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Oimè il bel viso; oimè il soave sguardo; Oimè il leggiadro portamento altero;

Oimè'l parlar, ch'ogni aspro ingeguo e fero Faceva umíle, ed ogni uom vil gagliardo; E oimè il dolce riso, ond' uscio 'l dardo, Di che morte, altro bene omai non spero : Alma real, dignissima d'impero,

Se non fossi fra noi scesa si tardo.

Per voi convien ch'io arda, e'n voi respire;
Ch'i' pur fui vostro: e se di voi son privo
Via men d'ogni sventura altra mi dole.
Di speranza m'empieste, e di desire,
Quand' io partii dal sommo piacer vivo:
Ma'l vento ne portava le parole.

Petrarca II.

I

Canzone XXII

Che debb'io far? che mi consigli, amore? Tempo è ben di morire:

Ed ho tardato più, ch'i'non vorrei.
Madonna è morta, ed ha seco'l mio core;
E volendol seguire,

Interromper convien quest'anni rei:
Perchè mai veder lei

Di qua non spero; e l'aspettar m'è noja.
Poscia ch'ogni mia gioja

Per lo suo dipartire in pianto è volta;
Ogni dolcezza di mia vita è tolta.

Amor, tu'l senti, ond'io teco mi doglio, Quant'è il danno aspro e grave;

E so, che del mio mal ti pesa e dole;
Anzi del nostro perch' ad uno scoglio
Avem rotto la nave:

Ed in un punto n'è scurato il Sole.
Qual ingegno a parole

Poria agguagliar il mio doglioso stato?
Ahi orbo mondo ingrato,

Gran cagion hai di dover pianger meco;
Che quel ben, ch' era in te, perdut' hai seco.

Caduta è la tua gloria; e tu nol vedi; Nè degno eri, mentr' ella

Visse qua giù, d'aver sua conoscenza,

Nè d'esser tocco da' suoi santi piedi:
Perchè cosa sì bella

Dovea'l ciel adornar di sua presenza.
Ma io, lasso, che senza

Lei nè vita mortal, nè me stess' amo;
Piangendo la richiamo:

Questo m'avanza di cotanta spene,
E questo solo ancor qui mi mantiene.

Oimè, terra è fatto il suo bel viso,
Che solea far del cielo,

E del ben di là su, fede fra noi.
L'invisibil sua forma è in paradiso
Disciolta di quel velo,

Che qui fece ombra al fior degli anni suoi,
Per rivestirsen poi

Un'altra volta, e mai più non spogliarsi ;
Quand' alma e bella farsi

Tanto più la vedrem, quanto più vale
Sempiterna bellezza, che mortale.

Più che mai bella, e più leggiadra donna Tornami innanzi, come

Là, dove più gradir sua vista sente.
Quest'è del viver mio l'una colonna;
L'altra 'l suo chiaro nome,

Che sona nel mio cor si dolcemente.
Ma tornandomi a mente,

Che pur morta è la mia speranza viva
Allor ch'ella fioriva;

Sa ben Amor qual io divento: e spero
Vedal colei, ch'è or sì presso al vero.

Donne, voi che miraste sua beltate,
E l'angelica vita,

Con quel celeste portamento in terra;
Di me vi doglia, e vincavi pietate;
Non di lei, ch'è salita

A tanta pace, e me ha lasciato in guerra
Tal, che, s'altri mi serra

Lungo tempo il cammin da seguitarla,
Quel, ch' Amor meco parla,

Sol mi ritien, ch'io non recida il nodo :
Ma e'ragiona dentro in cotal modo:

Pon freno al gran dolor, che ti trasporta: Che per soverchie voglie

Si perde'l cielo, ove'l tuo core aspira;
Dov'è viva colei, ch'altrui par morta;
E di sue belle spoglie

Seco sorride, e sol di te sospira ;
E sua fama, che spira

In molte parti ancor per la tua lingua,
Prega che non estingua;

Anzi la voce al suo nome rischiari;
Se gli occhi suoi ti fur dolci nè cari.

Fuggi'l sereno, e'l verde;

Non t'appressar ove sia riso o canto,
Canzon mia, no, ma pianto:

Non fa per te di star fra gente allegra,
Vedova sconsolata in veste negra.

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Rotta è l'alta Colonna, e'l verde Lauro,
Che facean ombra al mio stanco pensiero:
Perdut'ho quel che ritrovar non spero

Dal Borea all' Austro o dal mar Indo al Mau-
Tolto m' hai, morte, il mio doppio tesauro (ro.
Che mi fea viver lieto e gire altero;
E ristorar no può terra nè impero,
Ne gemma oriental, nè forza d'auro.
Ma se consentimento è di destino;

Che poss' io più se no aver l'alma trista, Umidi gli occhj sempre, e'l viso chino? O nostra vita ch'è sì bella in vista,

Com' perde agevolmente in un mattino Quel che 'n molt' anni a gran pena s' acquista!

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