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Die peso a i Venti l'alto Fabbro eterno,
Perchè non s' ergan sovra i Cieli a volo:
Così ragione in parte

Aggravò le tue piume, onde all' intorno
Stender non osin temerarie il volo..
Spendi or tutte in me solo

L'arti, onde alletti, e piaci :

Volgi or

se puoi, del petto mio le chiavi:

Usa vezzi sagaci :

Usa infin te carezze, atti soavi.
Quest'arme un tempo usavi.

Scempio de' miei verd' anni,

Or se' tu senza forza, io senz' affanni..

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V

Che se all' antico giogo

Vuoi pur, ch' io torni, ed arrolar ti piace
Me, qual fui già, sotto la rea tua insegna;,
Sovra estinto rogo

Su su raccendi la già spenta face,

E di riporla entro il mio sen t'ingegna.
Mostra, come convegna

Di speranze mortalis

Ordire i lacci, onde ogni cor s' annodi ::
Mostra, che vane, e fralis

Tue promesse non sono, e se in più modi
Spargi menzogne, ǝ frodi

Mostra per tua discolpa,

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Che del fato è bensì, non tua la colpa.
Vi..

Delle vicende alterne

Ferna il flusso, e riflusso, e fa, che invano
Scocchi la Morte, ove il diletto abbonde :-
Fa, ch' io mi creda eterne

Durar quaggiù le cose, e che l'uman
Stato in ben ferma eternità si fonde

E quando immote. l' onde

E stabili le arene

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E quando fiume, che al suo fonte rieda

E tenebre serene

E senza luce il Sol farai, ch'io veda,
Fia, che a te forse'l creda,

E. contra 'l proprio senso

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Pen+

Pensi di te quel, ch' io di te non penso
VII

Ma invan, cruda, mi chiami.

Son già fuor del tuo regno, e tu potere
Fuor del tuo regno, e signoria non hai.
La tua dolc esca, e gli ami

Disponi altrove, e 'l traditor Piacere.
Semina in petti più felici, e gai.
Ma tra sventure, e guai

Lascia Fors? io non sono
Abbastanza tradito? ecco ti rendo
11 micidial tuo dono,-

E'l gran rifiuto mio, da te fuggendo
A queste mura appendo,

Fuor del tuo crudo Impero

Di che temer poss' io, se nulla io spero?
VIII.

Canzon, se vuoi, ch'io uccida

Quest' empia; sì, l'ucciderò; ma inante.
Chiedi tu l'armi a quella

Donna Real di se nemica, e amante;
Quell' armi stesse, ond' ella

Ca i propri affetti a guerreggiar si mise,
E amor di regno in regio petto uccise.
In occasione della ricuperata salute de CRI
STINA Regina di Svezia.
SONETTO 78,

LAnguia Cristina, e qual se discolora

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Torbida Eclissi al gran Pianeta il volto Langue Natura, e'l chiaro giorno è tolto, E par quasi del Mondo il Mondo fuora, Tal per costei, cui ' Universo onora,Languia tra nubi di mestizia involto Quanto ha di bello in se Virtù raccolto, E quanto il Mar circonda, e 'l Sole indora, Io 'l.vidi e piansi, e air volea; se questa Libera e scarsa del mortal suo pondo

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Da noi si parte, al suo partir chi resta? Spento il primo splendor, qual fia' secondo? Volea ciò dir; ma da si rea tempesta Scampo Cristina, e tornò bello il Mondo ..

Alla

Alla Sacra Real Maestà di CRISTINA Regina di Svezia.

CANZONE 17.

I

Di Provincie mille

Donna, e Reina un tempo, alma Cittade,
Cui l'ampio interminabile Oceano,

E l'ampia terra, che tra Battro, e Gade
Giace, adorò le attonite pupille

Se in te fiso, qual' Uom per doglia insano,
Te stessa in te non raffiguro, e invano
Roma in Roma ricerco. A ciascun passo
Prostese a terra di veder mi sembra
Le smisurate membra

Di tanti Regni ; ond' io le luci abbasso
E piango, e dico: ah lasso!

Chi vuol veder, qual serbe

Fede il Tempo quaggiù, sol te rimiri
E dell' alte superbe

Ruine tue la maestate ammiri,

II.

