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prese ed esplicate in tutte le guise e combinazioni di che sono capaci.

Ravvisata sotto questo riguardo, la molteplice varietà degl' interpreti, lavoranti per secoli sopra ogni grande opera che dischiuse una nuova êra di civiltà, è materia degna di grave studio; nè lascia luogo a maravigliare se anche la Divina Commedia, e le Opere che le furono preparazione e sussidio, abbiano per sì lungo tempo esercitato, e chi sa per quant' altro ancora eserciteranno, l'attività infaticabile e rinascente de' critici.

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Scarse e favolose tradizioni sulla civiltà greco-romana; la Bibbia, i Poeti latini, Aristotile quali il medio evo li ebbe dal vario lavoro esegetico della Chiesa, de' Gramatici, degli Alessandrini, e degli Arabi - costituiscono, è vero, tutto il fondo storico e dottrinale del divino Poema; ma l'ampia e sistematica coordinazione, e l'alto indirizzo di que' vecchi e scarsi elementi alla soluzione del più grande problema dell'avvenire, gli danno quella impronta di novità, quell'unità di getto e di forma, in cui male puoi discoprire il lavoro del rapsode sotto la luce di che lo copre la ispirazione del genio.

E da ciò condizione tutta speciale e sua propria, che ne rese molteplice la intelligenza più che quella di qualsiasi altro capolavoro: la novità di valore cioè che le più ovvie idee, politiche, religiose, morali, assumono dalla relazione alla idea-madre cui le coordina l'Alighieri, e dalla quale riescono quasi rinnovate del tutto.

Or cotesto tramutar di valore, onde vecchi e disparati elementi riescono nuovi od armonizzanti, per sola virtù della sintesi in cui Dante li accentra, questo che veramente può dirsi suo distintivo carattere, è lo sco

glio cui ruppero non pochi forti intelletti. Per esso lo strano fenomeno, che scuole, sette, opinioni, tendenze, le più opposte fra loro, hanno creduto trovare ugualmente per entro al Poema la sanzione precisa de' loro intendimenti contrari, afforzandosi tutte a ugual modo del medesimo testo il quale, preso a spezzoni, e valutato a' comuni criteri, rende ben altro significato di quello che assume nella coordinazione dantesca, e lasciasi trarre alle più opposte sentenze.

Non altra infatti fu la cagione onde i più caldi nemici delle municipali franchigie, e della Curia Romana, i fautori della tedesca tirannide sull' Italia, invocarono sempre, quasi lor duce e maestro, il sovrano poeta: perchè là dove e celebrava la santità dello Impero, la nobiltà delle vecchie schiatte feudali, e lamentava le usurpazioni della Curia Romana, e sferzava di sanguinosa ironia i reggimenti volubili delle italiche democrazie, non altrimenti intendevano que' concetti che co' criterî di loro scuola, o dell'uso comune.

Nè per diversa cagione accadeva che, da lor canto, i guelfi, gelosi della indipendenza municipale, ciecamente devoti alla Corte Romana, quando lo udivan cantare di libertà ch'è sì cara, di gloriosa e santa romana repubblica, di tiranni infesti all'Italia, di reverenza dovuta alla Sede di Pietro, lo ammiravano quasi apostolo di lor setta: perchè apprezzare lo insolito valore che le idee di libertà, di repubblica, di tirannide, di papato assumevano nella sintesi di quella gran mente riusciva impossibile a chi non sapeva elevarsi alla idea-madre cui erano coordinate.

E fu per questo altresì che, quando ne' tempi mo

derni notavasi quell'apparente contradizione, la rettorical declamatrice davagliene lode di eccletica rettitudine, poi l'astuzia neoguelfa gliene appose taccia di politica apostasia: dove, a schivare la supposta incoerenza, bastava comprendere nella sua vastità quel sincretismod antesco, pel quale fede e ragione, impero e repubblica ; autorità e libertà cessano di stare in antitesi, e acquistano assai diverso valore di quel che avevano ed hanno per le scuole, per le sette, e per l'uso comune.

