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questi dovendo con gli altri tutti rendersi a Nizza, passando dal canto del Mondovì e Ceva le montagne, discesero in riviera, dove rimesse l'artiglieria all'armata di mare per la strada marittima, marciarono verso detta città di Nizza. L'altra passò l'Alpi marittime, non già per la valle di Stura, Colle dell'Agnello e dell'Argentiera, come scrivono alcuni, i quali dicono che non avendo potuto obbligare ad arrendersi i luoghi di Rocca Sparviera e di Casteldelfino, guardati quello da Gio. Lodovico de Bolleri, che poi fu Vescovo di Riez, a nome del signor di Centallo suo fratello, che n'era padrone, e questo dal Capitano Paulino, per non perdere ivi il tempo, passarono oltre per le strade della valle di Barcellona e d'Antraunes, ma anticipatamente camminando per le strade di Limone e della Briga, andarono ad unirsi a Nizza con i suddetti, ed a questi era preposto D. Ferrante Gonzaga Capitano generale dei Cavalleggieri. Nella terza venivano il Marchese del Vasto con i Spagnuoli, di poi la Casa dell'Imperatore seguitata da Antonio da Leva, ch' era quello che principalmente aveva persuaso quest' impresa, di poi molte bande di Landschenetti, e dietro ad essi la persona dell' Imperatore, accompagnato dal Duca di Savoia, che desiderando s' attendesse in primo luogo a ricuperare le terre, che i Francesi tenevano in Piemonte, aveva dissuaso un tal viaggio, da sei de' suoi Ciambellani, dai Landschenetti di Gasparo di Fronsperg, e da una truppa di Spagnuoli e d'Italiani. Questi fecero la strada medesima

di Cuneo, di Limone, della montagna di Tenda, ossia di Corno, o della Cornia, e della Briga e Tenda.

Cominciossi a marciare dal principio sino alla fine di luglio, alli 26, del qual mese appunto l'Imperatore passò detta montagna, come è notato in certa inscrizione, che nella chiesa di Limone mi ricordo d'aver letto, sebbene in tal giorno alcuni lo fanno di già arrivato di là dal Varo al luogo di S. Lo

renzo.

Il Re di Francia intanto unendo da varie parti le sue forze per opporle agl'Imperiali, dalla città di Lione, dove allora si ritrovava, avendo mandato Anna di Montmorency gran Mastro di Francia in Provenza, fece ritirare dentro i luoghi forti tutte quante le vettovaglie, e da per tutto dare il guasto alla campagna, abbruciando ciò che non si era potuto ridurre in salvo, distruggendo i molini ed i forni, divertendo le acque, empiendo i pozzi, e disperdendo tutto ciò che pareva potesse servire al nemico di ricovero, di sostegno o d'alimento. Fece parimente far alto in Sisterone a seimila Landschenetti, che il Conte di Fustenberg conduceva in Piemonte per rinforzare il suo esercito, comandandoli, che aspettando ivi il resto delle sue truppe, che s'attendevano di Piemonte, andassero intanto a dare il guasto alle valli di Barcellona, d'Antraunes e di S. Steffano di Tinea appartenenti al Duca di Savoia. Il che da quei soldati, che erano Allemani, e la maggior parte Luterani, fu eseguito con tanto

rigore, crudeltà, sacrilegi, violazioni ed incendi che per un gran tempo tutto quel tratto di paese pianse una tal desolazione, non essendosi perdonato nè alle persone, nè tampoco alle cose sacre.

