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ed i digesti; non contava che 14 anni quando scrisse la Tragedia del Giustino. Nel 1718 il celebre Gravina avendo terminati i suoi giorni, prima della sua morte aveva di già dal 1717 instituito erede il suo prediletto alunno. Dopo la sua morte il nostro Poeta abbandonò intieramente il jus pubblico, e si diede allo studio delle muse. Dopo qualche tempo avendo consumato il suo patrimonio si transferì in Napoli per applicarsi di nuovo alla legge. Il Vicerè di quella capitale consapevole del suo merito l' obbligò a scrivere un dramma, che fu quello degli Orti Esperidi; e ne ottenne la ricompensa di dugento ducati, ed inoltre le valse l'affetto della celebre cantatrice Marianna Bulgarini, detta in quel tempo la Romanina; ella stessa l'obbligò a scrivere un secondo dramma la Didone abbandonata. Dopo qualche tempo passò in Roma in compagnia della stessa Bulgarini, dove compose il Catone in Utica, e molte altre produzioni. Soffiì molto nella sua patria mercè le calunnie de' suoi nemici, ma molto fortunatamente per lui, quando all'improviso si vide giungere da Vienna un grazioso invito per essere impiegato alla Corte Imperiale in qualità di Poeta, e per essere successore del celebre Apostolo Zeno. Parti egli dunque da Roma ai 17 Aprile 1730. Appena giunto in Vienna si presentò al principe Pio di Savoia Ispettore della musica, e de' Teatri Imperiali, fu dal medesimo presentato alla Corte, e fu molto ben ricevuto da Carlo VI. Nel 1734 Marianna passò all' altra vita e lo lasciò erede di venticinque mila scudi. Si acquistò oltremodo la stima di Maria Teresa e di Giuseppe II. come anche di tutti i Sovrani che visitarono Vienna. Ebbe il contento di vederci il Romano Pontefice Pio VI. ne' 22 Marzo 1783; ma nel medesimo tempo fu assalito il 2 Aprile da violentissima febbre; ed ai 12 dell' istesso mese nell' anno 1782 morì in età di anni 84 e mesi tre.

IL CONTE FRANCESCO ALGAROTTI.

Nacque in Venezia a dì 11 di Decembre dell' anno 1712 di Rocco Algarotti e Maria Meratti; fu educato in Roma nel Collegio Nazzareno dove rimase sino all' età di 14 anni, fu richiamato allora nella sua patria, ed indi fu mandato a Bologna sotto il celebre Eustachio Manfredi; nel qual tempo imparò anche la Filosofia sotto il celebre Francesco Zanotti. Passò sei anni in questi filosofici studj all' ampliazione de' quali, contribuirono anche assai le pubbliche lezioni di Fisica sperimentale del celebre Dottor Beccari. Attese egli soprattutto alla Fisica, alla geometria ed algebra. Una prova del suo valore in sì fatte scienze sono le lettere di M. de Clairaut e di M. di Maupertuis, i quali desideravano averlo per compagno, quando passarono nella Svezia a determinare la figura della Terra. All' età di anni 22 si portò a bella posta nel ritiro di Cirey in Francia per visitare il Signor di Voltaire, il quale fu sorpreso di vedere in una età si giovanile tante grazie e tanto ingegno; in qual tempo strinse anche amicizia colla Marchesa di Chastelet. La prima opera data in luce dall' Algarottifu il Neutonianismo per le Dame, in dove procurò di spiegare in Dialoghi il nuovo sistema di Newton; la prima edizione di detta opera fu fatta in Milano colla data di Napoli nel 1737; l' istesso libro fu tradotto in Francese e poi in Tedesco che fu stampato a Brunswick nel 1734, e poscia in Inglese, Spagnuolo, e Portughese; si-applicò molto alla Poesia e per riuscirvi vieppiù studiò indefessamente i Poeti Greci e Latini, e diede alla luce molte bellissime composizioni poetiche. Il Congresso di Citera è un gentile e dilicato Libretto che è stato anche tradotto in tutte le lingue di Europa. Oltre la Poesia coltivò anche la Pittura e l'architettura; Federico i Grande si valse dell' opera sua per nobilitare gli spettacoli del

