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riore (teoria di Boezio). Però tutto quanto comprende la imaginativa, comprende, e più ancora, la ragione. Ciò che la imaginativa e la ragione comprendono, comprende, e più ancora, la intelligenza. Or vedi a che immenso ambito il raggio della intelligenza si stende, essa che tutto percorre!... Per essa la capacità della mente in infinito dilatasi....

« V'ha sei gradi distinti di contemplazione, due de' quali colla imaginativa, due colla ragione, due colla sola intelligenza; la quale per questi ultimi due si leva sopra la ragione, e contro la ragione. »>

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Ma la tesi aristotelica ed alessandrina dell' intelletto possibile e della intelligenza attiva, per quanto implicitamente formi il cardine della psicologia di S. Agostino, e de' mistici a tutto il secolo XII, non ebbe i suoi completi sviluppi, e le forme colle quali la Scolastica la insegnò all' Alighieri, che nello stesso secolo XIII.

Quando pe' musulmani della Spagna, della Provenza, e della Sicilia ebbe l'occidente cristiano tutte o quasi tutte le opere aristoteliche, e con esse le apocrife ispirate alla gnosi alessandrina, i pochi elementi che formato aveano sino allora tutto il corredo dottrinale della Scolastica si vennero ad ampliare d'assai.

Di Aristotile infatti non conoscevasi, sin quasi presso alla fine del secolo XII, che quel tanto che ne aveano tramandato Porfirio, S. Agostino, e Boezio; e su questi frantumi erasi levato l'edificio della Scolastica da' tempi di Carlo Magno. Ma quando le traduzioni arabiche, ac

1 De arca mistica lib. 1, c. 1 e 2.

compagnate da' comenti de' filosofi musulmani, le une e gli altri ritradotti in barbaro gergo latino, vennero a impinguare la mole delle dottrine scolastiche, l'ammirazione per lo Stagirita non ebbe più limiti. La influenza di quei prolissi e sottili comenti, e, sovrano su tutti quello di Averroes, si disputò quella del testo medesimo. Le teorie psicologiche delle quali ho discorso presero nuovo sviluppo e importanza; furono argomento di viva e rinascente polemica pe' più nobili ingegni, esempio per tutti Alberto Magno e Tommaso. La filosofia degli Arabi, in una parola, si compenetrò talmente nella Scolastica, che male può questa intendersi senza conoscere, almeno per sommi capi, la storia di quella. Donde la necessità di darne un rapidissimo cenno in ordine al tema delle nostre ricerche.

CAPITOLO NONO.

L'impero de' musulmani noverava fra le conquistate provincie la Persia e le altre terre comprese fra il Tigri e l'Eufrate. Quivi, dal terzo secolo dell'Egira, nono dell'èra volgare, una insolita operosità intellettuale erasi sviluppata quasi tacita reazione contro l'arido monoteismo semitico imposto dalla conquista. Favoriva quel moto, intellettuale e nazionale ad un tempo, il califo Mamûn, della stirpe Abassida, la quale, innalzata alla suprema dignità da' Persiani, era cresciuta al sapere e alle arti di que' popoli vinti.

Provocando, e disprezzando costui le ire e gli anatemi de' teologi musulmani, consacrava la vita e i tesori a raccogliere quanti più libri potesse dalla Siria e dall'impero bizantino in ispecie per promuovere ogni insegnamento che stesse fuori o contro i termini della Coranica ortodossia.

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Risuscitavansi allora le tradizioni della letteratura e delle dottrine filosofiche indo-persiane, che tanto lustro ebbero nell'epoca de' Sassanidi, e con esse un crescente fervore di studì filosofici, quanto alieni dal puro islamismo, altrettanto conformi all'antico razionalismo mistico di que' pacsi. 1

1 Renan Averroes et l'Averroïsme chap. II. - Amari Stor. de' Musulm. della Sicil. vol. 2, cap. 5. Hauréau de la Phil. scolast. t. 1, ch. XIII,

La molta affinità tra coteste antiche dottrine orientali e quelle de' filosofi Alessandrini, l'ammirazione in che le opere di costoro, già volte in siriaco, erano presso i Sirî, maestri agli Arabi in que' nuovi studî, fecero sì che non altronde che da quelle l'arabica filosofia prendesse l'inizio e l'indelebile suo carattere. E però, mentre i cultori di essa professavano, come fatto aveano i comentatori Alessandrini, non altro essere che fedeli espositori ed interpetri della dottrina Aristotelica, oscillarono, come già quelli pur anco, fra' due estremi più opposti: il razionalismo più scettico, il misticismo più risoluto.

Dal siriaco, in cui le opere di Aristotile erano state tradotte e comentate, fu dapprima volto in arabo solo qualche trattato. Poco appresso, nel 292 dell'egira, Honaïn-ben-Ishak di Bagdad, e il figlio di lui, tradussero, nonchè Aristotile, Alessandro d'Afrodisia, Porfirio, Temistio. Poi succedettero a' traduttori i comentatori, e fra costoro ebbero primato nell' Oriente musulmano Alkindi, Alfarabi, Ibn-sina (Avicenna).

Uguale movimento filosofico, benchè per diverse cagioni, vennesi operando altresì fra gli Arabi della Spagna dal quarto al sesto secolo dell'egira, decimo a dodicesimo dell' era volgare; di cui mi giova dare una idea colle medesime parole con che l'ha sì bene ritratto l'illustre autore dell'Averroès et l'Averroïsme:

<< Il califo Hackem 2° nel decimo secolo ebbe la gloria di aprire quella splendida serie di studi, la quale, per la influenza esercitata sull'Europa cristiana, tien luogo assai importante nella storia della civiltà. L'Andalusia, dicono gli storici musulmani, diventò sotto il suo

regno un grande emporio, dove le produzioni letterarie de' climi diversi erano immediatamente recate a vendere. I libri, composti in Persia ed in Siria, erano spesso conosciuti in Ispagna prima che in Oriente. Hackem mandò mille dinar di puro oro ad Abulfaradi-el-Isfahani per avere il primo esemplare della sua celebre Antologia; onde questa bell'opera fu prima letta nell'Andalusia che nell'Irak. Teneva al Cairo, a Bagdad, a Damasco, ad Alessandria agenti, deputati a procacciargli per qual si fosse prezzo le opere di scienza antiche e moderne. Il suo palazzo diventò un opificio, dove non s'incontravano che copisti, ligatori, e miniatori di libri, Il solo catalogo della sua biblioteca era in 44 volumi, e non recava che i titoli e la indicazione sommaria delle opere. Dicesi che i volumi ascendessero a 400,000, e che per trasportarli da un luogo ad altro non ci volesse meno di sei mesi.....

« Gli arabi dell' Andalusia, anche prima di Ackem, s'erano dati agli studî liberali, sia per la influenza di quel bel clima, sia pe' loro continui commerci cogli israeliti e i cristiani. Gli sforzi di Ackem, secondati da sì propizie attitudini, svilupparono in quel paese uno de' movimenti letterari più splendidi del medio evo. Il gusto della scienza e del bello aveva nel decimo secolo fatto nascere in quella terra privilegiata una tolleranza della quale i tempi moderni possono a stento offrirci un esempio. Cristiani, Israeliti, Musulmani, parlavano la stessa lingua, cantavano le stesse poesie, partecipavano a' medesimi studi. Quanti ostacoli dividono gli

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