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i beneficj è maggiore quello che è più prezioso a chi lo (1) riceve: e nulla cosa è tanto preziosa, quanto quella per la quale tutte l'altre si vogliono; e tutte l'altre cose si vogliono per la perfezione di colui che vuole. Onde conciossiacosachè due perfezioni abbia l'uomo, una prima e una seconda (la prima lo fa essere, la seconda lo fa essere buono), se la propia loquela m'è stata cagione dell' una e dell'altra, grandissimo beneficio ho da lei ricevuto. E ch'ella sia stata a me (2) d'essere, se per me non stesse (3), brievemente si può mostrare. Non è secondo (4) a una cosa, essere più cagioni efficienti,

(1) I Codd. e le Stampe leggono a chi più riceve. Tolto quel vizioso più, si è sostituito il pronome lo che richiama direttamente l'idea del beneficio di cui l'Autore favella.

(2) Forse: cagione d'essere.

(3) Cioè non constasse, non fosse già chiaro.

(4) Secondo qui dee valere conforme, connaturale, consentanco o simile, se pure non havvi laguna di qualche parola, che noi non sapremmo dir quale. E s'avverta che in tutte le Stampe la sentenza non era posta interrogativamente: di che nasceva contrarietà fra la dottrina stabilita, e l'esempio del martello, che Dante soggiunge per confermarla. Ci sembra però di aver radrizzato il senso coll'ajuto del solo segno ortografico trascurato dagli altri Editori, e che sarebbe inutile ricercare ne' mss. Tutto questo passo: Non è secondo ecc. fino a in quanto con esso io entrai nello Latino, e con esso mi fu mostrato; il quale Latino ecc. è contrassegnato in margine dal Tasso. Più avanti sono interlineate le parole: quello deliberando, interpretando e quistionando. E finalmente è di nuovo contrassegnato in margine tutto il tratto che comincia: 1: per che tempo è d'intendere a ministrare le vivande. Questo sarà quel pane orzato ecc. fino alla fine del Capitolo; e di contro alle ultime parole qui riportate evvi il segno N. ( Nota). Dal che si vede che le magnifiche espressioni con che Dante

avvegnachè una sia massima dell'altre, onde il fuoco e'l martello sono cagioni efficienti del coltello, avvegnachè massimamente è il fabbro? Questo mio Volgare fu congiugnitore delli miei generanti, che con esso parlavano, siccome il fuoco è disponitore del ferro al fabbro che fa il coltello; per che manifesto è lui essere concorso alla mia generazione, e così essere alcuna cagione del mio essere. Ancora questo mio Volgare fu introducitore di me nella via di scienza, ch'è ultima perfezione, in quanto con esso io entrai nello' Latino, e con esso mi fu mostrato; il quale Latino poi mi fu via a più innanzi andare; e così è palese e per me conosciuto esso essere stato a me grandissimo benefattore. Anch'è stato meco d' uno medesimo studio: e ciò

posso così mostrare: Ciascuna cosa studia naturalmente alla sua conservazione, onde se 'l Volgare per sé studiare potesse studierebbe a quella; e quella sarebbe, acconciare sè a più stabilità; e più stabilità non potrebbe avere che legar sè con numero e con rime. E questo medesimo studio è stato mio, siccome tanto è palese, che non domanda testimonianza; per che uno medesimo studio è stato il suo, e 'l mio; per che di questa concordia l'amistà è confermata e accresciuta. Anche ci è stata la benivolenza della consuetudine; chè dal principio della mia vita ho avuta con esso benivolenza e conversazione, e usato quello deliberando, interpretando quistionando; per che se l'amistà s'accresce per la

predice la futura grandezza dell' italica favella piacevano al grande autore di quel poema immortale in cui essa fu portata a tanto splendore.

consuetudine, siccome sensibilmente appare, manifesto è che essa è in me massimamente cresciuta, chè sono con esso Volgare tutto mio tempo usato. E così si vede essere a questa amistà concorse tutte le cagioni generative e accrescitive dell' amistà; per che si conchiude che non solamente amore, ma perfettissimo amore sia quello ch'io (1) in lui debbo avere, ed ho. Così rivolgendo gli occhi addietro, e raccogliendo le ragioni prenotate, puotesi vedere questo pane, col quale si deono mangiare le infrascritte Canzoni, essere sufficientemente purgato dalle macole, e dall' essere di biado; per che tempo è d'intendere a ministrare le vivande. Questo sarà quello pane orzato, del quale si satolleranno migliaja (2) e a me ne soverchieranno le sporte piene. Questo (3) sarà luce nuova, sole nuovo, il quale surgerà ove (4) l'usato tramonterà, e darà luce a coloro che sono in tenebre e in oscurità per lo usato sole che a loro non luce.

(1) a lui Le pr. edd., il Codd. Vat. e tutti i Gadd.

(2) II Cod. Vat. Urb.: migliaja di persone.

(3) Questo leggiamo col secondo Cod. Marciano. Gli altri Codd. e tutte le Stampe hanno Questa, ma la lezione da noi adottata

ci par meglio convenire col resto del discorso.

(4) ove L'ed. Biscioni. Le Stampe antiche, il secondo Cod. Marciano, il Barberino e tutti i Gaddiani laddove.

TRATTATO SECONDO

Voi, che, intendendo, il terzo ciel movete,
Udite il ragionar ch'è nel mio core,
Ch'io nol so dire altrui, sì mi par novo:
Il ciel che segue lo vostro valore,
Gentili creature, che voi sete,

Mi tragge nello stato ov' io mi trovo;
Onde 'I parlar della vita, ch' io provo,
Par che si drizzi degnamente a vui:
Però vi priego, che lo (1) m'intendiate.
Io vi dirò del cor la novitate,
Come l'anima trista piange in lui;
E come un spirto contra lei favella,
Che vien pe' raggi della vostra stella.

(1) che voi m' intendiate. Cod. Tr. 5.

Suolea esser vita dello cor dolente
Un soave pensier, che se ne gía
Molte fiate a' piè del vostro Sire ;
Ove una donna glorïar vedía,

Di cui parlava a me sì dolcemente,
Che l'anima dicea: i'men vo' gire.
Or apparisce chi lo fa fuggire;
E signoreggia me di tal vertute,
Che'l cor ne trema, sì che fuori appare.
Questi mi face una donna guardare;

E dice: chi veder vuol la salute

Faccia, che gli occhi d'esta donna miri,
S'egli (1) non teme angoscia di sospiri.

Trova contraro (2) tal, che lo distrugge,
L'umil pensiero (3), che parlar mi suole
D' un' Angiola che'n ciclo è coronata.
L'anima piange, sì ancor len duole,
E dice: o lassa me, come si fugge
Questo pietoso, che m' ha consolata!
Degli occhi miei dice questa affannata:
Qual ora fu, che tal donna gli vide?
E perchè non credeano a me di lei?

(1) Cosi l'ed. veneta del 1518 per Guilielmo de Monferrato in 8.o picc.: il Cod. Gad. 3 S'elli; gli altri Testi mss. e stampati Sed e' non teme ecc.

(2) contrario Cod. Tr. 1. 2. 6., e l'ed. per Guilielmo di Monferrato, ed il Cod. Gad. 134.

(3) Cosi i Codd. Tr. 1. 2. 6. 7., ed il Gad. 135 primo. Altri leggono pensero.

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