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che per solo istinto di natura siano guidati. E poi tutti quelli animali, che sono di una medesima specie, hanno le medesime azioni, e le medesime passioni; per le quali loro proprietà possono le altrui conoscere: ma a quelli che sono di diverse specie, non solamente non fu necessario loro il parlare, ma in tutto dannoso gli sarebbe stato, non essendo alcuno amicabile commercio tra essi. E se mi fosse opposto che il serpente, che parlò alla prima femina, e l'asinu di Balaam abbiano parlato, a questo rispondo, che l'angelo nell' asina, ed il diavolo nel serpente hanno talmente operato, che essi animali mossero gli organi loro; e così d' indi la voce risultò distinta, come vero parlare; non che quello dell' asina fosse altro che ragghiare, e quello del serpente altro che fischiare. Se alcuno poi argomentasse da quello, che Ovidio disse nel quinto della Metamorfosi che le piche parlarono; dico che egli dice questo figuratamente, intendendo altro: ma se si dicesse che le piche al presente ed altri uccelli parlano, dico ch' egli è falso; perciò che tale atto non è parlare, ma è certa imitazione del suono della nostra voce; ovvero che si sforzano di imitare noi in quanto soniamo, ma non in quanto parliamo. Tal che se quello che alcuno espressamente dicesse, ancora la pica ridicesse, questo non sarebbe se non rappresentazione, ovvero imitazione del suono di quello, che prima avesse detto. E così appare, all' uomo solo essere stato dato il parlare; ma per qual cagione esso gli fosse necessario, ci sfor zeremo brievemente trattare.

CAPITOLO III.

Che fu necessario all' uomo il commercio del parlare.

Movendosi adunque l'uomo non per istinto di natura, ma per ragione; ed essa ragione o circa la separazione,1 o circa il giudizio, o circa la elezione diversificandosi in ciascuno; tal

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bet sua propria specie videatur gaudere; per proprios actus, vel passiones, ut brutum animal, neminem alium intelligere opinamur; nec per spiritualem speculationem, ut angelum, alterum alterum introire contingit: cum grossitie atque opacitate mortalis corporis humanus spiritus sit obtentus. Oportuit ergo genus humanum ad comunicandum inter se conceptiones suas, aliquod rationale signum et sensuale habere; quia cum aliquid a ratione accipere habeat, et in rationem portare, rationale esse oportuit; cumque de una ratione in aliam nihil deferri possit nisi per medium sensuale, sensuale esse oportuit: quia si tantum rationale esset, pertransire non posset ; si tantum sensuale, nec a ratione accipere, nec in rationem deponere potuisset. Hoc equidem signum est, ipsum subjectum nobile, de quo loquimur : natura sensuale quidem, in quantum sonus est, esse; rationale vero, in quantum aliquid significare videtur ad placitum.

CAPUT IV.

Cui homini primum datus est sermo, quid primo dixit,
et sub quo idiomate.

Soli homini datum fuit ut loqueretur, ut ex præmissis manifestum est. Nunc quoque investigandum esse existimo, cui hominum primum locutio data sit, et quid primitus locutus fuerit, et ad quem, et ubi, et quando, nec non et sub quo idiomate primiloquium emanavit. Secundum quidem quod in principio legitur Genesis, ubi de primordio mundi sacratissima Scriptura pertractat, mulierem invenitur ante omnes fuisse locutam, scilicet præsumptuosissimam Evam, cum diabolo sciscitanti respondit : « De fructu lignorum, quæ sunt in paradiso vescimur; de fructu vero ligni, quod est in medio paradisi, præcepit nobis Deus ne comederemus, nec tangeremus, ne forte moriamur. » Sed quamquam mulier in scriptis prius inveniatur locuta, rationabile tamen est, ut hominem prius locu

che quasi ogni uno della sua propria specie s'allegra; giudichiamo che niuno intenda l'altro per le sue proprie azioni, o passioni, come fanno le bestie, nè anche per speculazione l'uno può intrar nell' altro, come l'angelo, sendo per la grossezza ed opacità del corpo mortale la umana specie da ciò ritenuta. Fu adunque bisogno, che volendo la generazione umana fra sẻ comunicare i suoi concetti, avesse qualche segno sensuale e razionale; perciò che dovendo prendere una cosa dalla ragione, e nella ragione portarla, bisognava essere ra· zionale; ma non potendosi alcuna cosa di una ragione in un'altra portare, se non per il mezzo del sensuale, fu bisogno essere sensuale: perciò che se'l fosse solamente razionale, non potrebbe trapassare: se solo sensuale, non potrebbe prendere dalla ragione, nè nella ragione deporre. E questo è segno che il subietto, di che parliamo, è nobile; perciò che in quanto è suono, egli è per natura una cosa sensuale; ed in quanto che, secondo la volontà di ciascuno, significa qualche cosa, egli è razionale.

CAPITOLO IV.

A che uomo fu prima dato il parlare, e che disse prima,
ed in che lingua.

