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Mentre lo stato ducale si apparecchiava a sostenere una nuova guerra, furono sopite le vecchie discordie, che regnavano da una parte tra gli abitanti della città, e dall'altra tra quelli del contado di Ventimiglia, valle di Lantosca, di Tenda e della Briga, tra i quali, per essersi quinci e quindi accresciuto il pagamento di certe gabelle e pedaggi, si era venuto alle rappresaglie ed alle mani (1). L'accordo scambievolmente stipulato da ambe le parti li 25 di gennaio nel palazzo episcopale di Ventimiglia, si fece per opera del Vescovo Filippo De Mari, il quale pare fosse in questo tempo amministratore, non solo del vescovato di Ventimiglia, ma anche di quello di Nizza; cosa che diede materia di querele ai Nizzardi, in un generale Consiglio tenuto li 3 settembre dell'anno antecedente, vedendosi privi della presenza dell'ordinario loro Pastore.

Da una sola parte il Duca poteva sperare di essere assistito, cioè voltandosi alla protezione dell' Imperatore Carlo V; ma questi si ritrovava in questo tempo impiegato in Affrica all'impresa di Tunisi, seguitato dal fiore della nobiltà d'Italia e di Spagna, principalmente da Andrea Doria, la virtù del quale avendo voluto l'Imperatore riconoscere con donargli il principato di Melfi nel regno di Napoli, e crearlo Cavaliere del Tosone di Borgogna (2), fu imitato dal Sommo Pontefice Paolo III, che, avendo

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(2) Sigon. in eius vita 1. 2. c. 9. 13. Iov. 1. 34.

saputo siccome in quest'occasione della guerra d'Affrica Cesare gli aveva commessa la direzione di tutto il marittimo apparato, lo volle particolarmente onorare con mandargli, acciò avesse Dio propizio nel combattere contro degl' infedeli, la spada, la berretta ed il cingolo benedetti. Fu parimenti a quest' impresa uno dei primi condottieri della gente italiana Giovanni, che dal Giovio ed altri malamente è detto Federico del Carretto, Marchese del Finale, figliastro di detto Doria, che appena smontato in terra, morì, ancor assai giovine, di un'archibugiata, mentre dal Marchese del Vasto era menato a riconoscere il paese (1).

Il distretto del Finale restò privo in quest'anno di un altro segnalato uomo, disgraziatamente anche esso tolto dal mondo, cioè di frate Angelo d'Albenga, pochi anni innanzi Abbate generale dei monaci Olivetani, ed ora Priore di S. Maria di Valle Pia del Finale, che in un naufragio restò affogato in mare (2).

Mentre gli Olivetani perdono il loro Generale, lo acquistano nello stesso tempo i frati Minori dell'osservanza di S. Francesco, che, avendo nel maggio di quest'anno celebrato, nel convento di S. Croce di Nizza, un Capitolo generale, al quale concorse gran numero di que' religiosi (ma non tanto quanto ha scritto Onorato Pastorello), elessero ivi Ministro generale fra Vincenzo Lunello spagnuolo della provin

(1) Sansovino delle famiglie ill. p. 208. Campana 1. 9. Ruscelli. (2) Lancelot. Hist. Oliv. 1. 1. p. 62. 63.

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cia di Cartagena (1), del quale tengo presso di me una patente da lui sottoscritta e sigillata di affigliazione in favore di Giovanetta e Bertina, madre e figlia, della famiglia de' Graglieri nobili di Nizza data in conventu Niciae S. Crucis die xvi mensis maii millesimo quingentesimo trigesimo quinto in die sancto Pentecostes. Di questo Capitolo generale fece menzione il più delle volte da me citato Lodovico Revelli nel suo libro scritto a mano, così dicendo: MDXXXV festis Pentecostes congregatum fuit Capitulum generale in Spiritu Sancto Niciae totius seraficae observantiae, in templo S. Crucis ex tribus orbis partibus, Asia, Africa, et Europa, et ab extremis Daciae, Scytarum, et Indorum finibus. Patres reverendi, et fratres Cordigeri seraficae observationis octingenti, et ultra interfuere, praedicationesque singulis diebus miranter resonabant in quacumque lingua: disputationesque in dies quocumque in scibili acutissime, et perspicacissime discutiebantur. Et reverendissimus pater F. Vincentius de Lunellis natione hispanus Generalis creatus fuit. Tenebiturque tale Capitulum generale Mantuae hinc ad annos sex, scilicet MDXLI.

