Quel, ch'ella par quand' un poco sorride, Non si può dicer, nè tenere a mente, Sì è nuovo miracolo gentile.
NULLA mi parrà mai più crudel cosa, Che lei, per cui servir la vita smago: Chè'l suo desire in congelato lago, Ed in fuoco d'amore il mio si posa. Di così dispietata e disdegnosa
La gran bellezza di veder m' appago, E tanto son del mio tormento vago, Ch' altro piacere agli occhi miei non osa. Nè quella, ch'a veder lo Sol si gira,
E'l non mutato amor mutata serba, Ebbe quant' io giammai fortuna acerba: Onde, quando giammai questa superba Non vinca, Amor, fin che la vita spira, Alquanto per pietà con me sospira.
O DOLCI rime, che parlando andate Della donna gentil, che l'altre onora, A voi verrà, se non è giunto ancora, Un, che direte: Questi è nostro frate. Io vi scongiuro che non lo ascoltiate
Per quel signor, che le donne innamora; 2080 Chè nella sua sentenza non dimora Cosa, che amica sia di veritate.
E se voi foste per le sue parole
Mosse a venire inver la donna vostra ; Non vi arrestate, ma venite a lei. Dite: Madonna, la venuta nostra È per raccomandare un che si duole Dicendo: Ov'è il desio degli occhi miei?
OLTRE la spera, che più larga gira, Passa il sospiro, ch' esce del mio core: Intelligenza nuova, che l' Amore Piangendo mette in lui, pur su lo tira. Quand' egli è giunto là, dov' el desira, Vede una donna, che riceve onore, E luce sì, che per lo suo splendore Lo peregrino spirito la mira. Vedela tal, che quando il mi ridice, Io non lo intendo, sì parla sottile Al cor dolente, che lo fa parlare. So io che parla di quella gentile, Perocchè spesso ricorda Beatrice,
Sicch' io lo intendo ben, donne mie care.
ONDE venite voi così pensose?
Ditemel, s'a voi piace, in cortesia: Ch'i' ho dottanza che la donna mia Non vi faccia tornar così dogliose. Deh! gentil donne, non siate sdegnose, Nè di ristare alquanto in questa via, E dire al doloroso, che disia Udir della sua donna, alcune cose;
Avvegnachè gravoso m'è l'udire :
Si m'ha in tutto Amor da sè scacciato, Ch'ogni suo atto mi trae a finire. Guardate bene, s' io son consumato ; Ch' ogni mio spirto comincia a fuggire, Se da voi, donne, non son confortato.
O PATRIA, degna di trionfal fama,
De' magnanimi madre,
Più che in tua suora, in te dolor sormonta: Qual è de' figli tuoi, che in onor t'ama, 2120
Sentendo l' opre ladre
Che in te si fanno, con dolore ha onta.
Ahi quanto in te la iniqua gente è pronta A sempre congregarsi alla tua morte,
Con luci bieche e torte,
Falso per vero al popol tuo mostrando. Alza il cor de' sommersi ; il sangue accendi; Sui traditori scendi
Nel tuo giudicio; sì che in te laudando
Si posi quella grazia che ti sgrida,
Nella quale ogni ben surge e s' annida.
Tu felice regnavi al tempo bello
Quando le tue rede
Voller che le virtù fussin colonne :
Madre di loda e di salute ostello,
Eri beata, e colle sette donne.
Ora ti veggio ignuda di tai gonne: Vestita di dolor, piena di vizii; Fuori i leai Fabrizii;
Superba, vile, nimica di pace.
O disnorata te! specchio di parte, Poichè se' aggiunta a Marte, Punisci in Antenora qual verace Non segue l'asta del vedovo giglio ;
E a qu' che t'aman più, più fai mal piglio. Dirada in te le maligne radici,
Che hanno fatto il tuo fior sudicio e vano,
E vogli le virtù sien vincitrici;
Sì che la fè nascosa
Resurga con giustizia a spada in mano.
Segui le luci di Giustiniano,.
E le focose tue mal giuste leggi
Con discrezion correggi,
Sicchè le laudi 'l mondo e 'l divin regno: Poi delle tue ricchezze onora e fregia
Qual figliuol te più pregia,
Non recando a' tuoi ben chi non n'è degno: Sì che prudenza ed ogni sua sorella
Abbi tu teco; e tu non lor rubella. Serena e gloriosa in sulla ruota
D'ogni beata essenza,
(Se questo fai) regnerai onorata:
E 'l nome eccelso tuo, che mal si nota, Potra' poi dir, Fiorenza.
Dacchè l' affezion t' avrà ornata, Felice l'alma che in te fia creata!
Ogni potenza e loda in te fia degna: Sarai del mondo insegna.
Ma se non muti alla tua nave guida. Maggior tempesta con fortunal morte Attendi per tua sorte,
Che le passate tue piene di strida. Eleggi omai, se la fraterna pace Fa più per te, o 'l star lupa rapace. Tu te n' andrai, canzone, ardita e fera,
Poichè ti guida Amore,
Dentro la terra mia, cui doglio e piango;
E troverai de' buon, la cui lumiera Non dà nullo splendore,
Ma stan sommersi, e lor virtù è nel fango. Grida: Surgete su, chè per voi clango. Prendete l'armi, ed esaltate quella; Chè stentando viv' ella;
E la divoran Capaneo e Crasso, Aglauro, Simon mago, il falso Greco, E Macometto cieco,
Che tien Giugurta e Faraone al passo. Poi ti rivolgi a' cittadin suoi giusti, Pregando si ch' ella sempre s' augusti.
ORA che'l mondo s'adorna e si veste Di foglie e fiori ed ogni prato ride, E freddo e nebbia il ciel da sè divide, E gli animali comincian lor feste; Ed in amor ciascun par che s' appreste, E gli augelletti cantando, lor gride, Che lascian guai e di lamenti stride, Fanno per monti, per prati e foreste; Però che 'l dolce tempo allegro e chiaro
Di primavera col suo verde viene, Rinfresco in gioia e rinnuovo mia spene; Come colui, che vita ed onor tiene
Da quel signor, che sopra gli altri è caro, Lo quale a me suo servo non fia avaro.
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