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cui tutte le cose vivono che la mia vita duri per alquanti anni, spero dire di lei quello che mai non fu detto d'alcuna. >>

Ecco la somma di tutta la Vita Nuova intesa litteralmente, e della quale niuna idea essenziale è stata da

me omessa.

Procederò più breve a quella del Convito.

Senza seguire le interminabili digressioni erudite, che quivi di proposito va cercando, ne seguirò la trama sostanziale in quanto serva allo scopo che abbiamo di mira.

- << Dice dapprima cosa intenda per Convito, cioè mensa intellettuale a cui chiama que' miseri che, occupati nelle cure civili e domestiche, non ebbero agio e tempo di apprendere, çom'egli ha fatto stando a' piedi di coloro che seggono alla mensa degli angeli.

<< Vivanda di questo Convito sono 14 canzoni che trattano di amore e di virtù; pane sarà il comento di quelle.

« Col Convito non intende derogare alla Vita Nuova, ma anzi giovare. Le poesie recate in quella sono fervide e passionate perchè scritte nella sua adolescenza, cioè a tutto il venticinquesimo anno; e quelle comentate nel Convito dettò nella sua gioventù, cioè dal vigesimosesto anno in poi. E poichè la vera intenzione di queste è diversa da quella che litteralmente apparisce, intende, dopo illustrato il senso litterale, chiarirne lo allegorico.

<«< Dopo ciò si scusa per molte ragioni d'avere scritto il comento in volgare, anzichè in latino.

<< Comincia il Trattato secondo colla Canzone. Voi che intendendo il terzo ciel movete; nella quale litteralmente volle dir questo :

<< Erano scorsi due anni e mezzo all'incirca dopo il trapassamento di quella beatrice beata, che vive in cielo cogli angeli e in terra colla mia anima, quando quella donna gentile di cui feci cenno nel fine della Vita Nuova mi apparve e prese alcun luogo nella mia mente..... Ma poichè non subitamente nasce amore e si fa grande, ma vuole tempo e nutrimento di pensieri, convenne avanti che fosse perfetto che esso incontrasse molta battaglia dall'altro che teneva ancora la mente per la beatrice. Or, vedendo la vittoria del nuovo pensiero, per iscusarmi della taccia di poca resistenza, mi volsi alle intelligenze motrici del cielo di Venere, che è quel cielo per cui le anime si accendono ad amare secondo lor disposizione, e dissi essere effetto di loro influenza la mia nuova condizione, narrando della battaglia de' due pensieri, l'uno dei quali abbelliva la memoria della beatrice, e l'altro la nuova donna. Dissi pertanto che soleva esser vita del mio cuore, cioè del mio dentro, un pensiero soave che spesso, com'era possibile, mi rapiva a contemplare il regno de' beati, dove vedeva gloriare la beatrice. Ma un altro pensiero è apparso che fa cessar quello, facendomi mirare altra donna, e promettendo che gli occhi di costei mi daranno salute. »>

Qui fa una digressione sulla immortalità dell'anima, parlando della quale dice esser bello terminare di parlare di quella viva beatrice beata, della quale più non intende toccare nel Convito.

Il terzo Trattato comincia colla canzone « amor che nella mente mi ragiona» ch'e' dichiara così:

« Lo secondo amore a guisa di piccola in gran fiamma si accese; e come l'incendio vuole di fuori mostrarsi, mi giunse volontà di parlare d' amore, e commendare colei che sì amava; e ciò anche per non essere ripreso di leggerezza nell' essermi mutato dal primo a

more. >>

E segue dichiarando litteralmente le lodi di cotesta donna.

Al Trattato quarto, che è l'ultimo di quelli rimastici, premette la Canzone « Le dolci rime d'amor ch'io solia» ch'è tutta di soggetto apertamente morale, e senza velo di allegoria; di che adduce a scusa le cose seguenti. In un frattempo in cui la donna oggetto del secondo amore gli si mostrava orgogliosa, e gli negava i suoi sguardi, si diede a pensare d'un argomento relativo a' costumi, cioè della falsa idea che gli uomini hanno della nobiltà, errore che perverte le cose sociali. E però, intendendo ridurre la gente in diritta via, si diede a scrivere la canzone nella quale mostrava loro in che consistesse la lor vera nobiltà. E poichè con essa mirava a rimedio urgente si permise non adoperarvi la forma allegorica.

<< Quivi dice in sostanza che l'Imperatore Federico II errò quando definì nobiltà ricchezza antica e be' costumi; e più ancora errarono quelli che tolsero dalla definizione i bei costumi, e lasciaron solo antica ricchezza, ch'è opinione la più diffusa.

Nè lo rimove da questa disapprovazione l'autorità imperiale, nè quella di Aristotile ove dice, che ciò che pare a' più è impossibile essere falso del tutto. L'imperatore non ha autorità sulle cose filosofiche, ma sulle

civili e da ciò prende argomento a discorrere della genesi storica, logica, e religiosa dell'autorità imperiale. Quanto alla opinion d' Aristotile, che vorrebbe infallibili le credenze de' più, nota come quegli non parli di credenze sen suali determinate dalle apparenze, che spesso sono e possono essere erronee, ma sì di credenze razionali che, universali essendo, danno sicuro criterio.

<< Nobiltà, segue indi, altro non vuol dire che non viltà, e si compete a qualsiasi cosa perfetta nell'esser suo. La perfezione dell'uomo è duplice: quella di vita operativa, e quella di vita contemplativa. Si giunge alla prima colle morali virtù; all'altra colle intellettuali. L'abito e l'uso d'entrambe deriva da un germe o potenza che Iddio infonde nell'anima: e questa è la umana nobiltà, la quale è duplice ne' suoi effetti, intellettuali e morali; ma, poichè egli parla al comune degli uomini, che possono tutti intendere e conseguire la perfezione attiva, si dà solo ad enumerare le virtù morali. Le descrive varie ed appropriate a ciascuna delle quattro età della vita: adolescenza, che si stende al 25m anno; gioventù che dal 26° corre al 45m; senettute che va dal 46TM• . al 70° anno; e senio che succede a quello di circa 10 anni.

<< Congeda la Canzone imponendole che dica alla donna, oggetto del suo secondo amore: Io vo parlando dell'amica vostra, cioè di quella delle due nobiltà dell'anima che consiste nelle morali virtù. »

Questa, che ho dato a modo di scheletro, è tutta la trama del Convito, sulla quale sono ordite lunghe e sottili digressioni, e l'allegorica sposizione delle Canzoni

in cui parla della donna gentile che prese ad amare dopo il passaggio della beatrice da carne a spirito.

Ed or ci resta dare un rapido cenno del Poema, parimenti guardato nel solo suo senso litterale e apparente, per procedere indi a vedere se nelle tre opere, Vita Nuova, Convito, e Commedia, siavi un concetto predominante, che in tutte riappaja, e le coordini tra di loro. E, questo trovato, ne cercheremo lo intendimento verace, denudandolo dalla veste di figura, seguendo il metodo che l'Alighieri stesso c'impone.

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