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Sul fior degli anni, avido di gloria, due vie lo tentano: quella degli studii poetici e filosofici, e quella de' negozii civili; si risolve ad entrare nel priorato, con propositi magnanimi, simili a quelli ne' quali avea grandeggiato in Firenze, Giano Della Bella sul fine del duecento, e a mezzo trecento, in Roma, grandeggiò quindi, per pochi anni, Cola di Rienzo; ma la venuta in Firenze dell'Acquasparta con le lusinghe di papa Bonifacio, e la promessa minacciosa dell'intervento del Leone di Francia, ne' primi giorni del priorato di Dante, dovettero metterlo in grande pensiero e sgomento:

Ma non si che paura non mi desse
La vista che m'apparve d'un leone.
Questi parea che contra me venesse

Con la test' alta e con rabbiosa fame,
Si che parea che l'aer ne temesse.

Di questa strofa possono essere buon commento i non pochi passi della Cronaca di Dino Compagni, dove si rappresenta al vivo il terrore de' Bianchi all'ingresso di Carlo di Valois in Firenze. Ma Dante sentiva, più d'ogni altro, che il più formidabile oppositore alla pace fiorentina, era quello stesso papa Bonifacio ottavo, che si voleva dare aria di grande paciero:

Ed una lupa che di tutte brame
Sembrava carca, nella sua magrezza,
E molte genti già fe' viver grame.
Questa mi porse tanto di gravezza,
Con la paura ch'uscia di sua vista,
Ch'i' perdei la speranza dell'altezza.

Allora Dante paragona sè stesso all'avaro che ha raccolto per sè molto tesoro, e poi, a un tratto, se lo vede distrutto (altro indizio, che giustifica quanto abbiamo già detto dell' adombramento di Dante in Stazio).

E quale è quei che volentieri acquista,

E giunge'l tempo che perder lo face,
Che in tutti i suoi pensier piange e s'attrista,
Tal mi fece, la bestia, senza pace,

Che, venendomi 'ncontro, a poco a poco
Mi respingeva là dove 'l sol tace.
Mentre ch'i' rovinava in basso loco,
Dinanzi agli occhi mi si fu offerto
Chi, per lungo silenzio, parea fioco.

Cosi Dante ci dice, in modo evidentissimo, che, nella primavera del 1300, dopo quella visione narrata sul fine della Vita Nuova, per cui si vergognò di non essere stato fedele al pensiero di Beatrice, e di aver ceduto alle passioni, alle mondanità, dimenticando troppo la sua prima idea, era già fermo il suo proposito di darsi intieramente a studii contemplativi, per raggiungere la sua Beatrice gloriosa; ma, quando egli stava già per l'appunto per salire il colle dilettoso della gloria e della felicità, Fiorenza bella lo attrasse, in vece, maggiormente, e venne a impadronirsi nuovamente di lui, di guisa che lo fece quasi tornare indietro; ma, a spaventarlo affatto, a rimuoverlo dal suo primo cammino, a risospingerlo in una profonda tenebra, a precipitarlo nella piena rovina, Francia e Roma, in veste di una lupa e di un leone, vennero a distoglierlo dal suo primo proposito. Così, dopo quasi due anni, Dante ci spiega come egli abbia ritardato e poi mutato, con nuovo proposito, la descrizione del suo viaggio spirituale, impedito poi del tutto, dalla vista delle tre fiere che lo impaurirono; onde Virgilio, apparendogli, dopo l'incontro con le tre fiere, lo ammonisce che, uscito dalla selva delle passioni, egli deve ormai rinunciare al primo proposito di ascendere il colle della gloria terrena, e che gli conviene ora, invece, seguire altra via:

A te convien tener altro viaggio.

Sono dunque due i viaggi, intrapresi spiritualmente da Dante: quello, appena incominciato, nella primavera

dell'anno 1300, verso la gloria degli studii, che viene arrestato dall'incontro delle tre fiere e specialmente dalla bestia romana, la quale

Non lascia altrui passar per la sua via,

Ma tanto lo impedisce che l'uccide,

e l'ultimo, nel triplice regno de'dannati, de' penitenti e de' beati.

Virgilio avverte dunque Dante che ei s'ingannò quando, immaginandosi di potere vincere il malefizio della Corte romana, rovinò in cosi basso loco, da trovarvisi perduto; ascolta pertanto il grido del suo glorioso alunno, che invoca misericordia, e gli fa noto, come, per sola volontà di Beatrice, sia venuto a soccorrerlo, per guidarlo in altro mondo, diverso da quello a cui, da prima, poeta e filosofo, Dante sembrava mirare. Il suo primo colle luminoso non era ancora un monte di penitenza come il Purgatorio; esso dovea molto più rassomigliare al Parnaso, all'Elicona, al monte d'Apollo e delle Muse, che al Picco d'Adamo; Beatrice vuole, invece, che il suo poeta la cerchi sulle vie del cielo.

Virgilio invita, per ciò, Dante ad un viaggio di espiazione. Quella Beatrice ch'egli cerca, non la troverà più sulla vetta del Parnaso, dove si corona la gloria degli studii poetici e filosofici, ma solo nel Paradiso terrestre in cima d'un monte di penitenza, onde s'arriva al Cielo; ma, per arrivarvi, bisognerà attraversare dolorosamente l'Inferno e sentirne le pene, e gemere insieme coi penitenti del Purgatorio. Perciò il viaggio finale di Dante dev'essere altro da quello ch'egli, un poco più legato alle terra, avea da prima divisato. Le prove dell'Inferno egli le avea ormai provate negli ultimi anni della sua vita fiorentina e ne' primi anni dell'esiglio; vivamente addolorato, riprende, esule, il suo Poema, con nuovi intenti, e con visioni nuove, nelle quali il conforto di Beatrice dovea divenirgli più necessario e farsi più sublime.

LEZIONE DECIMASESTA

L'esiglio di Dante.

A dimostrare quanto l'esiglio fosse amaro e crudele a Dante, nulla è più eloquente della frequenza dolorosa con la quale egli ne parla nel suo poema, e nelle sue opere minori. Immaginata la Divina Commedia nella primavera del 1300, Dante non poteva, nella descrizione del viaggio, che riferisce a quel tempo, parlarne come di cosa avvenuta; ma, poichè attribuisce alle anime dei trapassati l'antiveggenza del futuro, ingegnosamente, e con un sentimento che prova quanto l'esiglio gli fosse duro, se lo fa predire: nell'Inferno, da Ciacco, da Farinata, da Ser Brunetto, e da Vanni Fucci, nel Purgatorio, da Corrado Malaspina, da Oderisi, da Buonagiunta, da Guido del Duca e da Forese; nel Paradiso, da Cacciaguida e Beatrice, oltre che vi allude, più o meno velatamente, quando egli ci presenta ombre di sè, nelle alte figure di Catone, di Sordello, di Stazio, di Romeo.

1

Ciacco annuncia copertamente che le discordie porteranno la parte selvaggia de' Bianchi ad esser soverchiata dalla parte Nera, per le lusinghe di papa Bonifazio ottavo, e perchè la invidia e l'avarizia hanno accesi i cori. Farinata degli Uberti minaccia Dante ch'ei pure

1 Vedi la lezione seguente.

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