Poco altro già l' erranti

Stelle vedean, che i tuoi Reami, e poco
Altro farian del biondo Apollo i rai.
Mancò già quasi a tue Vittorie il loco;
E pure or tu di tant' Imperj, e tanti,
Altro, che il nudo rimembrar mon hai.
Le antiche piaghe, ancorchè ad ora ad ora
Nuovi di gloria, e di beltà rampolli

Spuntin da i sette Colli:

Forti Eserciti allor ti armaro,

Che il Vatican s'adora,

T'arma il rispetto; e appena

ed ora.

Bellezza in te rigermogliar si vede.

Qual giovane vermema

Nata pur or dal vecchio Tronco al piede.

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III.

Di tante membra scemo

Qualor miro il tuo Capo, io di te stessa
L'ombra bensì, ma il Corpo tuo non veggio.
E qual già Mario dell'antica oppressa
Desolata Cartago il caso estremo

E vide, e pianse; al tuo abbattuto Seggio
Tal' io gli occhi volgendo, a gli occhi chieggio
D'amare stille ampio tributo, e grido :
O delle Genti domatrice, e doma

Sol da te stessa: o Roma,

Ove la gloria, ove 'l valor fe nido:
Se da straniero lido

Grazia verrà mai tale,

Onde all'onor primiero apra tu gli occhi,
Sotto qual Astro e in quale

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Secol fia, che tal sorte unqua ti tocchi ?
IV.

Così di tue sciagure

Doleami allor, che il dolce tempo, e lieto
Mi vestia di lanugine le gote.

Ma il gran reflusso instabile inquieto
Or delle buone, or delle ree venture
Nel Mar del Mondo investigar chi puote?
Non lungi là dal gelido Boote

Sorse indi e poco imperiosa Stella ;
Ma fausta sì, che se mentir non vuoi,
Dire a ragion tu puoi :

Antica Roma, a par di te son bella.
Così mai sempre quella,

Come è pur suo Costume,

A te rivolga la serena fronte ;

El nuovo Artico lume

Nell' Italico Ciel mai non tramonte.
V.

Dico, che a te non pria

Di se feo l'alto incomparabil dono

La gran Cristina, e in sua Magion ti elesse
Che a te tornò la Maestate, e'l Trono,
E in te la Gloria rifiorì natia;

E le tue Mura, e le tue Mura istesse,
Quasi che senso ogni lor sasso avesse

Par

Parve, che a Lei nel memorabil giorno
Gissero incontra, e insuperbisse il suolo,
E rispettose il volo

Fermasser l'aure, de i lor voli a scorno
Parve, che a Lei d' intorno,
Nel trionfale ingresso

Il sopito Valor le luci aprisse,
E'l prodigo Permesso

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L'acque più pure all' arse labbra offrisse.
VI.

Trionfo mai simile

Non vide il Tebro; e tu me 'l giuri, ed io
Te 'l credo, o Roma. Sul gran Carro altero
In atto vidi maestoso, e pio

L'augusta Donna alteramente umile
Più, ch' altri già del vinto Mondo intero,
Se stessa ornar del rifiutato Impero,
E del trionfo di se stessa. Io vidi
Del regio Soglio al piè schiava ritrosa
Star l'Eresia pensosa,

E in van fremer l' Invidia; e tra i più fidi
Festosi applausi e gridi

All' alta Vincitrice

Tutte inchinarsi le 'bell' Arti Ancelle,
E'l gran Nome felice

Per lo Cielo portar l'aure più snelle.
VII.

Dier voto allora, e voce

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Ebbero in te le più bell' Arti, e nuova
Colonia eresser sul Tarpeo le Muse
E tutte i vidi con mirabil prova
Per lei sudar le penne, e metter foce
Tutte in Lei del saper l'acque confuse.
Cetra non tacque allor, nè fabbro chiuso
L' Istoria; e voce in celebrar Costei
Mancò alle Prose. Ma in diversi modi
Tradiro il ver le lodì;

Onde cotanto per virtù di Lei,

Chiara, e sì grande sei;

Che d'alta fama, e loda

Chiunque il pregio, viaggiando, merca,
Se a varj lidi approda,

Sol

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