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vavano le parole, Leopardi per essere la prima volta al cospetto di un uomo cosi insigne; e Niebuhr perchè non si aspettava il più dotto filologo italiano cosi giovane e in quel misero corpo.

« Potete immaginarvi la mia meraviglia, diceva Niebuhr a Bunsen, quando mi vidi innanzi questo giovinetto pallido, infermo, timido, il primo anzi il sclo ellenista italiano, autore di osservazioni critiche che farebbero onore a un Tedesco. Ed ha imparato tutto da se solo, senza alcun soccorso, confinato nella casa paterna. » Nè pago di manifestare in privato la sua ammirazione, ne scrisse ne' seguenti termini nella prefazione al suo Merobaude:

« Eruditi, quorum egregia inventa profero, sunt Bluhmius, iam inter ICtos nobilitatus; et Comes Jacobus Leopardius, Recanatensis Picens: quem Italiæ suæ iam nunc conspicuum ornamentum esse, popularibus meis nuntio; in diesque eum ad maiorem claritatem perventurum esse, spondeo: ego vero, qui candidissimum præclari adolescentis ingenium, non secus quam egregiam doctrinam, valde diligam, omni eius honore et incremento lætabor (). »

(1) Præf. ad Flavii Merobaudis carmina, ed. 2, pag. 13. Flavius Merobaudus viveva nel V secolo dell'E. C. Nel 1813 si scoperse a Roma una delle sue statue, e sulla base una lunga iscrizione dichiarandolo « uomo del pari valoroso che dotto, eccellente cosi nel fare opere degne come nel lodarle in altri, » Tale statua fu innalzata nella basilica Ulpia l'anno 435 di Cristo, per ordine degl' impera

Leopardi mosso dalla rara amorevolezza del buon Tedesco, gli porse una domanda d'impiego per il segretario di Stato Consalvi; poichè Niebuhr sentendo come Leopardi fosse necessitato a partir di Roma, gli domandò se non accetterebbe un impiego (marzo 1823). Ma dopo la pasqua dello stesso anno Niebuhr parti, e il suo raccomandato non ottenne più nulla perchè nè volle farsi prete nè entrare nella carriera prelatizia, cioè vestire soltanto da prete. Pure Niebuhr benchè partito da Roma e benchè per la morte di Pio VII e la dimissione del ministro Consalvi non potesse essergli più utile, non dimenticò mai Leopardi e continuò a cercarlo con lettere e doni fino a Recanati, mandandogli per mezzo del signor De Bunsen che gli successe nella carica di rappresentante il re di Prussia a Roma e nell'amore a Leopardi, mandando, dico, a un giovane oscuro e trattato come un ragazzaccio nella casa paterna, il Merobaude allora edito (1,305).

tori Teodosio II e Valentiniano III che desideravano per tal modo perpetuar la gloria da lui acquistata nelle armi e nella poesia (vel industriam militarem, vel carmen). Le sue imprese militari rimasero ignote, come le sue poesie fino all'anno 1823. Allora Niebuhr scoperse in un palimpsesto appartenente al monastero di S. Gallo de' versi latini del V secolo, senza nome d'autore. Non per tanto da certe parole della prefazione, concordi con l'iscrizione della statua nella basilica Ulpia, si può quasi con certezza attribuir tali poesie a Merobaude. I frammenti di queste poesie furono editi la prima volta da Niebuhr nel 1823 a Bonn.

A Roma Leopardi cominciò a ridersi de' suoi studi d'erudizione, e tuttavia in quella città li ripigliò perchè soli che dessero riputazione. Tutta la letteratura di Roma si chiudeva nell'archeologia, frivola, pettegola, perduta dietro minute e oziose ricerche, senza servir di lume, come dovrebbe, alla storia. Era quella specie d'archeologia marchiata col nome di antiquaria. Si levava a cielo le più insigni sciocchezze, disprezzando i più grandi ingegni del secolo come inferiori al minimo letterato di Roma. ed avvolgendo nello stesso disprezzo la filosofia. Certamente la cattiva semenza ancora persiste in quella città, ma accanto ad essa già sorgono nuove e splendide piante e a questo proposito ricorderò con vera soddisfazione dell'animo i nomi del Comparetti e del Tommasini. Ma a que' tempi l'antiquaria era pe' Romani la cima del sapere. Letterato non importava altro che antiquario. Una città morta non poteva occuparsi che di siffatti studi. Meraviglia è che anche oggi certi pretesi poeti romani hanno il coraggio di rifriggere dopo tanti rifrittumi in tutta l'Europa, specialmente nel teatro francese ed italiano, i Coriolani, i Camilli, i Bruti, le Messaline, ecc.

Cosi fini il primo viaggio di Leopardi e la prima dimora a Roma, dal novembre 1822 all'aprile 1823,

cinque mesi. La prima prova era riuscita infelicissima. Si sentiva straniero al mondo da cui era stato escluso per tanto tempo, straniero e spregiato agli Italiani a' quali era tanto superiore. Il suo pensiero in questo viaggio si poteva soltanto riposare con orgoglio su qualche straniero che lo aveva quasi scoperto e poi onorato, amato, fattogli cuore come nessuno della propria famiglia e della propria na

zione.

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Nel 1825 accetta una proposta
GI' in-
Sospira Recanati - Il De

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del libraio Stella e riparte da Recanati Impressione di Bologna Torna a Bologna ed insegna

cresce Milano

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Rifiuta Cinonio

-- Suoi biografi grammatici e retori - Altri disinganni - Va a Firenze nel

giugno 1827 Sua opinione sul Manzoni

il passato

se ne astiene

Va a Pisa

Sospira sempre

Nel 1828 torna a Firenze
Antonietta Tommasini e sua figlia si recano a Firenze per

Sue tendenze al suicidio e perchè

lui Nello stesso anno, accompagnato da Gioberti, torna a Recanati - Gli si promette la cattedra di storia naturale nell' università di Parma Gh amici di Toscana lo sottraggono di nuovo a Recanati Nel 1829 torna a Firenze Sua dedica agli amici di Toscana Smentisce d'esser l'autor de' Dialoghetti Nel 1833 va a Napoli - A' 14 giugno 1837 vi muore.

§ I.

Ritornò dunque a Recanati infermo fisicamente e moralmente com'era partito e con una illusione di

meno.

Le cause della sua infelicità erano varie e profonde, ma alcune procedevano da' suoi tempi, da un modo falso, per quanto allora in voga, di riguardar la vita. Per Leopardi, o non si dovrebbe vivere, o si dovrebbe « sempre sentire, amare, sperare

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