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poemi di Virgilio pose lungo ed amoroso studio, ma che nelle sue liriche ritrasse la vita ch'egli veramente viveva e la natura, quale egli la sentiva. Dalle liriche del Pontano," il poeta più moderno e più vero del suo tempo e del suo paese emerge l'uomo, quale fu storicamente, l'uomo che non si fa scrupolo di porre in bocca al figliuolo il racconto di tutte le sue colpe verso la moglie, l'uomo che passa incostante dall'ammirazione entusiastica all' odio, che oggi esalta gli Aragonesi e che domani li mette in satira; 3 e più tardi prende le insegne del loro più acerrimo nemico: accozzo strano di virtù e di vizio, che ha gemiti di vero e profondo dolore per la morte di sua moglie e di lì a poco entusiasmi per un'altra donna volgare, che ha affetti candidi e miti quando canta l'educazione d'un suo figliuolo e più tardi la santità dei rapporti tra figlio e padre profana e calpesta.

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L'Ariosto in latino cantò "i primi suoi amori, le prime sue gioie e le cure e le incurie e i capricci e i dispetti,. E nelle sue liriche latine

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1 CARDUCCI. Studî letterari. Livorno, 1874. p. 77.

2 Nel dial. Antonius.

3 Nel dial. Asinus.

4 Eridani Lib. II.

5 De Amore coniugali, Lib. 1.

6 Cit. dial. Antonius.

7 CARDUCCI. Delle poesie latine edite e inedite di L. Ariosto;

pag. 18.

egli ha trasfuso tutto sè stesso: la natura egli la sente e la ritrae in un modo tutto suo, con quell'arguzia fina e bonaria, non a traverso l'amor di Tibullo, al quale, per reazione contro i troppi, che soverchiamente adorarono Catullo, nelle forme, egli s'era accostato. 1

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Il Vida, il vate, cui, al 'dir dell'Arsilli, aveva prediletto il buon genio di Virgilio, nelle sue liriche trasfonde tutta la calma e la serenità dell'anima sua. Reco ad esempio la stupenda elegia ai Mani de' suoi genitori, soavissimo inno alla santità della religione famigliare. 3 C'è tutto il Vida, il santo uomo che scorre la sua vita nel culto de' più candidi affetti e nella calma speranza dell'asceta. Quand'egli descrive i genitori già vecchi, e per l'età cadente tornati ai puerili trastulli, e sè intrattenentesi con essi, quando ricorda i sacrifizi da quelle buone anime sofferti per lui, le loro speranze ch'egli così splendidamente ha compiute, e il desiderio di viversi tranquillamente con loro, nella modesta casa de' suoi padri, dopo gli onori toccatigli in Roma, e di prestare ad essi, sottomesso come un fanciullo, tutte le più attente e le

La predilezione per Tibullo parmi notevole anche in Ercole Strozzi, il quale spesso ha tibulliana le frase, l'immagine e il movimento del verso.

Poemetto cit.

3 Gelelmi Vidae et Leonae Oscasalae parentum manibus. (Carminum Lib.)

più pietose cure figliali, trasfonde nel canto tutto intero sè stesso, e l'adoratore di Virgilio scompare.

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Il Castiglione, pur troppo, ci ha lasciato ben poche liriche latine. Fra queste poche è notevole quella che il poeta finge scrittagli dalla moglie Ippolita Torelli, quand'egli dimorava in Roma. C'è dell'affetto soavemente efficace, quando si trattiene a descrivere le pene della buona donna, che ovunque cerca il diletto marito e non si sazia di contemplarne l'immagine e d'intrattenersi parlando di lui con chiunque acceda alla sua casa deserta e sconsolata, e le ansie e le inquietudini e i terrori che le recano le vaghe e sinistre novelle di tumulti là dove soggiorna il marito; c'è vivezza stupenda, quando Ippolita aspramente si querela della troppa lunga assenza di lui, ed ha parole di gelosia e di sospetto per le vaghe sirene, che a lui forse consolano il soggiorno di Roma. Non è difficile che l'autore del Cortegiano non facesse dire in questo alla moglie che la pura e semplice verità.