Chiuso in pari angustia e volgarità di criterî, il protestantesimo tedesco ed inglese salutava nel poeta il precursore di Lutero e Calvino; perchè dove assume autorità di flagellare, col vangelo alle mani, i vizî dei sedenti sulla Sede di Pietro, i loro temporali possessi, i privilegi venduti e mendaci, o il tralignare della disciplina, non seppe e non sa vedere che il libero esame della ragione individuale sulla rivelazione scritta e tradizionale, anzichè la prolungata immanenza della rivelazione medesima per intender la quale era e sarà mestieri saper penetrare fino a quel supremo concetto dell' Alighieri nel quale Rivelazione e Ragione, e tutte istituzioni e fatti che ne dipendono, si confondono in uno, e distano tanto da quella dissociante dualità in cui le pone il protestantesimo inglese e tedesco.

Questi, e i molti altri esempî che potrebbero addursi di contradittorie interpretazioni, tutte fondate sul me desimo testo, e in apparenza ugualmente confortate da quello, non sono, giova ripeterlo, che impreteribile effetto di quella incompleta analisi, che prende a minuzzoli le parti dell'edificio, e che non può loro assegnare giusto valore, appunto perchè le manca il criterio della

idea-madre che le coordina tutte e le informa. Nè, senza innalzarsi a questa, la critica potrà mai sottrarsi all'opera danaìdica in cui si affatica da più che cinque secoli, nè emancipare il sacro libro della civiltà europea da intendimenti faziosi o ristretti, e vederlo in tutta l'ampiezza e libertà di concetto in cui nacque.

Ma a cogliere questa idea-madre, dominatrice di tutto il sistema, era mestieri una indagine larga e complessiva degli elementi tutti che cospirarono a farla germinare e integrare nella mente dell'Alighieri.

Le vicende della sua vita; la storia delle dottrine teologiche, politiche, filosofiche, estetiche, nelle quali il secolo lo educò; il relativo valore che presero nella sua mente; l'analisi completa e parallela delle minori sue opere in rapporto a quella ch'è quasi culmine dell'edificio, la Divina Commedia : ecco le vere fonti che, investigate coll'animo scevro di preconcetti e sempre intento alla sintesi di tutte, potevano sole dischiudere la intelligenza del concetto supremo con cui ridiscendere ad una chiara e comprovata nozione di tutte le idee parziali.

Ma ed anche qui le preoccupazioni di scuola e di setta, e la insofferenza di studì protratti, esercitarono funesta influenza perchè, dove la vita del più virile cittadino si volle ostinatamente attingere dal romanzo erotico che ne ordiva il Boccaccio, o travisavasi da' più moderni in quella d'un novizio francescano, o d'un poeta sentimentale, o d'un settario del secolo XIX; dove la imponente mole della scienza scolastica fu pienamente ignorata da chi comentavalo, quasi senza pienamente conoscer quella fosse possibile intendere pur da lontano

la civiltà del secolo ch'ei riassunse e innovò; dove uguali preconcetti e ignoranza recavansi nello studio delle minori sue opere; e finalmente dove poco o nulla fu sospettata la esistenza, o sentito il bisogno, d'una idea coordinatrice: tutti quegli elementi, anzichè giovare, non potevano che sempre più ingombrare la via.

Primo il Biscioni vagamente avvertì questo bisogno. Accennò poco, ma giusto. Senonchè, alieno come tutti gli eruditi della età sua da ogni dottrina o intendimento sociale e politico; digiuno della scienza scolastica, non potè che presentire appena l'intima relazione che per continuità di concetto unisce le minori opere alla Commedia; e non un passo più in là: ma degno certo di ben'altra mercede che degli scherni di che poi volle rimeritarlo una critica lieve e infeconda.

Dall'età del Biscioni alla nostra tre melodi sono stati seguiti nello studio delle opere minori come mezzo di comento al Poema.

Il primo, che può dirsi biografico, non s'è preoccupato che delle attenenze cronologiche e toccanti la vita del poeta, non avvertendo, o negando, la unità logica e sistematica che le collega.

Il secondo, empirico, spigolando qua e là tratti isolati, se n'è giovato a parziale e incompleta illustrazione di qualche passo della Commedia.

Il terzo, allegorico, e in esso primeggia fra' più recenti il Rossetti, s'è sforzato trovare il nesso ideale che le rannoda al Poema.

Non verrò qui discutendo il valore delle ipotesi del Rossetti. Questo solo m'importa accennare, cioè che, sopraffatto l'illustre esule napoletano da una erudizione

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