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Voi, che portate la sembianza umìle,
Cogli occhi bassi mostrando dolore,
Onde venite, chè 'l vostro colore
Par divenuto di pietà simìle?

Vedeste voi nostra donna gentile

Bagnar nel viso suo di pianto Amore? Ditelmi, donne, chè mel dice il core, Perch'io vi veggio andar senz'atto vile.

E se venite da tanta pietate,

Piacciavi di ristar qui meco alquanto, E che che sia di lei, nol mi celate.

Io veggio gli occhi vostri c'hanno pianto, E veggiovi venir sì sfigurate.

Che 'l cor mi trema di vederne tanto.

Questo Sonetto si divide in due parti. Nella prima, chiamo e dimando queste donne se vengono da lei, dicendo loro ch'io il credo. perchè tornano quasi ingentilite. Nella seconda, le prego che mi dicano di lei; e la seconda comincia quivi: E se venite.

Se' tu colui c'hai trattato sovente

Di nostra donna, sol parlando a nui?

Tu rassomigli alla voce ben lui,
Ma la figura ne par d'altra gente.

Deh! perchè piangi tu sì coralmente,
Che fai di te pietà venir altrui ?
Vedustù pianger lei, chè tu non pui
Punto celar la dolorosa mente?

Lascia pianger a noi, e triste andare!
E' fa peccato chi mai ne conforta,
Chè nel suo pianto l'udimmo parlare.

Ella ha nel viso la pietà sì scorta,
Che qual l'avesse voluta mirare,
Sarebbe innanzi a lei piangendo morta.

Questo Sonetto ha quattro parti, secondo che quattro modi di parlare ebbero in loro le donne per cui rispondo. E però che di sopra sono assai manifesti, non m'intrametto di narrare la sentenzia delle parti, e però le distinguo solamente. La seconda comincia quivi: Deh! perchè piangi tu; la terza: Lascia piangere a noi; la quarta; Ella ha nel viso.

Appresso ciò per pochi dì, avvenne che in alcuna parte della mia persona mi giunse una dolorosa infermitade, ond'io continuamente soffersi per nove dì amarissima pena; la quale mi condusse a tanta debolezza, che mi convenia stare come coloro, i quali non si possono movere. Io dico che nel nono giorno sentendomi dolore quasi intollerabilemente, a me giunse uno pensiero, il quale era della mia donna. E quando ebbi pensato alquanto di lei, e io ritornai pensando alla mia deboletta vita; e veggendo come leggiero era lo suo durare, ancora che sana

fosse, cominciai a piangere fra me stesso di tanta miseria. Onde sospirando forte, fra me medesimo dicea: « Di necessità conviene che la gentilissima Beatrice alcuna volta si muoia ». E però mi giunse uno sì forte smarrimento, ch'io chiusi gli occhi, e cominciai a travagliare come farnetica persona, e ad imaginare in questo modo: che nel cominciamento dell'errare che fece la mia fantasia, apparvero a me certi visi di donne scapigliate, che mi diceano : << Tu pur morrai ». E poi, dopo queste donne, m'apparvero certi visi diversi ed orribili a vedere, i quali mi diceano: « Tu se' morto ». Così cominciando ad errare la mia fantasia, venni a quello, che io non sapea dov'io mi fossi; e veder mi parea donne andare scapigliate piangendo per la via, maravigliosamente triste; e pareami vedere il sole oscurare sì, che le stelle si mostravano d'un colore, che mi facea giudicare che piangessero e parevami che gli uccelli volando cadessero morti, e che fossero grandissimi terremoti. E maravigliandomi in cotale fantasia, e paventando assai, imaginai alcuno amico che mi venisse

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