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CAPITOLO SESTO

Non il solo Convito si riattacca, come abbiam visto, alla Vita Nuova. Anche la Commedia prende da questa le mosse, e le si annoda come a prologo il dramma. Importa adunque farne un rapido sunto, tenendoci alla litterale sentenza.

mo

« Nel colmo della sua vita (35 anno) s' accorge il poeta essere per entro una selva oscura ed amara, e non sa dire come v'entrasse, tanto era pien di sonno nel punto che smarrì la via diritta e verace.

« Dopo l'errare della notte, giunge a piè d'un colle illuminato da' raggi del sole. Quivi, riposato alquanto, e riguardato indietro come il naufrago giunto alla riva, prende a salire per l'erta. Quand'ecco una pantera a varî colori, è mobilissima, impedirgli il passo. sì che più volte è per tornare. Senonchè l'ora mattutina e la stagione di primavera gli danno speranza a vincere quell'ostacolo; ma non tanta che non gli rechi paura un leone che s'avanza altero e famelico contro a lui, ed una lupa cupidissima; chè anzi questa gli fa perdere ogni speranza di montar su, e lo ricaccia, a poco a poco, giù nella cupa selva.

<< Intanto gli appare Virgilio, che per lungo silenzio par fioco. E Dante, riconosciuto e onorato colui da cui preso avea lo bello stile ond'erasi fatto onore, implora aiuto contro la lupa. A che Virgilio risponde : « Se vuoi

fuggire da cotesto luogo selvaggio devi tenere altra via; chè quella bestia non lascia che per la sua passi alcuno, ma tanto lo impedisce che l'uccide. E accennato d'un Veltro che verrà a far morire di dolore la lupa, e a ricacciarla nell'inferno donde sbucò, lo invita a seguirlo, offrendoglisi guida a visitare i dannati all' inferno, e coloro che sono lieti nel fuoco perchè sperano venire fra le genti beate. Alle quali se vorrai salire, gli dice, anima di ciò più degna ti guiderà; chè io nol potrei, perchè non conobbi la legge di colui che là regna. » E il poeta volentieri a seguirlo.

«Ma un dubbio lo arresta. Se ad Enea ed a S. Paolo fu conceduto andare viventi all'eterno secolo, ben fu permesso da Dio, perchè all'uno era ciò necessario a fondare l'impero romano, e all' altro per riconfortarne la fede cristiana. Ma egli, Dante, perchè vi andrebbe? E chi lo permette? Egli, non Enea nè Paolo; nè da altri, nè da sè stesso, creduto degno di tanto. E già rimovevasi dall'impresa come troppo audace. Ma Virgilio lo riconforta dicendogli come e perchè venne in suo aiuto. E narra come in cielo una donna gentile, dolendosi dell'impedimento ch'ei trovava a salire, e rompendo il severo giudizio di lassù, venne a Lucia nemica d'ogni crudeltà, e le disse aver bisogno di lei, e raccomandarglielo. E Lucia si mosse a trovare la beatrice che sedea coll'antica Rachele, e disse: O beatrice, vera lode di Dio, perchè non soccorri colui che ti amò tanto, e che per te uscì dalla schiera volgare? Non odi il suo pianto, e non vedi i pericoli contro cui combatte? E la beatrice si mosse rapidissima, e fidando nel parlare onesto di Virgilio, che onora lui e chi lo ha compreso,

venne dicendogli come l'AMICO DI LEI E NON della forTUNA fosse impedito di salire al monte, ed ella temesse essere si smarrito da riuscir tardi il soccorso. E però lo prega affinchè colla parola ornata, e con quanto sia mestieri, lo aiuti sì ch'ella ne sia consolata, ella cui mosse e fa parlare amore. « Fu per questo, dice Virgilio, ch'io venni a levarti dal cospetto di quella lupa che t'impedi la strada più breve del bel monte. Onde ora che sai come tali tre donne benedette curano di te in cielo devi avere ardire e franchezza. » Dopo le quali parole, fatto un solo il volere di Virgilio ed il suo, si dà a seguirlo. >>

Non creda il lettore ch'io voglia pormi alla stolta impresa di guastargli con una meschina parafrasi la Commedia. Solo m' importava ritrarre, per disteso e litteralmente, lo scopo del viaggio a' tre regni, e le cause motrici.

Ed ora basterà toccare per sommi capi tutto quanto pel poema conduce, o si oppone, al conseguimento di quello scopo, o meglio il chiarisce.

<< Per tutto l'Inferno è Virgilio l'unica guida, il maestro, il rimovitore d'ogni inciampo al viaggio. Ma egli opera come messo della beatrice: a nome di lei vince dell' ornata parola le potenze infernali; e, quando gli ostacoli parrebbero insuperabili, non dispera d'aiuto perchè sa quale è la potenza di colei che gli affidava quell'ufficio nuovo.

«Allorchè Dante ode i dannati vaticinargli l'esilio, c ne resta pensoso, Virgilio, a confortarlo, non ha che a rammentargli come termine del loro viaggio sia la beatrice, dalla quale saprà il corso di sua vita. E, dove al

tre anime ripetono il triste annunzio, il poeta si riconforta pensando che potrà narrarlo e chiederne spiegazione alla beatrice.

<< Passati a traverso la Terra, tutti i cerchi infernali, dal più largo men buio e men doloroso, all'ultimo più angusto e orridamente oscuro e affannoso, riescono all'opposto emisfero a rivedere le stelle.

<«< Quivi, in aperta campagna, dove li allieta un cielo sereno come zaffiro, trovano Catone, cui chiedono poter visitare gli spiriti posti sotto la sua custodia, rammentando come non da sè facciano quel viaggio, ma sì mossi e guidati dalla beatrice. E Catone, non vinto da altre preghiere, assente in omaggio a colei che li move e li guida.

«Nell'ascendere pe vari cerchi onde si va alla cima del monte che rende l'umano spirito degno di salire al cielo, Virgilio, che non ha più intera quella potestà di consiglio e di aiuto che aveva nel percorrere i regni infernali, come i dubbî che propone il poeta più si complicano e lo irretiscono, reiteratamente risponde che esso vede quanto può ragione, ma che pel resto lo menerà alla beatrice, la quale diraderà ogni suo dubbio.

«Se la fatica dell'ascendere al monte arresta il poeta, non altro più efficace argomento sa trovare la guida per rinfrancarlo che ricordargli come la beatrice li attenda : alla quale e' dovrà consegnarlo puro e disposto a salire alle stelle; e, dove per una fiamma ardentissima si passa all'ultimo grado che precede la vetta del monte, quivi Dante s'innoltra animoso al solo dirgli che fa Virgilio essere quello l'ultimo ostacolo che lo divide dalla sua donna.

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