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del lupo; Lazzaro che risorge; popolo ebreo che si parte d'Egitto; e i loro oppressori Lupi, Faraoni, ed Annibali: e le lor sedi Spelonche, Babilonie, Cartagini.

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Che più! Fin lo stesso vestire sente il bisogno di simboleggiare. « Il pettorale del gran Sacerdote diceva Innocenzo era quadro perchè quadruplo è il senso che deve manifestarsi al Pontefice nella Scrittura; era doppio pe' due Testamenti: quadro pe' quattro Evangeli; doppio per le due tavole della Legge. »>

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Le parti tutte del vestire monastico anch'esso simboleggiavano l'armatura del milite asceta, quale il descrisse S. Paolo, apparecchiato a combattere le armi e le insidie dell'antico avversario.

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<< Gli anelli che ti mando così lo stesso Innocenzo, inviando a re Riccardo un suo dono sono rotondi, ad esprimere la eternità che non ha principio, nè fine, e perchè la loro forma ti avverta ad innalzarti dalle terrene alle cose celesti. Sono quattro per significare col cubo la fermezza dell'animo, la quale avrai possedendo giustizia, forza, temperanza e prudenza. L'oro, perchè primo fra' metalli, rappresenta la sapienza, primo fra tutti i doni. Il verde dello smeraldo esprime la fede; il dolce colore di zaffiro la speranza; il rosso del granato l'amore; e lo splendore del topazio le buone opere. >>

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1 Innocent. III Serm. in consacrat. Rom. Pont. presso Baluz.

2 Cass. Erem. de insl. monast. passim. · Paul. 2. Ti

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Se tutti ricordare io volessi i dati che provano universale e assoluto l'impero della forma allegorica nel medio evo, farei poco meno che ripetere intera la storia intellettuale, e in parte civile, dal V secolo al XIV.

Perchè mai la Iconoclastica, dottrina essenzialmente semitica, riuscì si antipatica ai popoli tutti dell'Occidente cristiano? Quand' essa veniva a riprovare, come adorazione della materia, l'uso e il culto delle imagini sacre, rinnegava, nè più nè meno, il principio su cui tutta posava la civiltà cristiana, e riusciva pe' tempi un assurdo; disconosceva implicitamente il tipismo ontologico, storico, estetico, che era anima e vita di quella. Ně, senza abbattere quel principio, ch'è a dire senza avere operato una completa rivoluzione intellettuale, poteva aver successo durevole allora ; nè ad altro patto poi l'ebbe ne' tempi moderni colà dove l'analisi filosofica riusciva a sviare o comprimere lo idealismo plastico sì congenito alle razze indo-europee. Onde a Giovanni Damasceno bastò, nel secolo ottavo, rilevare la incongruenza di quella dottrina co' prevalenti principî ontologici della civiltà cristiana per poterla deridere e trionfarne ex absurdo.

<< Imagine — così il Damasceno viva naturale completa di Dio è lo stesso Figlio.... Imagini ed esemplari delle invisibili ed incorporee sono le cose corporee e sensibili... Imagine ed espressione di cose future e di rivelazioni divine sono talora le cose create... Imagini di fatti i monumenti... Però, o vuolsi eliminare ogni imagine, o, secondo ragione, ammetterle tutte. Che più se la stessa legge mosaica che proibisce le i

magini è figura di figura ancor essa; e il Tabernacolo non è che ombra e figura d'altra figura. »

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Ed ora possiamo rivolgerci a' moderni iconoclasti danteschi, e chiedere loro: Come mai l'altissimo fra' sapienti del medio evo avrebbe potuto disdegnare la forma sì favorevole a' forti intelletti; quella che, con erculeo sforzo, di cui sol egli poteva a lungo sentirsi capace, prometteva far correre paralleli quattro ordini d'idee: l'uno accessibile a tutti; l'altro delizia degli acuti intelletti; il terzo moderator de' costumi; l'ultimo infine rivelatore d'un mondo spirituale? Chè anzi, tutto avrebbe in lui cospirato a fargliela creare, dove non fosse stata per uso generale adottata. A ciò doveva spingerlo l'indole altera, sdegnosa in tutto delle facili vie dei volgari; a ciò l'altezza degli intenti morali e politici cui mirò colle sue opere tutte; a ciò gli studi d'ogni natura quali l'età sua glieli faceva possibili.

