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con tanta affezione, che fin da quel giorno dee dirsi che incominciasse ad esser signoreggiato dalla passione d'amore. Ma lasciando di parlare degli accidenti della puerizia, dice il Boccaccio che coll' età moltiplicarono l'amorose fiamme cotanto, che niun' altra cosa gli era piacere, riposo o conforto, se non il vedere quel caro oggetto delle sue affezioni. Quali e quanti fossero poi i pensieri, i sospiri, le lagrime e le altre passioni gravissime, da lui per questo amore nella giovenile età sostenute, egli medesimo il racconta nel presente libro della sua Vita Nuova, e perciò stimo superfluo il ripeterlo. Laonde, lasciando di narrare ciò che dall'autore stesso è narrato, io farò solo alcune parole sul titolo del libro, e sulle controversie che fino ad oggi si sono agitate intorno quest' amore di Dante: nel che fare, se andrò ripetendo alcuno di que' fatti e di quegli argomenti, che furono da me posti in campo allorachè nella dissertazione sul Canzoniere dell' Alighieri feci la storia degli amori di lui, spero mi verrà di leggieri perdonato, essendo che daranno un qualche peso alle mie asserzioni, e porranno in una qualche luce la verità del mio assunto.

Alcuni filologi non sapendo veder la ragione, per cui Dante intitolasse libro della Vita Nuova quest' opuscolo, se ne trasser fuori dicendo, che egli avealo così intitolato, perchè così gli era piaciuto. Altri credendo, che per quel titolo avesse voluto indicare la storia d'uno stadio, o d'un periodo di vita, che succede ad un altro, ne dedussero, averlo chiamato il libro della Vita Nuova, o perchè va quivi descrivendo un periodo della sua vita, nel quale parvegli di sentire un gran cambiamento, e d' incominciare un' esistenza novella (e quest' era l'effetto del suo amore per Beatrice); o perchè va descrivendo una piccola parte di quel periodo del viver suo, che incominciò dalla morte di essa Beatrice, e che fu per lui una vita diversa, una vita successiva a quella da lui già trascorsa. D'una simile opinione sembra essere stato ancora il Trivulzio, essendochè nella prefazione alla stampa della Vita Nuova da esso procurata in Milano, disse essere indubitato, che quivi Dante tratti della rigenerazione in lui operata da Amore.

Ma i primi e i secondi andarono assai dilungi dal vero, inquantochè Dante nè pose al suo libro quel titolo a capriccio od a caso, nè volle per esso indicare un nuovo periodo del viver suo, ovvero una rigenerazione della sua vita. Infatti, come mai quello scrittore, il quale non pubblicò mai cosa, che non avesse prima in sè lungamente meditata, potea porre ad una sua operetta un titolo senza una giusta ragione, un titolo che non rispondesse esattamente all' argomento in quella

trattato? Noi sappiamo che Dante nel suo Convito divide a umana vita in quattro periodi, che etadi appella: della prima parlando, niuno dubita, ei dice, ma ciascun savio s'accorda in istabilire, che ella dura insino al venticinquesimo anno. Ecco pertanto che il secondo periodo, il secondo stadio dell' umana vita comincia, secondo lo stesso scrittore, nell'anno ventesimosesto. Ma di quali anni della vita di Dante abbiamo in questo libretto la storia, se non principalmente di quelli, che dal nono trascorsero per infino al ventesimosesto? E come mai poteva l'Alighieri intitolar questo libro la storia del secondo periodo della sua vita, quando in esso ci dà la storia del periodo suo primo, della prima età di ragione, ch' ei fa cominciare dal suo nono anno, perciocchè davanti di quello, poco, ei dice, potersi trovare nella sua memoria?

Libro della Vita Nuova non altro dunque significa letteralmente e naturalmente, che libro della Vita giovanile. Nuovo, novello, per giovanile, giovane, si rinvengono di frequente negli antichi scrittori, e i dodici esempii, che qui appresso riporto, credo poter esser bastanti a far persuaso qualunque non per anco lo fosse :

« . . . . . Tutta l'età mia nuova

Passai contento, e 'l rimembrar mi giova. ·
PETR., Canz. XII, st. 2.