E nelle liriche latine del Poliziano, c'è un caldo

'Dall'editore delle opere di Olimpia Fulvia Morata (1562) codesta elegia fu attribuita ad Ippolita Torelli, e pubblicata come cosa di lei, e fu più tardi ristampata come dovuta alla Torelli fra i Cimeli Letterarî del Colomiés nell'edizione parigina del 1668.

Cfr. Memoires pour servir à l'histoire des hommes illustres dans la republique des lettres. Paris, 1729-45. Vol. xxvi, p. 95 e seg.

soffio di vita nova; di tutte quelle liriche può dirsi ciò che felicemente nota il Villari a proposito dell'elegia in morte di Albiera degli Albizzi: "pare che il sentimento pagano per la bella forma e l'eterna gentilezza di pittori del Quattrocento si siano riuniti, che la lingua italiana si sia fusa con la latina, la qual pur essendo morta, ritorna come lingua parlata, e viva, tanta è la sua freschezza.1 Il Poliziano che raggiunge una eccellenza di forme, che si cercherebbe invano negli umanisti venuti prima, reca ne' suoi carmi una libertà d'ispi razione ancora ignota a quelli, troppo avvezzi a sentir la vita e la natura a traverso l'amore del classico prediletto; la vita a cui egli attinge non

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1 VILLARI. Niccolò Macchiavelli e i suoi tempi. Firenze, 1874-87.

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MDCXLVIII) Cfr. Poesie volgari inedite e poesie latine e greche edite e inedite di Angelo Ambrogini Poliziano raccolte e illustrate da ISIDORO DEL LUNGO. Firenze, 1867. Pref. p. xI.

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E il Mencke scrive che le liriche latine del Poliziano exspressam quamdam veterum poetarum possunt imaginem raepraesentare. "

Historia Vitae et in literas meritorum Angeli Politiani ortu Ambrogini. Lipsiae MDCCXXXVI.

È pure da notarsi come alle liriche latine del Poliziano non sia da rimproverare affatto quella “oscurità e singolarità affettata, rimarchevole nelle sue prose, per la quale Bartolomeo Scala satiricamente dicevalo ferruminator e trovatore di portenta verborum.

Cfr. SABBADINI. Storia del Ciceronianismo. Torino, 1886; p. 35.

è quella di que' poeti, ma è la gaia vita della Firenze medicea, rallegrata dal rifiorire delle arti e dal felice rinnovellarsi del pensiero.

Il Flaminio :

....tener, splendidus, canorus „

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"Cujus avena potest scribere quidquid„,

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di forme virgiliane riveste i suoi miti e candidi affetti; ma egli non è semplicemente un grande adoratore di Virgilio, ma un artista che sente la natura in maniera tutta sua e che trasfonde nel canto sentimenti e affetti suoi.

Il Fracastoro ha la tranquillità di osservazione e di sentimento, tutta propria dello scienziato, e insieme una franchezza e un'energia di tocco tutta sua; anche nelle liriche si sente il gran poeta del De Morbo Gallico, nel quale con serena calma e verità mirabile descrive i particolari più minuti e più terribili dell'infestante flagello."

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Ma la più mirabile vivezza e profondità di sentimento, la troviamo nelle liriche d'argomento

1 GIOVIO. Dial, de vir, ill.

2 ARSILLI. Poem. cit.

3 Basterebbe ricordare questo brano del lib. 1:

"Protinus informes totum per corpus achores
"Rumpebant, faciemque horrendam, et pectora foede
Turpabant; species morbi nova: pustula summae
"Glandis ad effigiem et pituita marcida pingui;

Tempore quae multo non post adaperta dehiscens,
"Mucosa multum sanie taboque fluebat.

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