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torno di esso. Ripeto qui la terzina dantesca che ci vuole mostrare la ripidezza del monte del Purgatorio:

Vassi in San Leo e discendesi in Noli,

Montasi su Bismantova in cocume 1

Con esso i piè; ma qui convien ch'uom voli.

Poco oltre, Dante ci fa intendere che il monte era quasi a perpendicolo:

La sommo er' alto che vincea la vista,

E la costa lo supera più assai

Che da mezzo quadrante al centro lista.

Io era lasso, quando cominciai:

O dolce padre, volgiti e rimira
Com'io rimango sol, se non ristai.
Figliuol mio, disse, infin quivi ti tira,
Additandomi un balzo un poco in sue,
Che da quel lato il poggio tutto gira.
Si mi spronaron le parole sue

Ch'io mi sforzai, carpando, appresso lui,

Tanto che 'l cinghio sotto i piè mi fue.

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Su la vetta del Picco di Adamo, al dire di Odoardo Barbosa, i pellegrini penitenti indiani si purgano de' loro peccati, lavandosi in uno stagno; giunti in cima, si lavano in quello stagno d'acqua, e, fatto le orazioni, dicono di restar salvi e netti di tutti lor peccati.

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Cosi Dante pellegrino, nel Paradiso Terrestre, prima di salire al cielo, si monda, tuffato da Matelda nel fiume Lete, per cancellare, inghiottendo di quell'acqua, la memoria de' suoi peccati:

Quando fu' presso alla beata riva,

Asperges me si dolcemente udissi

Ch'io nol so rimembrar, non ch'io lo scriva.

La bella donna nelle braccia aprissi,

Abbracciommi la testa e mi sommerse

Ove convenne ch'io l'acqua inghiottissi;
Indi mi tolse...

1 Il pinnacolo di Barbosa.

Dante s'addormenta ai piedi dell'albero della scienza del bene e del male; svegliato per una visione apocalittica, scorge un drago che figge la coda nel carro della Chiesa e minaccia di sconquassarla, quando viene in tempo l'aquila imperiale e ricopre il carro, per salvarlo, con le sue piume; ma risorge e siede presso un gigante mostruoso, con cui la Chiesa meretrice amoreggia; e con quel mostro essa s'inselva. Ritroveremo anche questo gigante nell'isola di Seilan. Intanto, Dante s'accosta alla fonte d'Eunoè, onde, seguendo Brunetto Latini, egli mostra di credere che il Tigri e l'Eufrate sgorgano nel Paradiso Terrestre, per dipartirsene quindi, come Brunetto Latini credeva, che da quella stessa fonte paradisiaca si fossero dipartiti il Gange ed il Nilo.

Così viene a conciliarsi con la tradizione medioevale musulmana che il Paradiso Terrestre fosse nell'India, la trazione biblica, suguita da una parte degli arabi, che il Paradiso Terrestre si trovasse nella Mesopotamia in mezzo a quattro fiumi, cioè fra il Nilo, il Tigri, l'Eufrate e il Gange, che è pure buona indicazione per indicare l'isola di Seilan, la quale è essa pure Mesopotamia, perchè si trova tra questi quattro fiumi, ai quali si credette che il Paradiso Terrestre abbia, per secreti filoni, dato origine.

Matelda conduce Dante alla fonte Eunoè, ma sapendo omai che Stazio è un'altra ombra di Dante, invita lui pure alla fonte:

Così, poi che da essa preso fui,

La bella donna mossesi ed a Stazio
Donnescamente disse: Vien con lui,

Io ritornai dalla santissima onda
Rifatto sì come piante novelle
Rinnoveilate di novella fronda,
Puro e disposto a salire alle stelle.

Dispensa 68.

LEZIONE DECIMANONA

La visione - Dante e l'Oriente.

(Seconda parte).

Abbiamo già veduto come Dante si spiegasse l'origine del monte di penitenza o sia del Purgatorio, fuggito dal continente e divenuto un'isola, per orrore di Lucifero, caduto maledetto dal Cielo nel profondo inferno,1 e come la tradizione musulmana di Seilan narri ancora che, dopo la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre, dove il gran serpente li avea sedotti, il luogo del paradiso terrestre divenne un'isola disabitata.

1 Anche il monte cosmogonico Mandara, dalla agitazione del quale, nel barattamento dell'oceano mitico nasce l'ambrosia paradisiaca, viene collocato, secondo l'Astikaparva del Mahâbhârata, sopra la regione infernale. Lo stesso episodio del Mahabharata ci riporta ad un combattimento fra gli Dei e i Demonii che ebbe luogo nel tempestoso mare meridionale dove nascono le perle, e intorno al monte Mainaka, e alla regione dei Nagas o serpenti. Siamo dunque ancora nel peesaggio di Seilan, presso il Picco di Adamo. Gli Asûri o Demonii hanno rapita l'ambrosia, e gli Dei, guidati da Visnhu sono andati a riconquistarla. Ne estraggo questo passo caratteristico.

"Il mare, agitato dalle sue gonfie correnti, sotto l'influsso della luna che lo fa crescere o diminuire, fonte incomparabile che produce le perle e le conchiglie di Krishna, di cui il beato

Ora mi giova qui restringere la varia leggenda del re dei mostri seilanese, quale si trova largamente figurata nell'Uttaracanda od ultimo libro del Râmayana, che raccoglie tutte le più antiche tradizioni relative al Dio Vishnu-Rama e al gran demonio Ravana.

Secondo le più antiche tradizioni, l'isola di Seilan fu prima abitata dai Nagas, o Serpenti, poi dai mostri Rakshas, quindi conquistata da Râma, infine da Buddha, anzi, secondo il buddhico Mahâvança, Lanka o Seilan, solamente dopo la venuta di Buddha nell'isola e la sua predicazione divenne santa, fu venerata dai buoni e venne abitata dagli uomini. Buddha disperse i Nagas o serpenti dell'isola, come Virgilio Mago caccia le serpi da Napoli e San Patrizio dall' Irlanda.

I gandharvi, od angeli e musici indiani, fanno alleanza coi rakshas, prima che questi diventino demoni mostruosi. Il gandharva Grâmani sposa la bellissima sua figlia Devavatî con lo splendido rakshaso Sukeça (dalla bella chioma). Ne nascono tre figli, simili al Dio paradisiaco Çiva, ed essi vanno a fare penitenza sul monte Meru. Lieto per la loro grande pietà, il Dio Brahma concede loro la grazia d'essere invincibili. Non paghi i Rakshasi domandano ancora a Vicvakarman. il

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Vishnu in forma di splendidissimo Govinda e di cinghiale turbò intimamente i flutti, l'abisso de' quali in cento anni il piente Atri non potè ritrovare il fondo, che riposa saldo pra il suolo infernale, il mare, letto sul quale, antichissimamente sdraiossi, Vishnu, splendore incomparabile dell'essere, dal bellico del quale venne fuori il loto, (simbolo di Buddha), s'addormentò meditando in unione con lo spirito supremo (Brahma); il mare guardato senza terrore dal monte Mainaka, che paventa il fulmine, ricetto ambito degli Asuri (demonii) vinti e feriti nella pugna, il mare offre le sue acque come libazione alle fiamme ardenti del fuoco sotto marino.„,

I serpenti si lagnano quindi di essere stati condannati. E il mare vien detto ancora: 66 fonte di tutte le perle, dimora di sirene e di serpenti, re dei fiumi, asilo degli Asuri (Demonii). „

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