Questi fu tal nella sua vita nuova

Virtualmente, ch'ogni abito destro

Fatto averebbe in lui mirabil prova. »

DANTE, Purg., canto XXX, v. 115.

Nella sua vita nuova, idest nella sua prima età. »

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Dice l'autore che la tenera etade, nella quale elli erano, li scusava ec.»
L'Ottimo, Comm, alla Commedia.

▲ Tratt. IV. cap. XXIV,

lo sono stato tolto da questa, che voi chiamate vita, per gli ingann! della mia novella sposa. »

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Se per una parte può far meraviglia, come un significato sì facile e sì naturale non venisse in mente ad alcun di coloro che presero a parlare di questo libretto dantesco, non farà per l'altra meraviglia minore l'intendere, come i seguaci de' Filelfi e de' Biscioni, levando oggi molto arditi la testa, ed affannandosi a comprovare lo scetticismo di cotesti novatori, asseriscano pertinacemente che la donna di Dante, come tutte quelle degli altri suoi contemporanei, siano una sola e identica allegoria: sicchè, se loro tu presti fede, se' costretto quasi ad inferirne che un gentile e naturale amore nel petto di quei grandi uomini fosse una cosa del tutto impossibile. Il buon canonico Biscioni pensò (come già molto innanzi pensato aveva Mario Filelfo), che la Beatrice di Dante non fosse una donna vera e reale, e quindi la Portinari: Che la Vita Nuova fossé un trattato d' amore meramente intellettuale, senza alcun mescuglio di profano, e si raggirasse tutta quanta sopra l'allegoria, restando affatto esclusa ogni specie di vera storia: Che l'oggetto dell'amore di Dante fosse la sapienza, in largo significato presa, e poscia individuata alla suprema specie, o vogliamo dire alla più alta cognizione dell' umano intendimento, alla quale egli pose nome Beatrice: Che l'amore del Poeta significhi lo studio, conforme egli ha di propria bocca confessato nel Convito; la subita sollevazione de'tre spiriti, vitale, animale e naturale alla prima vista della sua donna, siano i contrasti che si sentono in noi nell' accingersi a maiagevole impresa, e specialmente nell' età giovanile; il saluto di Beatrice mostri la capacità alle scienze, per esser quelle facilmente corrispondenti a chi ha intelligenza, ed è ben disposto ad apprenderle: Che per le diverse donne, che con Beatrice s' accompagnano,

si debbano intendere le scienze tutte, le quali della Sapienza sono ancelle; e che la morte del padre di quella donna si possa credere essere stata la mancanza del maestro di Dante.' Tutto questo però confessando il Biscioni aver detto per un certo zelo, che egli ebbe sempre verso il buon nome di questo sovrano autore, e concedendo parimente che la Beatrice Portinari sia stata in questo mondo, e potesse esser dotata di pregevoli doti, e forse anche ben conosciuta e praticata da Dante per la vicinanza delle loro abitazioni, 2 pretende nulladimeno mostrare che la dantesca Beatrice non sia colei, nè alcuna altra donna, ma una femmina ideale, a bello studio dal Poeta immaginata. Egli perciò si sdegna contro Giovanni Boccaccio, Benvenuto da Imola, Leonardo Aretino, Cristoforo Landino, il Vellutello, il Daniello, e tutti gli altri biografi ed espositori di Dante, che credettero reali gli amori di lui colla figlia di Folco Portinari, e pensarono che la Vita Nuova prendesse da quelli argomento.

Ma dappoichè il fantastico edifizio del Biscioni incominciò a ruinare per opera del valoroso Dionisi, e dappoichè fu per altri osservato, che se un'allegoria era la donna di Dante, avrebbonlo dovuto essere pur le altre de' di lui contemporanei, che parlando d'amore tenevano tutti egualmente un mistico e platonico linguaggio, sorse ardito il Rossetti a puntellarlo, imprendendo non solo nelle note alla Divina Commedia, ma altresì, e più ampiamente, in un apposito libro

1 Prefazione alle Prose di Dante, pag. XXVI e XXXVII.

2 Gli Alighieri abitavano non più di cinquanta passi lontano dai Porti. nari, poichè questi avevano le lor case dov'è ora il palazzo Ricciardi, già de' duchi Salviati, in via del Corso, presso il Canto de' Pazzi, e quelli abitavano sulla Piazza di San Martino, e precisamente in sull'angolo della via che porta a Santa Margherita e le loro case (che più d'una ne possedevano) rispondevano a tergo in sulla piazza de' Donati, altrimenti detta della Rena.

