò presto e facilmente nel mare tempestoso delle passioni. Natura vivace ed impressionabile, come aveva accolto, fanciullo, i primi avvisi d'amore, cosi adolescente, si lasciò facilmente prendere ai vezzi amorosi delle donne. Quando egli tolse moglie, finchè visse con Gemma Donati, dobbiamo credere che ne fosse marito amoroso, poichè, in quel tempo non lungo, che passò con essa, ne ottenne numerosa famiglianza; ma, in esiglio, più d'una pargoletta, fino presso ai suoi cinquant'anni, lo allettò. Se, pertanto, Beatrice altamente e spiritualmente amata da Dante, ne' sette anni che corsero dal secondo incontro alla morte di lei, col solo suo sguardo puro ed amoroso, valse più che una volta, e, specialmente, nella fine del settennio, a distoglierlo da amori più lievi; se, dopo alcuni anni di matrimonio, egli si rimproverò pure di avere dimenticato alquanto e trascurato il suo primo. grande ideale, per correr dietro a cure mondane; se la Vita Nuova prepara e la Divina Commedia compie la glorificazione del solo amore sovrano di Dante per Beatrice, non è nè probabile, nè verosimile, che, durante i sette lunghi anni del reggimento e spirituale impero terrestre di Beatrice, il nostro poeta non abbia ceduto all'impeto della sua natura amorosa, voluttuosa ed ardente.

Tre passioni, per chi penetri il vero senso di molte pagine del suo poema, appaiono dominanti nella natura

del giovane Dante: la Superbia accompagnata dall' Ira, la Lussuria, non disgiunta da una certa Accidia, la Cupidigia del denaro, sostenuta da una tendenza alla prodigalità. ed al fasto.

Ora, senza volere, in alcun modo, negare che Dante abbia desiderato egli stesso che il vizio individuale si applicasse a qualche cosa di più generico che non potesse apparire la sua propria persona, e che il modello primo e personale su cui avea improntato il suo tipo per farlo più vivo, d'individuale divenisse più esemplare ed universale, senza escludere dunque ch'egli abbia poi voluto che, per estensione, nelle tre fiere, delle quali egli mostra, quando si trova, smarrito viaggiatore, nella selva oscura, così grande spavento, avessero simbolo più vasto e più comprensivo, morale e politico, e però rappresentassero, per la superbia, il re di Francia, per la lussuria Firenze, per l'avarizia Roma papale, poichè quel mare di passioni diverse minacciò veramente di sommergere lui stesso, prima che ogni altro, poichè quelle belve micidiali, spaventano in modo così terribile il poeta, e gli contendono il passo nella via del suo viaggio ideale, espiatorio e di perfezionamento, che dovrà condurlo, a traverso il sorriso di Beatrice, alla gloria superna del paradiso, il primo senso che noi dobbiamo dare all'allegoria delle tre belve è, necessariamente, quello che si riferisce al protagonista del gran viaggio ideale, all'autore stesso.

Le tre fiere che arrestano Dante, sopra la via dell'espiazione e della perfezione, hanno per noi un carattere molto più vivace, se noi riconosciamo in esse i tre vizi capitali, onde il poeta stesso si propone di mondarsi, dopo la terza apparizione di Beatrice, che venne a distaccarlo dalle cure terrestri per aprirgli le vie luminose del cielo.

La morale che si può cavare dal poema dantesco, riferita dunque alla vita stesså di Dante, acquista un

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