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CLORI, ED ELPINO.

DI DE ROSSI.

D'amor, d'eterna fede
Ripetea giuramenti
Elpin di Clori al piede :
Ma Clori i dolci accenti
Tronca, e dice ad Elpino;
Perchè nel mio giardino
Le tante vezzosette
Erranti farfallette

Che in queste ore del giorno
Ci scherzavano intorno,
Oggi più non ammiro?
Da che mancaro i fiori
Le farfalle fuggiro,
Rispose Elpino a Clori.
E la Ninfa sagace
Pronta allora ripiglia;
Se la beltà vivace
Ad un fiore somiglia ;
Se le farfalle erranti
Somigliano agli amanti;
Vo', che ti stringa Imene
Con tenaci catene,

O insetto volatore

Pria, che perisca il fiore.

PER UN POETA.

EPITAFFIO DI RONCALLI.

Sepolte in questa fossa

Son d'un poeta l'ossa,

Che col solo mestier de' carmi visse ;
Pensa, o Lettor, quante bugíe mai disse

AL CANARINO DI NICE.

DI ANGUILLESI.

Garrulo passerin, che avvinto in questi
Tenaci nodi con dolor ti miri,

Ed inquieto ognor piangi, e sospiri.
La cara libertà, che un dì perdesti.
Ah! se sapessi mai qual man ti arresti,
Qual è quel seno, in cui talor ti aggiri,
Cesserebbero forse i tuoi martíri,

Forse il natío vagar disprezzeresti.

La sorte tua non desta in me pietade,
Anzi invidia mi fa; sorte infelice,

Qual sembra a te, perchè su me non cade?
Tu sdegni, io bramo ognor, viver con Nice
Tu felice saresti in libertade,

Ed io ne' lacci tuoi sarei felice.

IL RITRATTO.

DEL MEDESIMO.

Cinta ognor da mille, e mille
Caldi amanti ancor vedea
La gentil vezzosa Fille
Vaga Ninfa onor d'Alfea.
Ogni cor per lei sentiva

Per lei sol acuto strale ;
Essa intanto altera, e schiva

Fea beato un sol mortale.
Della turba afflitta, e grama
L'aspro fato doloroso

Toccò Amor, che a chi ben ama

Tosto, o tardi, è Amor pietoso.

E sì dolce, che natura

D'un lavoro così bello

Dato avea con troppa usura
Ai mortali un sol modello.

"Quanto avara in tua bell'opra,
O Natura, ognor tu sei,
Mentre ricca ognun ti scuopre
Nei prodotti ingrati, e rei.
Tanto error, che mille espose
Alme amanti a duol sì rio ;
madre delle cose

O gran

Emendar saprò ben io.

Se formando un vago oggetto
Tu volesti unico farlo,

Io tel dico; a tuo dispetto
Io saprò moltiplicarlo."
Disse Amore: E in vago giro
Disegnò Fille immortale
Sopra Batavo papiro
Colla punta d'uno strale.
Indi a giovane pittore

Della patria onore, e speme,
Ratto il vol drizzando Amore
Vieni, disse, opriamo insieme.
Scegli Arsindo, i tuoi pastelli ;
Siedi all' opra agile, e destro ;
Prendi or questi, or prendi quelli
Non temer, son tuo maestro.

Ei s'accinge all' alta impresa
Come quei, che sull' Idaspe
Pinse un dì coll'alma accesa
La bellissima Campaspe.
Già la fronte appar di neve
E i finissimi capelli,

Che l'adombran lieve lieve
Nereggianti, e ricciutelli.

Da cerulca fascia adorno,

È il bel crin sul manco lato:
Par, che scherzi a lui d'intorno
Zeffiretto innamorato.

Ecco il fulgid' occhio nero
Il vivace, e roseo labbro,
E la guancia, ove sincero
Siede il minio, ed il cinabro.
Ecco il bel collo tornito

Da cui pende un nero nastro,
Ecco il saldo bipartito
Colmo petto d'alabastro.
Ecco alfin l'imago intera

Di colei, che in sen di mille
Guerra muove, ecco l'altera
La gentil vezzosa Fille.
Già compiuta l'opra mira :

Pur contento Amor non è,
E s'accorge, e se n'adira
Che le manca un non so che.
Ah! quel fuoco, onde tu scocchi
Lampi, e strali ad ogni tratto,
Ah! l'ardor de' tuoi begli occhi
Manca, o Fille, al tuo ritratto.
Così allor, che argenteo velo

Ha di Cintia il raggio assorto,
Noi veggiam Cintia nel Cielo
Ma il suo volto è freddo, e smorto.
Il difetto Amor distinse,

E il lavoro in man ripreso,
Tosto a infondervi s'accinse

De' tuoi lumi un raggio acceso.

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