Vuoi che studiasse Grammatica? Come sottrarsi alle influenze d'un sistema pel quale, sin dall'inizio, gli veniva insegnato le lettere dell' alfabeto così esser dette perchè sono leg-iter, o strada a' leggenti; essere state 22 per gli Ebrei perchè tanti i lor libri sacri; presso gli Egizi altre le volgari, altre le arcane; cinque, fra' Greci, avere un altissimo senso mistico: la Y simbolo della vita umana; il di morte; il T della croce cristiana; l'Alfa e l'Omega di Dio. E fra' Latini due ordini di lettere, le volgari, e le liberali. E, di tal passo, giunti alla Storia, ultimo grado di quella che dicevasi allora Grammatica, lo ammaestravano come presso che

1 Iohan. Damasc. de imag. Serm. I, n. 9-13, 15.

nulla fosse la differenza fra storia e tema ideale (argumentum) ritraendo sì l'uno che l'altra il vero, questo possibile, e quella accaduto.

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Studiava Rettorica? Due proprietà gli additavano essere a quella essenziali: la dolcezza, che Boezio avea fatto consistere nell'uso delle figure adombratrici del vero; e quella di far sì che le cose disputabili e astratte diventassero accessibili anche a coloro che non sanno vedere largo e lontano; o, come lo stesso Alighieri ebbe a dire: « la chiarezza del suo aspetto... soavissima di tutte l'altre scienze, e la sua apparenza or da mane, or da sera. Or da mane, quando dinanzi al viso dell'uditore lo rettorico parla; or da sera, quando la lettera (senso litterale) per la parte remota (senso allegorico) si parla per lo rettorico. »

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E se chiedeva qual fosse l'ufficio del poeta, Isidoro (il Varrone del medio evo) rispondevagli «esser poeta colui solo che il vero con obblique figure trasmutasse in altre apparenze, perchè la mente del lettore avesse di che esercitarsi. » 5 E, per mirabile coincidenza, presso che uguale definizione resultavagli da un passo di Aristotile: il quale, ponendo per causa efficiente e finale

1 Isid. hisp. Ethimolog. lib. I, c. III, c. XLIII. 2 De consol. phil. lib. II, pros. I.

3 Aristot. Relh. lib. I, c. 5.

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Conv. Trat. II, c. 16. In proposito della inetta interpretazione data finora a questo passo dirò solo, che il medio evo, seguendo Isidoro e Uguccione, derivava falsamente allegoria da aλλoïov, alieno, remolo; e però «parlare la lettera per la parle remola » è parlare figuratamente.

5 Elhimol. lib. VIII, c. VII. - Lib. I, c. XXXVI.

alla scienza speculativa l'ammirazione degli arcani della natura, diceva: «e però l'amatore de' miti è in certo modo filosofo, avvegnachè la favola si costituisca di cose ammirande. »

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Studiava Dialettica? Al vestibolo di quella trovava l'antichissima quistione degli Universali, il sistema delle Idee o Forme archetipe, che distingueva in ogni essere la parte fenomenale e sensibile dall'assoluta ed intelligibile quest'ultima sola intima e vera; estrinseca l'altra e spregevole. In altri termini, la realtà, comprovata da' sensi, ritenuta fantasma inattendibile finchè, per successive trasformazioni psicologiche, depurato dalla materia donde provenne, non si traducesse in idea pura, assoluta.

E qui giovi per ora fermarci, riserbando a suo luogo il chiarire come e quali più valide spinte alla forma allegorica dar gli dovessero le più elevate fra le discipline scolastiche, e il principio fondamentale in ispecie da cui tutte s' informano e rannodano le opere sue.

Occorre innanzi a questo domandare allo stesso Alighieri che ci chiarisca, in modo non dubbio, quel ch'egli pensasse e dicesse della forma allegorica; e se veramente, e come, l'adoperasse nelle opere sue, singolarmente in quella dove più la critica misallegorica s'è ostinata a negarla, la VITA Nuova.

1 Arist. cum Aver. com. I, Metaph. c. 2. te: e co: 10.

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