Manifesto è per le cose già dette, che all' uomo solo fu dato il parlare. Ora istimo, che appresso debbiamo investigare, a chi uomo fu prima dato il parlare, e che cosa prima disse, e a chi parlò, e dove, e quando, ed eziandio in che linguaggio il primo suo parlare si sciolse. Secondo che si legge nella prima parte del Genesis, ove la sacratissima Scrittura tratta dal principio del mondo, si truova la femina, prima che niun altro, aver parlato, cioè la presontuosissima Eva, la quale al diavolo, che la ricercava, disse: « Dio ci ha commesso, che non mangiamo del frutto del legno che è nel mezzo del paradiso, e che non lo tocchiamo, acciò che per avventura non moriamo. » Ma avvegna che in iscritto si trovi la donna aver primieramente parlato, nondimeno è ragionevol cosa che credia

tum fuisse credamus: nec inconvenienter putatur, tam egregium humani generis actum prius a viro, quam a fœmina profluisse. Rationabiliter ergo credimus ipsi Adæ prius datum fuisse loqui ab Eo, qui statim ipsum plasmaverat. Quod autem prius vox primi loquentis sonaverit, viro sanæ mentis in promptu esse non titubo, ipsum fuisse, quod Deus est, scilicet Eli,1 vel per modum interrogationis, vel per modum responsionis. Absurdum, atque rationi videtur horrificum, ante Deum ab homine quicquam nominatum fuisse, cum ab ipso, et per ipsum factus fuisset homo. Nam sicut, post prævaricationem humani generis, quilibet exordium suæ locutionis incipit ab heu ; rationabile est, quod ante qui fuit inciperet a gaudio: et quod nullum gaudium sit extra Deum, sed totum in Deo, et ipse Deus totus sit gaudium, consequens est, quod primus loquens, primo et ante omnia dixisset, Deus. Oritur et hic ista quæstio, cum dicimus superius, per viam responsionis hominem primum fuisse locutum, si responsio fuit, fuit ad Deum; et si ad Deum fuit, jam videretur, quod Deus locutus extitisset, quod contra superius prælibata videtur insurgere. Ad quod quidem dicimus, quod bene potuit respondisse, Deo interrogante, nec propter hoc Deus locutus est ipsam quam dicimus locutionem. Quis enim dubitat quicquid est, ad Dei nutum esse flexibile? quo quidem facta, quo conservata, quo etiam gubernata sunt omnia. Igitur cum ad tantas alterationes moveatur aër imperio naturæ inferioris, quæ ministra et factura Dei est, ut tonitrua personeat, ignem fulgoreat, aquam gemat, spargat nivem, grandines lancinet; nonne imperio Dei movebitur ad quædam sonare verba, ipso distinguente, qui majora distinxit? Quidni? Quare ad hoc, et ad quædam alia hæc sufficere credimus.

1 Invece di Eli alcuni testi hanno El: ma qui e nel canto XXVI, v. 134 del Paradiso,

El s'appellava in terra il sommo bene. parecchi critici son di parere, che debba leggersi I, di questa lezione non mancando esempii ne' codici.

2 Lancinet. Dal toscano lanciare fece Dante lancinare, abusando questo verbo latino per jaculare ec., dice il Corbinelli. E perchè non piuttosto dal basso latino lanceure, gall. lancer, jacula mittere? Vedi il Glossario del Ducange a questa

Voce

mo, che l'uomo fosse quello che prima parlasse. Nè cosa inconveniente mi pare il pensare, che così eccellente azione della generazione umana prima dall' uomo, che dalla femina procedesse. Ragionevolmente adunque crediamo ad esso essere stato dato primieramente il parlare da Dio, subito che l'ebbe formato. Che voce poi fosse quella che parlò prima, a ciascuno di sana mente può esser in pronto: ed io non dubito che la fosse quella, che è Dio, cioè Eli, ovvero per modo d' interrogazione, o per modo di risposta. Assurda cosa veramente pare, e dalla ragione aliena, che dall' uomo fosse nominato cosa alcuna prima che Dio; conciò sia che da esso, ed in esso fosse fatto l'uomo. E siccome, dopo la prevaricazione dell'umana generazione, ciascuno esordio di parlare comincia da heu; così è ragionevol cosa, che quello che fu davanti, cominciasse da allegrezza: e conciò sia che niun gaudio sia fuori di Dio, ma tutto in Dio, ed esso Dio tutto sia allegrezza, conseguente cosa è che 'l prima parlante dicesse primieramente, Dio. Quindi nasce questo dubbio, che avendo di sopra detto, l'uomo aver prima per via di risposta parlato, se risposta fu, devette esser a Dio je se a Dio, parrebbe, che Dio prima avesse parlato, il che pare contra quello che avemo detto di sopra. Al qual dubbio rispondemo, che ben può l'uomo aver risposto a Dio, che lo interrogava, nè per questo Dio aver parlalo in quella loquela, che dicemo. Qual è colui, che dubiti, che tutte le cose che sono non si pieghino secondo il voler di Dio, da cui è fatta, governata, e conservata ciascuna cosa? E conciò sia che l'aere a tante alterazioni per comandamento della natura inferiore si muova, la quale è ministra e fattura di Dio, di maniera che fa risuonare i tuoni, fulgurare il fuoco, gemere l'acqua, e sparge le nevi, e slancia la grandine; non si moverà egli per comandamento di Dio a far risonare alcune parole le quali siano distinte da colui, che maggior cosa distinse? e perchè no? Laonde ed a questa, e ad alcune altre cose crediamo tale risposta bustare.

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