In questo mentre Claudio Conte di Tenda Seneschiallo di Provenza portossi verso de' confini per visitar quelle piazze, che fossero giudicate atte a far difesa, arrivò alla città di Grassa, dove anche poco dopo venne con gli uomini d'arme il Signore di Montigiano. E perchè si conobbe non potere detta città abbastanza fortificarsi, fu determinato d'abbandonarla, farvi breccie alle mura in cinque o sei luoghi per renderla inutile, e di metterli anche il fuoco. Steffano Colonna ed il Signore di Bonavalle, che verso gli stessi confini si erano avanzati, si divisero l'uno dall'altro con le loro genti, ascendendo quello verso il Delfinato per ricevere nuovi ordini dal Re, e questo drizzando il viaggio verso di Caliano, dopo aver lasciato il Signore di Miolano, acciò con sua banda di cavalli, e duemila fanti seguisse a rovinar la campagna, mandandogli per aiuto cinquanta altri cavalli della condotta di Montigiano suddetto. Ebbe anche da lui ordine di far l'istesso verso le montagne d'Entrenaus, Castellana, Seina, Colmars e Digna l'Alfiere di Gio. Paolo da Ceri con mille fanti del Colonnello Cristofaro Guascone, facendo egli il medesimo da per tutto dove passava, con tanto consenso de' popoli, che gli stessi padroni s'aiutavano ad ardere prontamente i loro grani, e spargere per terra quel vino, che

non avevano potuto bevere i soldati. Il che si credette cagione della salute della Provenza, di dove per mancanza di vettovaglie furono poi gl'Imperiali necessitati a dipartirsi.

Mentre queste cose si facevano in terra, l'armata di mare dell'Imperatore guidata dal Principe Doria andò a dar l'assalto al luogo d'Antibo, di cui sebbene non tardò ad impadronirsi, pure ciò non riuscì senza suo grave danno, perchè non solo molti restarono uccisi nel conflitto dalle soldatesche composte la maggior parte di paesani provenzali, che v'erano al di dentro, ed animosamente si difendevano; ma molti di più perirono colpiti dalle artiglierie sparate verso delle mura nel tempo istesso delle galere, mentre intenti erano all'assalto. E tra questi vi restarono più di 300 soldati del Principe di Salerno. Aggiunge monsieur Bouche aver Antibo sostenuto non solamente uno, ma due assalti, nel secondo de' quali sebbene fu preso da nemici ritornati più numerosi, pure nel primo furono costretti partirsi con perdita di due galere messe a fondo dall'artiglieria della fortezza. Di mano in mano che comparivano a Nizza le genti imperiali, fermandovisi poco tempo, passavano il Varo, e facevano alto al luogo di S. Lorenzo, dove portossi tosto il medesimo Imperatore, che per non cagionarvi folla, non volle entrare in Nizza, ma a S. Lorenzo fu visitato dalla Duchessa Beatrice accolta con ogni sorte di amorevolezza dall' Imperatore suo cognato, che gli

promise di rimettere quanto prima il Duca nel possesso de' Stati toltigli dai Francesi.

Per il poco tempo che il Duca Carlo soggiornò in Nizza, dice il Presidente Lamberto nelle sue memorie, che diede ordine a ben munire e presidiare quel castello, dove già per alcuni mesi tenevasi la Duchessa, come in luogo sicuro, insieme col Principe di Piemonte (1). Ivi vennero a trovarlo due signori suoi sudditi, uno Savoiardo, che era il signore di Peysieu, l'altro Piemontese, che era il signore di Dros di Casavagnona, Governatore del Mondovì, ambidue servitori del Re di Francia mandati dal signore di Montmorency sopranominato, a dimostrare ad esso Duca il desiderio e genio particolare, ch'egli teneva di fargli servizio, e d'impiegarsi raddrizzare verso il Re di Francia le cose sue, accennandogli d' inviarli a questo fine qualche suo confidente sicuro, che non sarebbe restato malcontento de' suoi trattati. Furono detti gentiluomini rinviati con lettere di ringraziamento, nelle quali il Duca diceva al Gran Maestro di Francia, che facesse esprimere al suo Re ciò che desiderava, ch'egli facesse dal canto suo, e ciò ch'esso voleva per lui fare, ch'egli non aveva altro desiderio che d'incontrare la sua buona grazia, e di fargli piacere, suo onor salvo.

per

Ciò non ostante il Duca seguitò l'Imperatore in Provenza, nel qual viaggio divisisi gl'Imperiali in

(1) Arch. eastri Taur.

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