Sayfadaki görseller
PDF
ePub

in nome di Dio! E poi Carlo diceva di non aver Giacomo appreso nulla da' preti. Nulla di buono

certamente.

Quel caro primogenito di Monaldo era cosi ben riuscito secondo il paterno cuore, era divenuto un così perfetto pedantello, un così perfetto chiericale, che fino all'età di vent'anni circa poteva ben estimarsi un vaso d'elezione, scrivendo oltre le belle cose accennate innanzi ed altre omesse, scrivendo nel 1815, nella età di diciassette anni, una filippica contro quell' infame Gioachino Murat il quale benchè re e di nascita straniero tentò incarnare l'infernal disegno di render l'Italia indipendente, benedetto soltanto da pochissimi traviati come quel Luigi Biondi nell'ode saffica tanto nota che comincia:

Letto facendo della mano al volto;

o come quell'Alessandro Manzoni che, se ben cattolico, osò scrivere una poesia della qualità che ognuno può immaginarsi da' primi versi:

O delle imprese alla più degna accinto,
Signor, che la parola hai proferito

Che tante etadi indarno Italia attese!

No, no, il figlio del conte Monaldo non era un

cattolico liberalesco secondo la moda del 48, ma un vero purissimo intransigente. Inoltre, quel caro Giacomuccio nello stesso anno 1815 scrisse, e credesi in due mesi, o cominciò, il mirabile Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, che il filologo tedesco De Sinner competente nella materia giudicò: Admirande lectionis et eruditionis opus ). Il Saggio mostra veramente una meravigliosa lettura e un ingegno solido, ma le tendenze e lo stile carico e smorfioso sembrano d'un frate. L'erudito è quasi compiuto, ma l'uomo ha una tale chierca! E questo è un fatto, avendo il conte Monaldo nella sua ferventissima pietà fatto già tonsurare il capo di quel figlio che dovea soltanto esser poi sacro alle grandi sventure. Nel saggio suddetto dopo aver esposto i molti pregiudizi degli antichi su' numi, sugli oracoli, sullo starnuto, sulla magia, i sogni, i terrori notturni, ecc. ecc., pregiudizi quasi tutti vivi nel seno della società attuale; invece di passar in ultimo ad esporre i pregiudizi propri de' popoli beneficati da una rivelazione divina, vi guizza di mano e riesce in una conclusione inaspettata, in un inno alla religione cattolica. Religione amabilissima! È pur dolce poter terminare col parlar di te ciò che si è cominciato, per

[ocr errors]

(1) Prefazione all' Excerpta ex schedis criticis Jacobi Leopardi, comitis; Bonax, 1834.

far qualche bene a quelli che tu benefichi tutto giorno, è pur dolce poter concludere con animo fermo e sicuro, che non è filosofo chi non ti segue e non ti rispetta, e non v'ha chi ti segua e ti rispetti, che non sia filosofo. Oso pur dire che non ha cuore, che non sente i dolci fremiti di un amor tenero, che soddisfa e rapisce; che non conosce le estasi in cui getta una meditazione soave e toccante, chi non ti ama con trasporto, chi non si sente trascinare verso l'oggetto ineffabile del culto che tu c'insegni. Comparendo nella notte dell' ignoranza (che pur era il secolo d'Augusto), tu hai fulminato l'errore, tu hai assicurata alla ragione e alla verità una sede che non perderanno giammai. Tu vivrai sempre, e l'errore non vivrà mai teco. Quando esso ci assalirà, quando coprendoci gli occhi con una mano tenebrosa, minaccerà di sprofondarci negli abissi oscuri che l'ignoranza spalanca avanti a' nostri piedi, noi ci rivolgeremo a te, e troveremo la verità sotto il tuo manto. L'errore fuggirà come il lupo della montagna inseguíto dal pastore, e la tua mano ci condurrà alla salvezza. »

Che stile! che roba! Chi indovinerebbe il futuro Leopardi sotto tali arnesi? Non è vero dunque ch'egli si rifece tutto con le proprie forze? Ma poichè la prima parte della vita di Leopardi appartiene alla

sua famiglia, di essa occorre prima far qualche menzione.

Caso strano! Considerando gli effetti che apparvero nel giovane Leopardi, quella famiglia, que' genitori ci si mostrano dapprima sotto un aspetto molto oscuro. Ma quando poi entriamo nella loro casa, quando li conosciamo più da vicino, specialmente quel padre che da noi si credeva la bestia più nera del mondo, il nostro giudizio si modifica essenzialmente e la nostra ripugnanza cessa. E ciò perchè quella famiglia, nonostante che lontana tanto dal nostro modo di vedere, è sempre una famiglia onestissima, amorevolissima, senza ombra d'ipocrisia. Le loro opinioni son false, ma di buona fede, ed i loro cuori eccellenti. Vi si respira non so che di nobile e di puro. Nulla che gli disonori, anche quando segui la divisione tra il padre e il figlio, la lotta, le querele più amare; anche quando morto Giacomo, essi rimpiansero forse più l'impenitenza che la sua perdita immensa. E d'altra parte Giacomo Leopardi benchè preferisse qualunque supplizio a quello di vivere in casa, non odiò, non disprezzò mai suo padre, da cui fu sempre tenerissimamente amato. La mente era soltanto ottenebrata al conte Monaldo, ma il cuore era buono da non temere il giudizio della posterità più severa.

§ 2.

In un volume di lettere scritte a Giacomo Leopardi da' suoi parenti, edizione curata da Giuseppe Piergili, Lemonnier, 1878, tutti parlano i cari parenti suoi, i genitori Monaldo e Adelaide, Carlo, Paolina, Luigi, Pierfrancesco, fratelli, e la zia Ferdinanda, sorella di Monaldo, e tanto conforme al gran nipote nel sembiante e nella squisitezza del sentire. C'è un vocío di famiglia tanto attraente, un tale amore fra di loro, un candore, un odor di casa paterna, una sensibilità squisita e quasi febbrile, un tutto così armonico e poetico velato come da una nube di tristezza dalla prima all'ultima pagina. Non Giacomo soltanto è infelicissimo per tutte le cause ad ognuno manifeste, ma anche Paolina e Carlo, i suoi primi unici compagni; anche la zia Ferdinanda, oppressa da un peso di dolor continuo, non per le medesime cause de' giovani, e non alleviato neppur dalla sua fervida religione. Una tristezza proprio di famiglia, e forse è un sentimento naturale alle antiche famiglie sopravvissute a' loro tempi in questi secoli plebei.

La persona che più somiglia a Giacomo nel fisico

« ÖncekiDevam »