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di quella ricevuto, e con piacevoli conforti risuscitata la caduta speranza, copiosamente le cose opportune donandogli, in quella seco per più anni il tenne, anzi sino all' ultimo della vita di lui-e quivi con le dimostrazioni sue (Dante) fece più scolari in poesia, e massimamente nella volgare (1)"-Il numero d'anni della dimora del poeta in Ravenna non è chi il registri. Villani il vecchio pare che s' appressi al Boccaccio (2), e che Leonardo Aretino se n' allontani (3); ma l'uno e l'altro con poco divario. Poscia piacque a' moderni di assegnare alla dimora di Dante in Raveuna chi quattr' anni, e chi tre, ed or non più d'uno, e talor anche pochissimi

mesi. Il Tiraboschi studiò d' uscirne con termini generali: pur ammonito, non so da chi, si riconsigliava, e nell' edizione seconda della sua Storia corresse- "Quando io ho scritto che Dante si ritirò a Ravenna sul finir de' suoi giorni, non ho già inteso che pochi giorni o pochi mesi passasse in quella città: anzi da tutto il contesto di quelle parole si può raccogliere che io sono di parere che

(1) Vita di Dante, pag. 28, seg. Ed. Parma.
(2) Croniche, Lib. IX. 133.

(3) Vita di Dante, pag. XV.-XVI. Ed. Cominiana

Ravenna fosse l'ordinario soggiorno di Dante dopo la morte di Arrigo Imperatore, trattone il tempo ch' egli potè impiegare in qualche viaggio o in qualche ambasciata. Giannozzo Manetti, scrittor degno di molta fede, espressamente racconta, che dopo la morte di Arrigo, Dante, invitato da Guido Novello, se ne andò a Ravenna (1)."-E questa narrazione è la vera. Solo non vedo perchè dove il Boccaccio e il Manetti raccontano a un modo, il copiatore meriti preminenza sovra lo storico originale.

va

CXXIX. E parecchi de' copiatori e de' trovatori e illustratori di codici interpretando a lor beneplacito le parole del Boccaccio, hanno fatto di Guido Novello, non so dire se uno scolare o maestro di Dante, assegnandogli poesie, o vere o apocrife tutte " ghissime "; e chi volesse averne certezza, interroghi le ombre dell' Allacci e di que' valenti che nel secolo XVI, sul primo rompere della guerra d' eunuchi intorno al nome della lingua, si diedero a discoprirle o inventarle. Il Crescimbeni compilando ogni cosa e non

(1) Stor. Lett. vol. V. pag. 485. nota (*).

ne intendendo veruna, fa del Signore di Ravenna un Vicario del Re Manfredi in Toscana (1). Ben fu un Guido Novello fra' principi di que? ghibellini cacciati con Farinata degli Uberti (2); e che poi disertarono a Monte Aperti il popolo Fiorentino (3)-se non che guerreggiavano mentre Dante stava per nascere. Tali sono le storie del Crescimbeni; e s'io mi piglio questa vergogna di nominarle, tal sia de' dottissimi che le citano e mi vi forzano (4). Dagli ultimi Atti dell' Accademia della Crusca imparo altresì che ne' tre versi,

Così ha tolto l'uno all' altro Guido
La gloria della lingua, e forse è nato
Chi l'uno e l'altro caccerà di nido (5)—

il primo de' Guidi fu da taluni creduto quel di Ravenna, il quale da Guido Cavalcanti poi fosse spogliato della gloria della lingua, per cederla a Dante (6). Io qui mi credo,

Omai si reo da disperar perdono ;

(1) Comment. della Volg. Poes. vol. II. 2. pag. 49. (2) Inf. X.

(3) G. VILLANI, lib. VI. 80-83. lib. VII. 14.

(4) ATTI dell' Imp. e Reale Accad. della Crusca, vol. I. pag. 129. 1819.

(5) Purg. XI. 97-99.

(6) ATTI dell' Accad. pag. 126.

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non però mi vien fatto d' immaginare gli Accademici della Crusca diversi da quella congrega di preti ia una delle Isole dell' Oceano Pacifico; i quali standosi sotto la terra, d' intorno ad un' ara d'un ceppo imputridito da' secoli, e che la religione degli antenati pur vieta di rimutare, ciascheduno predica alla sua volta e gli altri tutti soffiano a prova su' tizzoni freddissimi sotto le ceneri a raccendere certe scintille fatali ; e pur soffiano fino a tanto che con le gole rantolose e gli occhi orbi di tenebre e di fuligine, e tutti ansanti e sudati, si partono ad annunziare alla moltitudine come lasciarono splendidissimo il sacro foco nella caverna (1). Così, parmi, i sacerdoti del tempio della Crusca s' ingegnano di rattizzare carboni spenti; e fra gli altri, la nata sovente quistion fra gl' Interpreti di quali Guidi, cioè, Guidoni o Guittoni nominatamente abbia inteso di favellar l' Alighieri.

CXXX. Or la questione non fu ella decisa da Dante? Non chiamava egli primo fra' dicitori in rima viventi l'amico suo Guido

(1) MARINER, An Account of the Tonga Islands.

Cavalcanti (1)? e Massimo Guido quel di Bologna (2) Maximus Guido Guinicelli ; e più spesso citando i versi Maximus Guido, senz'altro? Precorse in fatti l'amico di Dante; ed era morto da quasi trent' anni (3), quando il poeta lo vide fra le ombre:

Son Guido Guinicelli e già mi purgo-
Ed io a lui Li dolci detti vostri,
Che, quanto durerà l'uso moderno,
Faranno cari ancora i loro inchiostri-

Quand' io udii nomar sè stesso il padre
Mio, e degli altri mici miglior, che mai
Rime d'amore usar dolci e leggiadre (4).

Ma nelle nuove illustrazioni Accademiche
della divina commedia, dopo assai prove de-
sunte da tutte le Carte Diplomatiche dell'
Età di mezzo
o bombicine o in membrana
e le più antiche in papiro, le quali non so-
lamente ci manifestano usati sempre come si-
nonimi Guittone e Guidone, ma eziandio

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(1) Vita nuova-Sotto il nome del "primo amico secondo i gradi dell' amistà, pag. 8-e Guido Florentinus spesso nel libro de Vulg. Eloq.

(2) De Vulg. Eloq. Lib. I. 15. sotto il titolo: Facit ·magnam discussionem de idiomate Bononiensi. pag. 25. (3) FANTUZZI, Scritt. Bologu. vol. IV. pag. 345. (4) Purg. XXVI. 92. 114.

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