Lo stesso giorno, 15 di maggio, passò di questa vita nella città di Chartres Giacomo de Terrail Vescovo di Glandevez, lasciando il luogo al succes

(1) Pastorel. in mon. S. Clarae Nicien. Britius in Seraph. mon. P. 208.

sore,

che fu Martino Bachetto (1). Eli 12 dello stesso mese Carlo Duca di Savoia rescrisse per le differenze che erano nate tra quei di Cuneo circa le precedenze, approvando il catalogo delle famiglie nobili, ossia della piazza, che il Consiglio di esso luogo di suo ordine aveva fatto (2). Nè ebbe altro di considerabile il presente anno, se non il matrimonio di Margarita di Tenda figlia del gran Bastardo di Savoia, fatto coll' assistenza del Re a Cremieu nel Delfinato, sposata ad Antonio di Lucemborgo figlio di Carlo di Lucemborgo Conte di Brienna, e di Chiarlotta d' Estontevilla (3). Isabella di Tenda di lei sorella restò moglie di Renato di Bastarnay Conte di Bouchage, Ciambellano del Re, figlio di Francesco di Bastarnay e di Francesca di Maillè. Il che si fece dopo che la vedova Anna Lascaris Contessa di Tenda loro madre ebbe ricuperato da Ansaldo de' Grimaldi le signorie del Maro, ed altri luoghi a lui venduti col patto del riscatto, come si disse, rimborsandogli, oltre i 14 mila scudi d'oro avuti, altri sei mila e 700 scudi da esso pretesi sì per le riparazioni fatte, che per somme imprestate ad alcuni sudditi di que' luoghi.

Ma l'anno 1536 che venne appresso, diede materia più copiosa di scrivere agl' Istorici, e di sospirare a molti popoli. Il Re di Francia avendo de terminato di spogliare il Duca di Savoia de' suoi

(1) Cl. Robert. et San-Marth. in Gall. Christ.

(2) Arch. castri Taur.

(3) Guichenon Hist. de Sav. p. 1102.

Stati, continuò più che mai furiosi gli assalti nel Piemonte, dove il Duca vedendo di non poter tenere la città principale di Torino, non che le altre minori piazze, dopo avere significato ai suoi popoli, che dopo aver fatta a' nemici quella resistenza, che fosse possibile, cedessero al tempo, conservando

nell' interno l'antica divozione e fedeltà verso la Casa di Savoia, egli con la moglie, e con tutta la famiglia scortato da mille seicento fanti, si ritirò l'undecimo giorno di marzo in Vercelli, lasciato Lodovico di Savoia Conte di Pancalieri suo Luogotenente in Torino, e nel resto del Piemonte, che ben presto venne quasi tutto in potere de' Francesi (1). Cominciò anche l'istesso Re a fare molti atti pubblici pregiudiciali alle cose del Duca, che fu nell'istesso tempo abbandonato da alcuni Prelati, quali non erano suoi sudditi naturali, come fecero i Vescovi di Nizza e del Mondovì, che erano quello Milanese, e questo Francese, intervenuti ambidue insieme con l'Arcivescovo di Milano, alla solenne sessione, che con i principali Prelati e Baroni di Francia fece il Re nel suo Parlamento li 15 di gennaro di quest'anno (2).

Indi voltando l'occhio particolarmente a rendersi padrone del Contado di Nizza, scrisse li 10 di marzo da Compiegne lettere-patenti al Conte di Tenda Seneschiallo, ed al Parlamento di Provenza,

(1) Campana 1. 10.

(2) Jehan du Tillet Recueil des rangs des grands de Fr. p. 435.

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