Beatrice nacque nell'aprile del 1266; e dal testamento di Folco rogato nel 15 gennaio 1287, e pubblicato dal Richa (vol. VIII, p. 229), s'apprende che innanzi la data del testamento ella era stata maritata a Simone de' Bardi. Eccone la particola: Item domino Bici filiæ suæ et uxori domini Simonis de Bardis reliquit libr. 50 ad floren. Qui potrebbe da alcuno farsi una domanda, ed è questa: come mai Dante, ch'era tanto innamorato di Beatrice non cercò di ottenerla in isposa? Si vuol rispondere a ciò che forse Dante nor avrà omesso di tentarlo, ma la disparità delle loro fortune, giacchè Folco era doviziosissimo (come quegli che con una parte delle sue ricchezze potè fondar lo spedale di Santa Maria Nuova), ne sarà stato probabilmente l'ostacolo.

3 Dello spirito antipapale, che produsse la Riforma.

a dimostrare, che Beatrice sì come Giovanna, Selvaggia, Laura, Fiammetta ecc. altro non erano che una personificazione della potestà imperiale, da Dante, Cavalcanti, Cino, Petrarca, Boccaccio ecc. invocata dominatrice e riformatrice d'Italia. E dietro alle orme del Biscioni e del Rossetti non mancarono altri, che battessero la stessa via, o piuttosto professassero la stessa opinione, dacchè niun novello argomento riuscirono a mettere in campo, da quelli in fuori portati già da que' due loro antesignani. Questo eco recente di un antico paradosso, rivelando una frivola tendenza ad abbandonare le vie del semplice e del vero, per voglia di raffigurare nelle tradizioni storiche, ancor le più ovvie, un carattere simbolico ed allegorico, e tentando e sforzandosi di cancellare Beatrice, Giovanna e le altre dal novero delle gentili femmine vissute ad ornamento della nostra patria, e ad ispirazione de' suoi ingegni migliori, mi richiama ad un'accurata analisi critica, e ad una severa confutazione di esso.

Il Biscioni ed il Rossetti dicono, che il racconto dell' innamoramento di Dante non si ha che dal Boccaccio, essendochè Benvenuto, Lionardo, il Landino, il Vellutello e il Daniello, non altro fecero che ricopiare le parole di quel primo biografo; perciò le costoro autorità insieme sommate, non poter dare che un solo. A ciò primieramente rispondo, non esser vero che Lionardo Bruni, parlando degli amori giovanili di Dante, abbia ricopiata la narrazione del certaldese, perchè quegli studiossi a tutto suo potere di contradire a quanto il suo predecessore avea di Dante narrato, fino al punto di esclamare: Perdonimi il Boccaccio, ma i suoi giudicii sono molto fievoli, e molto distanti dalla vera opinione. E in altro luogo, narrando come Dante si trovò per la patria a combattere virtuosamente nella battaglia di Campaldino, soggiunge: Io vorrei che il Boccaccio di questa virtù avesse fatta menzione, più che dell' amore di nove anni, e di simili leggerezze, che per lui si raccontano di tant' uomo. Or bene, se il Bruni, il quale protesta di volere scrivere non un romanzo, ma una veridica storia dell' Alighieri, ci dirà che Dante nella sua gioventù fu signoreggiato dalla passione d'amore, ragion vuole che lo si tenga per vero, nè che lo si reputi detto per una cieca credenza al racconto di colui, al quale egli cerca in ogni pagina di contradire. Odasi dunque ciò che questo secondo biografo asserisce: L'Alighieri fu usante in giovinezza sua con giovani innamorati, ed egli ancora di simile passione occupato, non per libidine, ma per gentilezza di

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È cosa sicurissima che la donna di questo esercito d'amatori era una sola.» (ROSSETTI, Comm. di Dante, vol. II, pag. 427, ed altrove.)

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