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Alla qual Canzone il Petrarca rispose col Sonetto XCVI. della I. Parte, che principia: Quelle pietose rime in ch'io m'accorsi

Il Tassoni sopra il citato Sonetto, fa il seguente elogio a questa Canzone:,,Questo ,,Sonetto è in risposta d'una certa Canzo,,nessa composta da Maestro Antonio Mc,,dico da Ferrara per la morte del Poeta, ,,che, falsamente s'era per Italia divolgata: ,,trovasi manuscritta fra le rime de' Poeti ,,antichi, che pare il Lamento di Mazza,,cucco; e comincia:

Io ho già letto il pianto dei Trojani.

Dalla Considerazione del Tassoni (che nell'edizione del Muratori si legge a carte 23.) sopra il VII. Sonetto del Petrarca, che incomincia:

La gola e'l sonno e l'oziose piume

È Sonetto morale scritto ad un amico, ch' era in pensiero d'abbandonar le belle lettere, e gli studj della Filosofia, per darsi ad alcun' altra professione di più guadagno, mosso dalle vane mormorazioni del volgo, che non vede e non ode se non quello che luce e suona. Lelio Lelii fu d'opinione che 'l Petrarca rispondesse al seguente Scnetto del Boccaccio, che si legge in un ma

nuscritto:

Tanto ciascuno a conquistar tesoro In ogni modo si è rivolto e dato, Che quasi a dito per tutto è mostrato Chi con virtù seguisce altro lavoro. Perchè costantemente infra costoro Oggi convinsi nel mondo sviato, In cui, come tu se', già fu infiammato Febo del sacro e glorioso alioro. Ma perchè tutto non può la virtute Ciò che si vuol, senza'l divino ajuto, A te ricorro, e prezo mi sostegni Centra li fati adversi a mia salute; E dopo il giusto affanno il mio canuto Capo d'alloro incoronar non sdegni.

Ma perdonimi il Lelio, ch'io non so vedere che s'abbia a fare il Sonetto del Petrarca nostro con questo; al quale se pur avesse voluto rispondere, non posso darmi a credere che non l'avesse fatto per le medesime rime. Altri hanno tenuto che 1 Petrarca rispondesse al seguente, che dicono essergli stato scritto da una donna da *) Fabriano, o da Sassoferrato.

*) Egidio Menagio a carte 7. della sua Lezione so pra il Sonetto VII. del Petrarca afferma essere stato scritto dalla Signora Giustina Levi Perrotti da Sassoferrato, a cui rispose il Petrarca col VII, suddetto So

netto,

Io vorrei pur drizzar queste mie piume
Colà, signor, dove 'l desio m’invita,
E dopo morte rimaner in vita

Col chiaro di virtute inclito lume.
Mal volgo inerte che dal rio costume
Vinto, ha d'ogni suo ben la via smarrita,
Come degna di biasmo ognor m'addita,
Ch'ir tenti d'Elicona al sacro fiume.

All' ago, al fuso, più ch' al lauro o al mirto,
Come che qui non sia la gloria mia,
Vuol ch'abbia sempre questa mente intesa.
Dimmi tu omai che per più dritta via
A Parnaso ten' vai, nobile spirto,
Dovrò dunque lasciar si degna impresa?

Ma nè questa ha sembianza di poesia di donna, e di donna di quella età, e di quel secolo rozzo, nel quale gli uomini stessi ch'aveano in questa professione credito e fama, s'avanzarono così poco.

Fine di una proposta di Ricciardo, o sia di Roberto Conte di Battifcile al Petrarca, riferito colla intera risposta dal Muratori nella Perfetta Poesia lib. I. cap. III. e nella Prefazione al Petrarca pag. XIV.

,,Io spero pur che la morte a suo tempo ,,Mi riconduca in più tranquillo porto, ,,E' bel dir vostro che nel mondo è solo“.

Gli risponde il Petrarca, se pur egli n'è l'autore. Conte Ricciardo, quanto più ripenso Al vostro ragionar, più veggio sfatti Gli amici di virtute, e noi sì fatti, Che n' ho'l cor d'ira e di vergogna accenso. E non so qui trovare altro compenso,

Se non che'l tempo è breve, e i dì son ratti: હૈ Verrà colei, che sa romper i patti,

Per torne quinci, ed ha già il mio consenso. Mill' anni parmi, io non vo'dir che morto,

Ma ch' io sia vivo; pur tardi o per tempo Spero salir, ov' or pensando volo.

Di voi son certo; ond' io di tempo in tempo Men pregio il mondo, e più mi riconforto Dovendomi partir da tanto duolo.

Principio d'un Sonetto inedito del Petrarca, in risposta ad uno pur inedito di M. Antonio Medico di Ferrara, esistente in un MS. dell' Ambrosiana, ch'incomincia:

,,Deh dite il fonte donde nasce amore, ,,E qual ragione il fa esser sì degno ec.

Per util per diletto e per onore

Amor, ch'è passion, vence suo regno: Quel solo è da lodar che drizza il segno. In ver l'onesto, e gli altri caccia fuore.ec.

Il Muratori ne'luoghi sopraccennati.

Frammenti copiati dall' Originale del Petrarca, pubblicati in Roma l'an, 1642. da Federico Ubaldini. Si rapportano appunto come gli ha fatti stampare anco il Sig. Muratori nel suo Petrarca a c. 707., per dare un saggio a' Lettori della rozza Ortografia di que' tempi.

Ex amici (d. car.) relatu, qui eum abstulerat, et ex memoria primum, et tamen aliquid defuerat. Re▪ sponsio ad Ja, de Imola.

Quella chel giovenil meo' core avinse.
Nel primo tempo chio conobbi amore.
Del suo leggiadro albergo escendo fore.
Con mio dolore dun bel nodo mi scinise.

Ne poi nova bellezza lalma strinse.

Ne mai luce senti che fesse ardore. Se non cola memoria del valore. Che per dolci durezze la sospinse. Ben volse quei che cobegli occhi aprilla. Con altra chiave riprovar suo ingegno. Ma nova rete vecchio augel non prende. Et pur fui in dubbio fra caribdiet scilla, Et passai le Sirene in sordo legno. Over come huom chascolta. e nulla intende.

Fa 2. stanze 3. cantando.

Fin che la mia man destra

Lusato offizio al gran voler alanima disdica.

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