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Oh! disse l'uomo dabbene: egli vi parea poco fa di non essere eloquente! Quando s'udì mai parlare con tanta facondia, e furia? Fo giuramento, che voi siete una delle più vigorose, e valenti maestre del dire, ch' io udissi giammai. Sicchè scusatemi, s'io credendo alle parole vostre, mi sono indotto ad insegnarvi quello, che voi sapete più di Demostene. Risero, tacquero, e giuocarono a Picchetto.

A V VIS o.

Quegli, che mi scrive la lettera, la quale sarà veduta qui sotto, intende, ch'essa contenga un' osservazione intorno al conservare la salute degli uomini. Chi egli sia, e donde mi scriva, io nol so; ma perchè mi pare un nuovo capriccio, non tralascerò di far partecipe il Pubblico della sua scrittura. Se l'osservazione fatta da lui non fosse giovevole, non sarebbe però la prima nell'Arte della Medicina, che fosse riuscita vana, e trovata fallace.

Rex Esculapi, quam habes potentiam?

Aristoph. in Pluto.

Oh! Esculapio Re, quanto è grande la tua po

tenza!

Sono alquanti mesi che nella città in cui mi

ritrovo, corre un' infezione di febbri di così pessima ragione, che in pochi giorni struggono, e mettono nelle mani de' Beccamorti chi ne viene assalito; e per quanto i Medici v'abbiano fatto accurati esami, e diligenti studii sopra, non si potè mai venire a capo di far me-glio. Ciascheduno d'essi dice mille buone ragioni intorno a' principii di questa malattia, applicano rimedii secondo tutte le regole dell'arte loro, non si dimenticano sentenza veruna antica, nè moderna, per corroborare le loro opinioni, tanto che non si sa più che dire, se non che gli uomini muojono a torto, e per ostinazione. Sperasi tuttavia, che una sperienza veduta a questi giorni, possa finalmente arrecare quel giovamento,, che si cerca, e confortare Fe persone, le quali veramente sono atterrite, di tempo in tempo si mettono la mano al polso, e ad ogni menoma agitazione di quello si danno per sotterrate .

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Due persone quasi della medesima età e complessione, vennero ne' passati giorni da questa mala generazione di febbre assalite. L'uno è un buon uomo di lettere, il quale secondo l' usanza della letteratura, non è molto agiato de' beni di fortuna; e senza punto pensare di quello, che può avvenire domani, s'appaga del suo pane cotidiano, dicendo, che ogni dì l'arreca seco a chi lo spera Il secondo è un cert' uomo, il quale nel principio di sua vita fu Castaldo; e di tempo in tempo accrebbe le facoltà coll' industria, e ajutato parte dalla prospera fortuna, e parte da una profondissima aritmeti ca, sottopose i suoi padroni, e cominciò a grandeggiare, e a spendere, avendo fondata una buona, e sicura rendita, e posto da canto una miglior quantità di danari. Il povero Letterato colto dalla febbre, si coricò sopra il suo letticciuolo, in una cameretta a tetto, che facea accoglienza gratissima ora a' venti del Mezzodì, ora a quelli del Settentrione, e infine a quanti ne mandava il cielo; e standosi ravviluppato il capo in certe sue coltrici, rinforzate da una gabbanella, che vi mettea sopra, mandò per un medico, il quale mossosi a stento, pure finale mente vi giunse quando appunto la maggior furia della febbre lo facea vaneggiare. Mentre dunque che il medico gli tenea la mano al pol so, l'infermo, che poco prima avea letto non so se Dante, o il Petrarca, ed era entrato in

far

farnetico con l'armonia di que' versi nel cervello, cominciò a dire: L' un' arte dee giovare all' altra. Se voi fate sì, ch' io guarisca, ed esca di questo letto, vi do parola, che voi n'avrete in guiderdone da me una delle più belle, e più fiorite ghirlande d'Elicona; e ch' io vi farò immortale. Apollo è nume dell'uno, e dell' altro di noi; e s'io non ho nè oro, nè argento, sarò uomo da innalzarvi fino alle stelle. Il medico udite queste parole, e avvedutosi, che potea esser vero quanto gli promettea, perchè nella stanza non si vedea altro, che le muraglie, una sedia zoppa di noce, e alquante dozzine di libri mezzi nudi, che in sulle schiepe mostravano la colla, e le stringhe; prese per ispediente di non fare per allora novità veruna, e di stare a vedere; affermando ad alcuno, che quivi era più per caso, che per altro, ch'egli vi sarebbe poi ritornato la sera. E forse così avrebbe fatto, se l'altro ch' io dissi di sopra, caduto anch'egli infermo, e assalito dalla medesima qualità di febbre, non avesse mandato per tutti i medici del paese, per udire il parere di ciascheduno; i quali essendo alla casa di lui accorsi sollecitamente, furono tanto affaccendati per lui, e tanta diligenza v'usarono intorno che il meschino Letterato si rimase soletto ad attendere la morte vicina. Intanto dall'altro lato fioccavano le ricette, traevansi dal mortajo polveri, stillavansi acque, e olii. Chi dicea: Io

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