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periodo, la sonorità, l'abbondanza è quella che mi dà la vita, ed è cagione ch' io talvolta, senza punto uscire della natura mia, ritrovato un picciolo pensiero, quasi chi stende un pezzuol di pasta ad un estrema sottigliezza l'allargo, lo prolungo, e l'immergo, e l'affogo in un dizionario di vocaboli, quant' io posso risonanti, e rotondi. Nè v'attendete oltre a ciò, ch' io con infinito studio, e con diligentissima cura, voglia perdere il cervello a ritrovare vincoli e dipendenze, che strigano, e facciano scendere, e germogliare l'una cosa dall'altra; essendo questo uno studio non solo dannoso, e ritrovato da certi ingegni sofistici, per istemperare le cervella del prossimo, ma vôto affatto d'effetto sopra gli uditori, i quali tanto più ascoltano volentieri, quanto più spesso si cambia di proposito, e dall' una cosa nell' altra a lanci, e a salti si passa. Così dunque facendo io al presente, dicovi, che sono l'Infingardaggine. Io vi prego, ascoltatori miei, prestatemi un attento orecchio, perchè quand' io lodo me medesima, non intendo già d'esaltar me, ma bensì di far benefizio a voi. Se chiaramente potrete intendere, quali sieno que' giovamenti, che da me vengono fatti al mondo, io son certa che, lasciate stare tutte le faccende, correrete fra le mie braccia, come i piccioli fanciulli alla madre.

Io sono in primo luogo capitale nemica delle lunghe fatiche, che fanno gl'ingegni negli tudii, e quanto giusta, e ragionevole sia questa nimicizia, tosto lo conoscerete da voi medesi

quando vedrete che la consumazione del

corpo, e della vita, nasce in gran parte dagli stenti interni del cervello, che continuamente, stando, per così dire, in sull'ale, mai non si stanca, mai non rifina, sempre si move, e ruota fra le migliaja di pensieri in un giorno. Non vedete voi, o pazzi che siete, in qual guisa v'ha fatti natura, ch'egli pare propriamente che siate fabbricati per non movervi mai? Pensate alla facitura del vostro corpo. Qual bisogno avea ella d'empiervi al fondo delle rene di due pezzi di carne così evidenti, che sembrano due origlieri, s'ella non avesse voluto darvi con questo ad intendere, esser sua intenzione che vi stiate il più del tempo a sedere? All' incontro se considerate i piedi, non vedete voi, come a paragone del corpo sono picciolini, e asciutti, che par che dimostrino, che voi abbiate poco, e di rado a posarvi sopra di quelli? Anzi per darvi di ciò più certo avviso, io credo, che ognuno di voi comprenda, che quando gli avete mossi alquanto in fretta, incontatanente siete ammoniti da' polmoni, che l'andare non è secondo la natura vostra, ma sì bene il sedere; che nel vero, se voi sedeste parecchi anni, senza levarvi mai, non tirereste

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mai il fiato con quella furia che fate, quando avete camminato lungamente. Queste sono quelle ragioni vere, e palpabili, alle quali vorrei, che poneste mente, e ne traeste fuori quella verità, che andate cercando invano tra le sottigliezze. Questa è la scuola mia, e queste sono le da me insegnate dottrine. Perchè vi credete voi, ch'io abbia ritrovate tante fogge di sedili alti, bassi, sofici, morbidi, e profondi, altro che per bene dell'umana generazione e per quel vero conoscimento, ch'io ho della sua natura? Nè vi crediate già, ch' io abbia in tanti miei ritrovati logorato il mio cervello in lunghe contemplazioni, no. Io ho solamente osservato in qual modo stieno meglio adagiati i lombi, in qual forma abbiano miglior posatura le schiene, in qual guisa stieno più comodamente distese le gambe, e secondo che mi parea o così, o così, feci nascere mille nuovi agi, che non gli avrebbero i più fini speculativi rinvenuti già mai. Di cui vi credete voi che sieno opera tante botteghe, nelle quali si può a suo grandissimo agio bere, sbadigliare, e ragionar di nonnulla, o tacere quanto si vuole? Tutte sono opera mia, e carità mia per distogliere gl'ingegni da' pensieri sodi, e massicci, perchè possano gli uomini dormire con gli occhi aperti, e non logorarsi internamente l'intelletto. Chi credete voi? Ma io mi debbo pur ricordare che sono l' Infingardaggine, e non

...

andar

andar tanto a lungo. Se mi domandate ch' io faccia un compendio del mio ragionare, non mi ricordo quel ch'io abbia detto; se attendete ch'io dica di più, non so quello, ch' io mi debba dire. O bene, o male, ho detto.

ALLE SIGNORE DONNE.

Sono alcuni, i quali s'ingegnano con le calunnie, d'offendermi appresso gli orecchi vostri, di che io sono, più che d'altra cosa dolente. Tutto quello, ch'io dico, o abbia mai detto di voi, non è altro, che per amor vostro, e per desiderio, ch' io ho di vedervi ammirate da tutto il mondo " come appunto voi meritate. Io vorrei con le mie ciance farvi comprendere solamente, che voi siete molto dappiù di quanto voi vi credete, e ch'egli è di necessità, che ricordandovi la somma dignità vostra, stiate un poco più in sul grave, e non crediate così facilmente a' vostri adulatori; i quali dove voi siete, v'esaltano fino alle stelle, e dopo vi conciano malamente con le parole. Se voi faceste a modo mio, so che vi fiorirebbero intorno i passatempi, e le grazie, e che ognuno s'affaticherebbe d'inventare giuochi, feste, e allegrezze per darvi nell'umore; laddove oggidì dall' essere mascherate in poi, e dal teatro in fuori, dove l'andare per consuetudine, genera noja, voi non avete altro buon tempo, che vaglia. Non si

può

na,

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può credere le belle invenzioni, e i piacevoli giuochi che tutti i maschi s'ingegnavano di trovare un tempo, solamente per vedere un viso di femmina alla finestra, ricevere una buoe graziosa risposta ad una polizza, e in somma avere un picciolissimo favore da voi, che allora stimavasi un tesoro Io non farò comparazione di questi tempi con quelli, perchè voi direste, che sono una pessima lingua, e che mi diletto di dir male d'ogni cosa: ma dicovi solo, che so quanto valete, e che vorrei, che voi lo sapeste ancora, e vi faceste valere per quello che siete. Con quest' animo favello quando ragiono di voi, e non con altro. Eleggo voi medesime per Giudici a profferire la sentenza, s'io infine abbia torto, o ragione Quanto è a me, tanto è l'utile che n'ho a parlare, quanto a tacere . Ma sapete quello, che avete a fare da qui in poi? Quello che avete fatto per lo passato. Tenetemi per un pappagallo, che cianci senza sapere di che, e non vi curate punto del mio dire: non essendo da me ad un pappagallo altra differenza, se non ch'esso borbotta all'aria, e io ho uno stampatore, che ricoglie le mie parole, e le mette in istampa. Mi raccomando alla grazia vostra.

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