suo Teatro. Il Conte Algarotti fu non solamente profondo filosofo, poeta sublime, e perito nella Teorica delle belle arti, ed artista egli stesso; ma fu anche adorno di quella varia erudizione, che rende cari tutti i suoi libri. Fu dotto in molte lingue come nella Greca, Latina, Italiana, Francese, ed Inglese, nelle quali due ultime pervenne a scrivere anche elegantemente; come si vede in quando alla prima dall' Ifigenia, e quanto all' Inglese molte lettere rimaste fra le sue carte fanno fede, ch' egli scriveva bene anche in quell' idioma. I bellissimi monumenti della sua erudizione sono i dotti saggi che ci ha lasciati intorno a varie materie; come quello sopra la durata de' regni de' Re' di Roma, quello sopra la giornata di Zama; sopra il gentilesimo; sopra il commercio, sopra il Cartesio, sopra Orazio. Questo saggio è intitolato a Federico il Grande. Scrisse anche un saggiò sopra la necessità di scrivere nella propria lingua; scrisse sopra la rima; sopra la lingua Francese; sopra le due questioni; se le varie qualità de' papoli nascono dall' influsso del clima, o dalla virtù della legislazione, e perchè i grandi ingegni in certi tempi fioriscono tutti insieme. Abbiamo anche di lui il famoso libro delle Lettere militari. Quali lettere furono molto applaudite dai Marescialli Keith, e Schwerin e dal Principe Enrico di Prussia. Alle predette opere si devono aggiungere dodici lettere sopra i viaggi di Russia, parte dirette a Mylord Hervey, e parte al Marchese Maffei. Facendo menzione de' Principi che si valsero dell' opera del Conte Algarotti, il primo fu Federica il Grande, che di lui a ragione scrisse l'Algarotti.

IN BERLINO RISORGE ATENE, E ROMA.

Augusto III. Re di Danimarca onorò anche molto il nostro Filosofo, In Londra fu in molto pregio tenuto dalla Regina Guglielmina, dal Duca di York, che passando per Pisa nel

1764 e intendendo ch'era ammalato, andò a visitarlo. Dopo fatti molti viaggi in varie parti di Europa si ritirò a Pisa, dove finì di vivere a dì 3 di Maggio del 1764 neila fresca età di 52 anni.

L'ABATE ALESSANDRO GUIDI.

Nacque in Pavia nel 1650 il 14 di Giugno. Affiitti i Ge nitori dal vederlo così mostruosamente rilevato di petto, e di spalle, di losco, di gran proffilo, e di testa, che avrebbe desiderato un corpo molto più alto del suo picciolo, e raggruppato; pensarono di compensare la sconcezza della corporatura coll' abbellirlo di molte doti di animo. Egli invero sotto la direzione de' Padri Gesuiti fece meravigliosi progressi nelle umane lettere sino all' eta di 16 anni, ed arrivò all' onore d'esser dichiarato Principe della latina Poesia. Si transfert alla Corte di Parma, ove in Ranuccio II trovò un Mecenate, che lo provide di ricovero, e di onorevol trattenimento. Sentendo che il buon gusto della Poesia rinasceva in Milano, in Roma, in Firenze, e in Bologna, aspirò egli anche alla gloria di richiamare i Parmigiani sulle tracce del Petrarca del Costanzo, e del Zeno. Viveva a quel tempo in Roma Cristina la Regina di Svezia, protrettrice generosa de' Letterati. Appena capitarono sotto gli occhi reali i componimenti del Guidi, che lasciò uscir parole le quali risaputesi dal nostro Poeta si trasferì a Roma. Il Duca di Parma gliene accordò la permissione ; nè Alessandro s'ingannò nelle sue speranze, mentre essendo stato introdotto a S. M. dal Cardinal Decio Azzolini, fu accolto magnificamente, e fece non piccolo ornamento a quella sua Regia Accademia. Aveva per competitore Benedetto Menzini Fiorentino, uomo forse più profondo del Guidi nella cognizione de' Poeti Greci, Latini, e Toscani, ma non sì felice nell' immaginare, e non si dolce e maestoso nel verseggiare. Venne a morte la sua real protrettrice, ed ei restò senza premio

alcuno, come gli altri Cortigiani. Ma la Serenissima Casa Farnese protesse il Guidi, e gli assegnò un maestoso appartamento nel suo palazzo, dove diè l'ultima mano al suo Endimione. Questa fu la prima opera che si pubblicasse in Arcadia col nome pastorale dell' autore detto Erilo Cleoneo. Fu due volte Vicecustode dell' Arcadia, e tre volte Collega: tra dusse sei omelie in verso Toscano, e mentre il giorno 12 di Giugno del 1712 andando in carrozza per trasferirsi a Frascati affine di presentarle a sua Santità, e compiacendosi in trascorrere la sua opera, intoppò in un errore di stampa, si accese di cotale sdegno, così in un tratto svanendo, lasciarono senza moto l'umore delle vene, e de' nervì. Egli era nell' anno 63 dell' età sua così questo letterato morì in faccia della villa di Cicerone, e morì, come appunto lo desiderava, essendo solito a dire, che il peggior della morte si era l'apprenderla. Di questo autore abbiamo le seguenti opere.

Poesie liriche. Parma 1681 in 12 con un vol: di Prose
Amalasunta Dramma musicale. Parma 1681.4.

Accademia per musica fatta nel Real Palazzo della Maestà della Regina di Svezia. Roma 1684. 4.

L'Endimione. Roma 1692. 12.

La Dafne cantata. Roma 1692. 4.

Rime. Roma 1704. 4.

Sei Omelie di N. S. Clemente XI. spiegate in versi. Roma 1712. fol.

Sonetti, e altre Rime.

La Sofonisba, Tragedia lasciata imperfetta.

LA CONTINUAZIONE NEL SECONDO TOMO.

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